1.
1.- ... ci venivano mostrati secondo le scritture. Poi, a piedi, siamo arrivati ad un luogo in cui quei monti fra cui passavamo si aprivano e formavano una valle senza fine, immensa, tutta pianeggiante e bellissima, e al di là della valle appariva il monte santo di Dio, il Sinai. Questo posto, dove le montagne si aprivano, è vicino a quello in cui sono i Sepolcri della ingordigia.
2.- Una volta arrivati, dunque in quel posto, poiché le sante guide che erano con noi ci avvertirono dicendo: “E’ consuetudine che qui si faccia una preghiera da parte di quelli che ci arrivano, allorché da questo luogo per la prima volta si vede il monte di Dio”, così facemmo anche noi. C’erano forse da quel luogo al monte di Dio quattro miglia in tutto, attraverso la valle che ho detto grandissima.
1.- questa valle poi è grande davvero, e giace sotto il fianco del monte di Dio; ha forse, per quanto ci fu possibile stimare ad occhio, o per quanto le guide affermavano, una lunghezza di sedicimila passi, in larghezza poi dicevano che erano quattromila. Questa stessa valle noi dovevamo attraversarla, per poter affrontare la montagna.
2.- Questa è la valle immensa e perfettamente pianeggiante nella quale i figli di Israele fecero sosta in quei giorni in cui San Mosè salì sul monte del Signore e rimase lì quaranta giorni e quaranta notti. Questa è poi la valle nella quale fu costruito il vitello ed il punto lo si mostra ancora oggi: una grande pietra sta infissa in quel posto. E’ anche la valle alla cui estremità è il luogo in cui, mentre San Mosè pascolava le greggi di suo suocero, di nuovo gli parlò il Signore dal roveto in fiamme.
3.- E poiché per noi l’itinerario era tale che dovevamo prima salire il monte di Dio, perché da questa parte da dove venivamo migliore era l’ascensione, e da lì di nuovo dovevamo discendere a quella estremità della valle dove si trova il roveto, perché la discesa migliore dal monte era da lì, questo dunque fu deciso: dopo aver visto tutto quello che desideravamo vedere, scendendo dal monte di Dio, saremmo andati là dove è il roveto e da lì attraversando da una parte all’altra, al centro, la vallata, nella sua lunghezza, saremmo tornati al nostro viaggio insieme agli uomini di Dio, i quali ci mostravano ad uno ad uno per questa valle i luoghi che stanno nelle scritture. E così fu fatto
4.- Per noi dunque che ci muovevamo dal luogo in cui, venendo da Faran, avevamo detto una preghiera, l’itinerario fu il seguente: attraversare in mezzo la testata della valle e così piegare verso il monte di Dio.
5.- La montagna, poi, vista dall’intorno, dà l’impressione di essere una sola; quando però vi entri dentro, sono più picchi; ma tutto l’insieme è chiamato monte di Dio; quella cima speciale, sulla cui sommità è questo luogo in cui discese la maestà di Dio, come sta scritto, si trova al centro di tutte le altre.
6.- E benché i monti che si trovano intorno siano tanto alti quanto poenso di non averne mai veduti, tuttavia quello al centro, sul quale discese la maestà di Dio, è tanto più elevato di tutti che, una volta salitici sopra, allora tutte le altre montagne, che avevamo visto tanto alte, si trovavano così al di sotto di noi, come se fossero state collinette piccolissime.
7.- Questo è veramente straordinario, e penso che non possa accadere senza intervento della grazia di Dio; pur essendo il monte cha sta al centro il più alto di tutti, quello che si chiama propriamente Sinai e su cui discese la maestà di Dio, tuttavia non lo si può vedere, se non si arriva alle sua falde, prima di salirlo. Dopo che ne sei disceso, una volta realizzato il tuo desiderio, allora puoi vederlo anche da lontano, cosa che, prima di salirlo, non può avvenire. Ciò, prima di venire al monte di Dio, io lo avevo già saputo dai racconti dei fratelli e, dopo che ci sono arrivata, ho constatato apertamente che era così.
1.- Noi dunque il sabato sera abbiamo affrontato la montagna, e siamo giunti a degli eremitaggi dove ci accolsero molto affabilmente i monaci che vi abitano, dandoci ogni ospitalità. Lì c’è anche una chiesa con un sacerdote. Vi restammo per la notte e alle prime ore della domenica, con il prete e i monaci che vi abitavano, cominciammo a salire la le montagne, una dopo l’altra. Queste si scalano con enorme fatica, perché non è possibile salirle a poco a poco, girando intorno o, come si suol dire, “a chiocciola”, ma le sali tutte a diritto, come su una parete, e sempre a diritto bisogna scenderle una per una, fino a giungere alle falde del monte di mezzo, che è propriamente il Sinai.
2.- In questa maniera, dunque, per volere di Cristo Dio nostro, con l’aiuto delle preghiere dei santi che ci accompagnavano, e con grande fatica perché dovevo salire a piedi, dato che non era possibile fare l’ascensione in sella, ma tuttavia lo sforzo non si sentiva - non lo avvertivo perché per volere di Dio vedevo realizzarsi il mio desiderio - all’ora quarta giungemmo alla sommità del monte santo di Dio, il Sinai, dove fu data la legge, nel luogo in cui discese la maestà di Dio nel giorno in cui la montagna era fumante.
3.- Lassù ora è una chiesa non grande, dato che il luogo stesso, cioè la sommità del monte, non è molto grande; ma tuttavia questa chiesa ha di suo una grande bellezza.
4.- Quando dunque per volontà di Dio arrivammo proprio sulla cima e giungemmo alla porta della chiesa, ecco farcisi incontro un prete che veniva da suo eremo e che era incaricato di officiare in quella stessa chiesa; un vecchio ben conservato, e monaco dalla sua giovinezza, e, come dicono in queste regioni, asceta. Insomma - che dire di più - tale da essere degno di stare in quel luogo. Ci vennero incontro anche gli altri sacerdoti insieme a tutti i monaci che abitavano lì, nelle vicinanze del monte; almeno tutti coloro che non ne erano stati impediti dall’età o dalla debolezza.
5.- Però sulla cima del monte di mezzo non abita nessuno; lì non c’è niente altro tranne la sola chiesa e la grotta dove stette Mosè.
6.- Letto dunque tutto il passo del libro di Mosè e fatta l’oblazione secondo il rito, dopo esserci comunicati, al momento di uscire dalla chiesa, i preti del luogo ci dettero le “eulogie”, cioè delle mele che nascono sul monte. Benché la santa montagna del Sinai sia tutta di pietra, tanto che non ha alcuna vegetazione, tuttavia in basso, vicino alle falde di quei monti, ossia intorno a quello centrale e intorno a quelli che si trovano in cerchio, c’è un po’ di terra. Così i santi monaci, dimostrando la loro diligenza, vi depongono piccoli alberi, creano dei piccoli frutteti o colture, vicino ai loro stessi eremitaggi. Pare che riescano a trarre frutti dalla terra del monte: in realtà se li procurano con la fatica delle loro braccia.
7.- Dopo che ci fummo comunicati, dopo che quei santi ci ebbero dato le eulogie, usciti dalle porte della chiesa, allora cominciai a chiedere loro di mostrare i vari luoghi, uno ad uno. Subito quei santi si degnarono di mostrarceli singolarmente. Ci fecero vedere la grotta dove stette san Mosè quando, per la seconda volta, salì sul monte di Dio, per ricevere di nuovo le tavole dopo aver rotto le prime per il peccato del suo popolo. Anche gli altri luoghi, tutti quelli che desideravamo vedere o che essi conoscevano meglio, si degnarono di mostrarceli.
8.- Questo io voglio che voi sappiate, signore sorelle venerabili, che dal luogo in cui ci trovavamo, cioè intorno alle mura della chiesa, dalla sommità del monte di mezzo, tanto al di sotto di noi sembravano essere quelle montagne, che prima avevamo salito a stento, rispetto al monte centrale sul quale ci trovavamo, come se quelle fossero delle collinette. E invece erano tanto grandi che pensavo di non averne mai viste di più alte, se non che il monte di mezzo le superava tutte ampiamente. L’Egitto, la Palestina, il Mar Rosso e il mare Partenio che si estende fino ad Alessandria e perfino i territori immensi dei Saraceni; di lassù li vedevamo tanto al di sotto di noi, da poterlo a malapena credere. E tutti questi posti i santi ce li indicavano uno ad uno.
1.- Soddisfatto completamente ogni desiderio per il quale ci eravamo affrettati a fare l’ascensione, cominciammo ormai a discendere dalla sommità del monte di Dio, sul quale eravamo saliti, per andare su un’altra montagna, unita a questa; il luogo si chiama Choreb e vi si trova una chiesa.
2.- Questo luogo Choreb è quello in cui andò il santo profeta Elia, quando fuggì dal cospetto del re Achab e dove Dio gli parlò, dicendo: “ Che fai tu qui Elia?”, come è scritto nel libro dei Regni. La spelonca in cui rimase nascosto sant’Elia viene ancora oggi mostrata davanti alla porta della chiesa dove vi si trova. Viene anche fatto vedere l’altare di pietra che vi pose lo stesso sant’Elia, per offrire un sacrificio a Dio; lì i santi si degnavano di farci vedere ogni cosa singolarmente.
3.- Anche lì abbiamo fatto l’oblazione e una preghiera molto fervente e abbiamo letto il passo preciso del libro dei Regni. Questo, infatti, avevo sempre desiderato per noi soprattutto: che ovunque fossimo arrivati, sempre venisse letto dalla Bibbia il brano corrispondente.
4.- Fatta dunque l’oblazione, ci dirigemmo verso un altro luogo non lontano da lì, che monaci e preti ci mostravano, cioè il luogo in cui era stato sant’Aronne con i settanta anziani, mentre san Mosè riceveva dal Signore la Legge destinata ai figli di Israele. In quel posto, anche se non c’è alcun edificio, tuttavia si trova un’enorme pietra circolare, con la superficie superiore pianeggiante, sulla quale si dice che stettero quei santi. Lì in mezzo si trova come un altare, fatto di pietre. Fu letto il brano del libro di Mosè e fu recitato un salmo adatto al posto; così dopo aver detto una preghiera, ne discendemmo.
5.- Ecco che già cominciava a essere forse l’ora ottava e ancora ci rimanevano tre miglia per uscire da quei monti fra i quali eravamo entrati la sera prima; ma non dovevamo uscire dalla stessa parte da cui eravamo entrati, come ho detto sopra, perché era necessario che noi facessimo il giro di tutti i luoghi santi e vedessimo gli eremitaggi, tutti quelli che erano lì, e così uscissimo all’estremità di quella valle, di cui ho parlato prima, cioè di quella valle che giace sotto alla montagna di Dio.
6.- Per questo noi dovevamo uscire all’estremità della valle, perché lì si trovava il maggior numero di eremi e di santi uomini e lì è la chiesa nel luogo del roveto. E il roveto è tuttora vivo e mette dei germogli.
7.- E così, disceso fino in fondo il monte di Dio, giungemmo al roveto forse all’ora decima. Questo è il roveto del quale ho detto prima, e da cui il Signore parlò a Mosè nel fuoco; si trova dove sono moltissimi eremi e una chiesa all’estremità della valle. Davanti alla chiesa si stende un giardino bellissimo, con ottima acqua in grande quantità: il roveto si trova in quel giardino
8.- Si mostra ugualmente lì vicino il luogo in cui stette san Mosè quando quando il Signore gli disse “Sciogliti i legacci dei calzari...” ecc. Quando giungemmo in quel luogo, era ormai l’ora decima, e perciò, poiché era già tardi, non ci fu possibile fare l’oblazione. Fu bensì fatta una preghiera nella chiesa, e anche nel giardino presso il roveto. Fu letto anche il passo del libro di Mosè secondo la consuetudine e così, poiché era tardi, mangiammo subito nel giardino davanti al roveto con i santi. E così lì facemmo tappa. Il giorno seguente, svegliandoci di buon’ora, pregammo i sacerdoti di fare là l’oblazione, come avvenne.
1.- Poiché il nostro itinerario era di percorrere quella valle al mezzo, nel senso della lunghezza, cioè la valle di cui ho parlato sopra, dove si erano fermati i figli di Israele mentre Mosè saliva sul monte di Dio e ne discendeva: così dunque sempre quei santi ci mostravano i luoghi ad uno ad uno, mentre noi procedevamo lungo tutta quella vallata.
2.- Alla prima estremità della valle, dove avevamo riposato e avevamo visto quel roveto dal quale Dio parlò a san Mosè dal fuoco, avevamo visto anche il luogo in cui san Mosè si era fermato davanti al roveto stesso, quando Dio gli disse: Sciogli il legaccio dei tuoi calzari perché il luogo dove stai è terra santa.
3.- Così dunque, come fummo partiti dal roveto, ricominciarono a mostrarci tutti gli altri posti. Ci fecero vedere anche il punto in cui erano gli accampamenti dei figli di Israele in quei giorni in cui Mosè era stato sul monte.. Ci fecero visitare anche il luogo in cui fu costruito il vitello: lì vi è tuttora infissa una grande pietra.
4.- Mano a mano che procedevamo, di fronte vedevamo la sommità della montagna che dominava su tutta la valle, ed era il luogo in cui san Mosè vide i figli di Israele danzare in quei giorni in cui avevano costruito il vitello. Ci indicarono anche una pietra enorme nel luogo in cui discendeva san Mosè insieme a Giosuè figlio di Nave: contro quella pietra, preso dall’ira, spezzò le tavole che portava.
5.- Ci mostrarono anche come, in quella valle, ciascuno di quei personaggi avesse avuto avuto delle abitazioni, delle quali a tutt’oggi sono visibili ancora le fondamenta, in quanto erano circondate da una cinta di pietre. Ci fecero vedere anche il luogo dove san Mosè ordinò ai figli di Israele di correre di porta in porta, dopo che fu tornato dalla montagna.
6.- E così pure ci mostrarono il luogo dove fu bruciato, per ordine di san Mosè, il vitello che Aronne aveva fatto loro. E perfino il torrente al quale san Mosè fece bere i figli di Israele, come sta scritto nell’Esodo.
7.- Ci mostrarono anche il punto in cui i settanta anziani ricevettero parte dello spirito di Mosè. Ci fecero vedere il punto in cui i figli di Israele si fecero prendere dall’ingordigia dei cibi. E anche il luogo che è detto incendio, perché vi fu incendiata una parte dell’accampamento, ma poi il fuoco cessò per la preghiera di san Mosè.
8.- E ancora il posto in cui per loro piovvero manna e pernici. E così tutti gli avvenimenti, uno per uno, che sono scritti nei libri santi di Mosè come accaduti in quel luogo, cioè nella valle che ho detto stendersi sotto il monte di Dio, il santo Sinai, ci furono mostrati. Sarebbe stato troppo lungo scrivere tutto dettagliatamente, perché non si potevano ritenere tanti dettagli; ma se la vostra dilezione legge i santi libri di Mosè, potrà vedere completamente, con estrema diligenza, quello che vi è avvenuto.
9.- Questa è dunque la valle in cui fu celebrata la Pasqua un anno dopo la partenza dei figli di Israele sostarono abbastanza a lungo, cioè il tempo necessario perché san Mosè salisse sul monte e ne ridiscendesse una prima e una seconda volta; e poi vi rimasero, mentre veniva costruito il tabernacolo e tutte le cose che, singolarmente, ci furono mostrate sul monte di Dio. Ci fu fatto vedere anche il luogo in cui fu posto per la prima volta il tabernacolo da parte di Mosè e fu compiuto tutto ciò che Dio aveva ordinato a Mosè che venisse fatto sul monte.
10.- Vedemmo anche, all’altra estremità della valle i sepolcri dell’ingordigia, proprio nel luogo in cui siamo ritornati sul nostro cammino, ossia dove, uscendo da quella grande valle, siamo tornati nella via attraverso la quale eravamo venuti, fra quelle montagne di cui ho parlato sopra. Nello stesso giorno andammo a trovare altri monaci santissimi, che tuttavia per l’età e la debolezza non potevano recarsi sul monte di Dio per fare l’oblazione. Essi si degnarono di riceverci con molta ospitalità una volta arrivati ai loro eremitaggi.
11.- E così, dopo aver visto tutti i luoghi santi che desideravamo vedere ed anche tutti gli altri posti che i figli di Israele avevano toccato andando al monte di Dio o tornandone, dopo aver visto pure i santi uomini che vi abitavano, nel nome di Dio siamo ritornati a Faran.
12.- Benché io debba sempre rendere grazie a Dio di tutto - non dico soltanto in così grandi e numerosi favori, che si è degnato di fare a me per quanto indegna e immeritevole, come percorre tutti quei luoghi che non meritavo di vedere - tuttavia non sono capace di ringraziare adeguatamente anche tutti quei santi che si degnavano di accogliere volentieri nei loro eremi la mia povera persona o di condurmi per tutti i luoghi che io chiedevo di vedere sempre secondo le sante Scritture. Parecchi di quei santi che abitavano sul monte di Dio o nelle vicinanze, si degnarono di accompagnarci fino a Faran, quelli naturalmente che avevano maggiore resistenza fisica.
1.- Così una volta arrivati a Faran, che si trova trentacinque miglia dal monte di Dio, fu necessario per noi rimanere lì un paio di giorni, per riprenderci. Il terzo giorno, partendo presto, giungemmo infine al posto di tappa nel deserto di Faran, dove ci eravamo fermati anche all’andata, come ho detto sopra. Da lì poi l’indomani, fatta provvista d’acqua e dopo aver camminato ancora un po’ fra le montagne, giungemmo a una tappa che era sul mare, ossia in quel luogo in cui esce “di fra i monti” e si comincia di nuovo a viaggiare vicino al mare; ma così vicino al mare che ora le onde bagnano i piedi degli animali e ora si cammina a cento o duecento passi, talvolta anche a più di cinquecento passi dal mare, nel deserto. Non c’è per niente strada, ma dovunque sono le sabbie del deserto.
2.- Gli abitanti di Faran, che hanno l’abitudine di camminare qui con i loro cammelli, mettono, di luogo in luogo, dei segnali per sé e con questi si regolano e così viaggiano durante il giorno. Di notte poi sono i cammelli che seguono i segnali. Che dire di Più? Grazie a questa abitudine gli abitanti di Faran si muovono ormai di notte in quel luogo con un’esattezza ed una sicurezza maggiori di quella con cui chiunque altro può camminare là dove ci sia una strada tracciata.
3.- Al ritorno, dunque, uscimmo dalle montagne nello stesso luogo nel quale, all’andata, vi eravamo entrati e così di nuovo piegammo verso il mare. Anche i figli di Israele, mentre andavano verso il monte di Dio, il Sinai, arrivarono fino a questo luogo (versione letterale senza interpolazione) ("quando ritornarono dal monte di Dio, il Sinai, fino a questo luogo, ritornarono per la stessa strada attraverso la quale vi erano andati" - versione interpolata), cioè fino al punto in cui uscimmo dai monti e raggiungemmo di nuovo il Mar Rosso e da lì riprendemmo il nostro itinerario, per il quale eravamo venuti. I figli di Israele, invece, da quel punto, come è scritto nei libri di san Mosè, se ne andarono per la loro strada.
4.- Noi, attraverso lo stesso cammino e le stesse tappe dell’andata, ritornammo a Clysma. Una volta arrivati là dovemmo riposarci ancora a lungo, perché avevamo fatto molto tragitto nella sabbia del deserto.