Non tutti i membri della famiglia sacerdotale del nord, però, seguirono i destini della loro patria politica. Un certo numero di essi si agganciarono al carro di Giuda e dopo l’ennesima tragedia della famiglia, che li investirà di lì a poco, si riuniranno alla famiglia zadokita.
Ritroviamo, infatti, dei “profeti di Jahweh” anche dopo la distruzione del regno di Israele, ma operanti nel regno di Giuda. Fra essi Amos, suo figlio Isaia e Geremia. Amos inizia la sua “carriera” di profeta nel regno di Israele, prima della sua distruzione. Lo incontriamo, infatti, per la prima volta a Betel, impegnato a polemizzare con i sacerdoti locali (indicati nel testo proprio come “sacerdoti” a smentire il cronista di Re, che li chiama sempre col nome di “profeti”.
Di più, nel libro di Amos si dice chiaramente che a Betel sorgeva “il tempio della nazione di Israele” (Amos 7,10-14), confermando così l’identità di Betel con Silo); e tutta l’attività “profetica” di Amos consiste principalmente nel profetizzare sventure per il regno di Israele. Nel libro, tuttavia egli viene presentato come un allevatore di bestiame originario di Tekoa, villaggio di Giuda a 9 km a sud est di Betlemme (1) (Amos, 1,1); questo sembra essere l’unico suo legame con Giuda.
Il profeta Isaia, invece, compare per la prima volta nelle cronache bibliche a Gerusalemme, al tempo di re Ezechia, pochi anni dopo la caduta del regno di Israele. Circa la sua origine si dice soltanto che era figlio di Amos, dando per scontato che fosse originario di Tekoa, e quindi di Giuda. L’indicazione della città di origine, però, non è molto significativa. Quasi certamente Isaia era una sacerdote di Betel, rifugiatosi a Gerusalemme dopo che la sua città era caduta in mano agli assiri. E doveva godere di grande prestigio e autorità, assai superiore a quelli dei sacerdoti di Giuda, perché fu a lui che Ezechia si rivolse per consiglio, quando il re Sennacherib gli ingiunse la resa incondizionata della città. Isaia lo incitò a resistere con ogni mezzo e la fortuna gli arrise, perché l’esercito assiro, decimato da una misteriosa moria sotto le mura di Gerusalemme, dovette ritirarsi.
Anche il profeta Geremia, vissuto alcuni decenni dopo, al tempo di re Giosia (640-609 a.C.), in due passi di 2 Re ( 23,31; 24,18) viene presentato come originario di Libna, identificata dagli esegeti con l’omonima città anticamente appartenuta al regno di Giuda; identificazione che lascia perplessi, perché questa città si era ribellata al re Ioram (848-841) ben due secoli prima (2 Re 8,22) e da allora era passata in mano ai filistei.
Assai più significativo per stabilire chi fosse e da dove venisse Geremia è invece il primo versetto del libro omonimo, dove si dice chiaramente che il profeta era “figlio di Chelkia, dei sacerdoti di Anatot”. Questo è molto importante, perché lo qualifica immediatamente come sacerdote, appartenente al ramo principale della famiglia mosaica, quello che faceva capo ad Ebiatar.
Geremia è noto al grande pubblico per le sue “geremiadi”. Pochi sanno che è invece un personaggio politico di tutto rilievo e con una posizione sociale fra le più elevate al suo tempo. Gli esegeti di norma trascurano questo aspetto della storia del profeta, probabilmente perché non torna molto bene con l’immagine stereotipa di questo personaggio, dipinto come una voce che grida nel deserto, evitato da tutti e perseguitato dalle autorità sia politiche che religiose. La realtà che traspare dai libri di Re e Cronache è ben diversa.
Lo incontriamo, infatti, per la prima volta nella Bibbia, alla corte del re di Giuda, intento a comporre un canto funebre per la morte di re Giosia (2 Cro. 35,25), nel 609 d.C. La sua presenza a Gerusalemme non era fortuita. Sua figlia Camutal, infatti, aveva sposato il re Giosia e ben due dei figli di lei (nipoti di Geremia, quindi), divennero re di Giuda. Alla morte di Giosia (609), ferito mortalmente in battaglia mentre cercava di sbarrare il passo al faraone Necao, che intendeva assalire Nabuccodonosor, gli succedette Joacaz, figlio di Camutal, segno che quest’ultima era la moglie principale di Giosia. Joacaz regnò per soli tre mesi, dopodiché venne catturato da Necao e deportato in Egitto.
Gli succedettero Ioaqim (609-598), figlio di Giosia e della seconda moglie Zebida, poi il figlio di Ioaqim, Ioakin (598-597, e infine Sedecia (597-596), altro figlio di Camutal, che fu l’ultimo re di Giuda.
Geremia non era quindi un personaggio di secondo piano dal punto di visto politico e sociale. Soltanto uno che appartenesse ad una grande famiglia poteva essere suocero di un re e nonno di altri due. La famiglia sacerdotale di Anatot aveva fornito i sommi sacerdoti del regno di Israele ed era quindi più che adeguata a imparentarsi con la stessa famiglia reale. Resta da capire come mai un sacerdote del ramo di Anatot, che per tutto il regno di Israele aveva esercitato il sacerdozio in aperta rivalità contro Gerusalemme, si ritrova nel regno di Giuda, strettamente imparentato con la famiglia reale.
Il cronista di 2 Re cita le età sia di Giosia che dei suoi figli quando salgono al trono; facile, quindi, ricostruire i tempi in maniera esatta. Giosia salì al trono che aveva appena 8 anni e regnò per 31 anni. Ioacaz, figlio di lui e di Camutal, salì al trono alla morte del padre, all’età di 23 anni. Un semplice calcolo consente di stabilire che Giosia sposò la figlia di Geremia, Camutal, non appena raggiunse la maggiore età, a 16 anni (2) . Camutal doveva avere la sua stessa età, o poco meno. Geremia, quindi, doveva essere nato almeno 15 o venti anni prima di re Giosia, verso la metà del regno di Manasse (687-642), e cioè intorno al 665 a.C. (3) .
Il regno di Israele era stato distrutto mezzo secolo prima (722). Dove era vissuta la sua famiglia in tutto questo tempo? Dove era nato e cresciuto Geremia, prima di venire investito, ancora “ragazzo”, della sua missione (Ger. 1,10) “sopra il regno di Giuda? Quando il regno di Israele fu distrutto dagli Assiri, i suoi sacerdoti furono deportati in Mesopotamia. E’ possibile che un certo numero di essi fossero fuggiti, rifugiandosi altrove, come abbiamo visto per Isaia, finito alla corte di Ezechia. Ma dopo questo re, il regno di Giuda era finito sotto il tallone di Manasse, che era stato egli pure asservito dagli Assiri e non doveva quindi essere disponibile a dare asilo a sacerdoti transfughi da Israele. E allora?
Il cenno sull’appartenenza alla famiglia sacerdotale di Anatot e quello su una sua provenienza da Libna sono gli unici che vengono forniti per Geremia, ma sono entrambi indicazioni significative. La città cananea di Libna era passata sotto il dominio dei filistei nell’840 circa. Non è inverosimile che famiglie sacerdotali abbiano trovato scampo alle persecuzioni di Manasse in territorio filisteo e siano poi rientrate in Giuda all’avvento di Giosia. Esiste però anche un’altra possibilità assai più verosimile. Tutti gli interventi di Geremia presso la corte di Giuda sono accorate esortazioni a non tradire il re di Babilonia, prima, e poi, dopo lo scoppio della guerra, ad arrendersi a lui senza condizioni (Ger.27,12-17 ecc.).
Non c’è il minimo dubbio che Geremia fosse un uomo fedele a tutta prova a Nabuccodonosor, che cercò di evitare con ogni mezzo che Gerusalemme si schierasse con l’Egitto. E non c’è dubbio che Nabuccodonosor lo conoscesse personalmente e lo annoverasse fra i suoi fedeli. Diede infatti istruzioni precise al suo generale Nabuzdaran di liberare Geremia e mettersi ai suoi ordini, non appena catturata Gerusalemme (Ger.39,12). Geremia, quindi, vista anche la posizione che occupava a corte, appare come un vero e proprio agente del re di Babilonia presso il regno di Giuda, con l’incarico di assicurane la fedeltà. Una figura equivalente a quelle successive di Neemia ed Esdra, inviati a Gerusalemme come uomini di fiducia dal re di Persia.
Questo presuppone che Geremia fosse entrato nelle grazie del sovrano babilonese prima di essere inviato a Gerusalemme e che quindi fosse nato e cresciuto in Mesopotamia. Da un punto di vista storico questo torna perfettamente ed è coerente con le indicazioni fornite dalla Bibbia. Nel 722 gli assiri avevano deportato Israele (erano normalmente le classi superiori e gli artigiani ad essere deportati, non il popolino minuto) in Mesopotamia. Le aree in cui furono sistemati i deportati erano ad oriente dell’Assiria, lungo il fiume Habor, affluente dell’Eufrate, e a sud, nella zona detta Gutea (4) , lungo il Tigri, fra l’Assiria e Babilonia.
La città principale di questa regione era Assur (moderna Calaat o Seergat), che successivamente doveva prendere il nome di Libana. Poiché nell’ebraico le vocali non si scrivono, Libna e Libana si scrivono allo stesso modo. Il cenno di 2 Re, quindi, deve riferirsi a questa città anziché all’omonimo villaggio filisteo. (Una prova che Geremia aveva vissuto in Mesopotamia è costituita dall’aneddoto che egli racconta nel cap. 13 del libro omonimo, in cui egli nasconde una cintura di lino lungo le rive dell’Eufrate: cosa evidentemente impossibile, se egli fosse vissuto in Palestina).
La Bibbia non fornisce informazioni esplicite in merito alla comunità dei deportati dal regno di Israele. Dobbiamo presumere, tuttavia, che le sue condizioni e la sua organizzazione da un punto di vista politico-sociale, fossero analoghe a quelle successive dei deportati da Gerusalemme. I sacerdoti erano la classe elitaria della comunità e costituivano il collegamento fra questa e la corte. In quanto sacerdoti godevano del rispetto del sovrano e frequentavano la corte in qualità di consiglieri e rappresentanti della propria comunità.
Nel corso del settimo secolo a.C. Babilonia subentrò agli assiri nel dominio della Mesopotamia e fra le prime città a cadere nelle loro mani furono proprio quelle della Gutea. La comunità israelita dovette accettare di buon grado il cambio di regime ed offrire lealtà al nuovo sovrano; in particolare dovettero essere proprio i sacerdoti ad ottenere ospitalità presso la corte. Si trattava di sacerdoti dell’ex regno di Israele, appartenenti quindi al ramo di Anatot, lo stesso da cui proveniva Geremia.
Non è inverosimile che essi avessero conquistato la piena fiducia del sovrano Babilonese. Quando il regno di Giuda passò sotto il dominio di Babilonia, il re dovette inviarvi come proprio uomo di fiducia e rappresentante qualcuno della cui lealtà fosse certo e che nel contempo avesse comunanza di stirpe e di religione con i nuovi sudditi.
Chelkia, padre di Geremia, doveva essere il capo della famiglia sacerdotale a Babilonia, o comunque un suo esponente molto in vista, e come tale doveva avere frequenti e stretti rapporti con il re. E’ naturale che la scelta del fiduciario del re dovesse cadere su uno dei suoi figli. Stando ai versetti Ger. 1,6-10, Geremia fu inviato a Gerusalemme (esattamente come più tardi Esdra e Neemia sarebbero stati inviati a Gerusalemme come uomini di fiducia del re persiano), quando era ancora un ragazzo (5) . Al suo fianco fu posto una persona di grande esperienza e di provata fedeltà, Baruc, appartenente anch’egli alla comunità israelitica babilonese, il quale da quel momento in poi compare sempre come suo segretario personale e mantiene i collegamenti con Babilonia (in apertura del suo libro, infatti, lo ritroviamo a Babilonia, fra i deportati della prima ondata, intento a raccogliere offerte per il tempio di Gerusalemme, e a raccomandare fedeltà al re babilonese).
In tal modo si spiega il prestigio di cui godeva Geremia in Giuda, al punto da diventare subito suocero del re; le sue continue ingerenze nella politica di Gerusalemme, sempre a favore di Babilonia; il fatto che due suoi nipoti siano stati nominati re, l’ultimo, Sedecia, proprio da Nabucodonosor in persona e proprio dopo che il suo fratellastro, Joakin, si era ribellato ed era stato sconfitto, provocando la prima deportazione di giudei a Babilonia. Si spiega infine perché Nabucodonosor abbia liberato subito Geremia, concedendogli la più assoluta libertà e non abbia ucciso suo nipote Sedecia, ma lo abbia portato a Babilonia, dove sarebbe stato più tardi liberato e reintegrato nella sua posizione.
Questa ipotesi, quindi, ha il potere di mettere al loro posto tutti i tasselli delle vicende delle famiglie sacerdotali di Israele e Giuda, in modo tale da fornire una visione d’insieme perfettamente coerente e verosimile. Diviene così possibile stabilire in maniera sufficientemente attendibile quale sia stato il destino dell’altra componente essenziale del popolo ebraico, dopo la distruzione del regno di Israele; e, quel che più interessa in questa sede, cosa ne fu del ramo principale della famiglia mosaica, quello di Anatot, e quali siano stati i suoi rapporti con il ramo di Gerusalemme.
Prima di affrontare questo argomento, però, vediamo di stabilire cosa ne sia stato di Geremia dopo la distruzione di Gerusalemme. Innanzitutto il regno di Giuda venne soppresso definitivamente ed i suoi territori annessi alla provincia che aveva preso il posto del regno di Israele. Nabuccodonosor, infatti, affidò l’amministrazione dei territori di Giuda ad un certo Godaliah (Ger. 40,5; 2 Re 25, 22-26), che risiedeva a Mispah ( Ger. 40,6; 40,10; 2 Re 25,23 ). Mispah deve identificarsi al solito con l’altura nei pressi di Silo, alias Betel.
I versetti Ger. 41, 4 e 5 testimoniano che vi sorgeva la “Casa di Jahweh” (Bet-El), a cui confluiva gente da tutto il territorio che era appartenuto ad Israele (Sichem, Silo e Samaria) per portare le proprie offerte. Questo lascia presupporre che l’ex regno di Israele fosse stato trasformato in provincia, governata per conto del sovrano babilonese dal sommo sacerdote titolare del tempio di Mispah (6) . Traccia di questa operazione sarebbe rimasta nel testo di 2 Re 17,27-41, quando si dice che sacerdoti dell’ex regno di Israele furono rinviati in Samaria, e più precisamente a Betel, per ristabilire il culto di Jahweh. Questo ovviamente deve aver comportato la ricostruzione di un tempio ed il conferimento di un certo grado di autorità ai sacerdoti.
Non ci sono indicazioni nel testo da cui si possa arguire chi fosse in realtà Godoliah, il che non sorprende affatto se si suppone che fosse appunto sommo sacerdote a Mispah, ed in quanto tale governatore della Samaria per conto del sovrano babilonese. Essendo del ramo di Anatot, la sua condizione di sacerdote (7) doveva essere stata censurata, come per tutti i suoi predecessori. Nabuccodonosor risolse il problema del territorio di Giuda semplicemente annettendolo alla provincia samaritana. Gerusalemme scomparve dalla scena e i pochi sopravvissuti del regno di Giuda si raccolsero a Mispah, intorno al nuovo governatore (Ger. 40,5-7; 41,1-3) .
Quanto a Geremia, gli fu data la scelta se tornare a Babilonia o restare sul posto (Ger. 40, 4). Egli decise di rimanere, e si recò presso Godaliah, a Mispah (Ger. 40, 6 ecc.); ulteriore indizio a conferma del fatto che quest’ultimo fosse di condizione sacerdotale. Con lui Geremia rientrava in famiglia.
Non è chiaro dal testo biblico cosa abbia fatto Geremia in seguito e dove sia morto. Dopo l’assassinio di Godaliah da parte di Ismaele, i fuorisciti di Giuda che si trovavano a Mispah si vennero a trovare in difficoltà, perché sospettati di connivenza con gli uccisori (Ger. 41; 2 Re 25,25), e progettarono di rifugiarsi in Egitto, temendo rappresaglie da parte dei babilonesi. Essi si rivolsero per consiglio a Geremia, il quale, come al solito, li esortò a rimanere fedeli al sovrano babilonese, appellandosi alla sua clemenza, e li minacciò di sterminio se avessero abbandonato il paese (Ger. 42).
I fuoriusciti, però, non si fidarono, accusando apertamente Geremia e Baruch di volerli consegnare al re di Babilonia. Essi pertanto si rifugiarono in Egitto, a Tafni, trascinandosi al seguito anche Geremia e Baruch (Ger. 43,6). Le notizie di carattere storico terminano con Geremia a Tafni che profetizza l’arrivo di Nabuccodonosor, per mettere a ferro e fuoco l’Egitto.
Se sia effettivamente morto in Egitto, come vuole la tradizione ebraica, o se sia invece ritornato a morire in Israele, come vorrebbe una tradizione cristiana (8) , e che fine abbiano fatto i suoi discendenti, se mai ne ebbe, non è dato sapere. Con lui, in ogni modo si chiude la storia del popolo di Israele e della famiglia sacerdotale in terra di Palestina.
Non che i sacerdoti ritrapiantati in Samaria spariscano: quando i deportati di Giuda rientrano a Gerusalemme settant’anni dopo, infatti, li ritroviamo sul posto. Ma in ogni caso perdono di importanza rispetto alla comunità dei deportati in Mesopotamia. L’attenzione del cronista biblico si concentra interamente su Babilonia.
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Esdra
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(N1) Su queste identificazioni di località, tuttavia, è bene diffidare sempre, perché non sappiamo quale fosse effettivamente la geografia dell’epoca, né su quali elementi si basa l’identificazione
(N2) Giosia morì a 39 anni, quando Ioacaz ne aveva 23. Quest’ultimo, quindi, era nato nel 16.mo anno di Giosia. Il matrimonio con Camutal doveva essere avvenuto al compimento del 16.mo anno e Il pirmo figlio era venuto l’anno stesso. Un paio di anni prima Giosia, appena adolescente, aveva avuto un figlio, Ioachim, probabilmente da una moglie non ufficiale. Infatti, Ioachim diventò re dopo Ioacaz, nonostante fosse più vecchio
(N3) Luigi Lombardi, nel suo commento al libro di Geremia e Baruc (Nuovissima versione della Bibbia, Ed. Paoline, pag. 13), ipotizza come data di nascita il 648/7, sulla base di un passo di Ger. 1,6-8 in cui il profeta dichiara che era un “ragazzo” nel “tredicesimo anno di Giosia” (=628/7). Tenendo conto dell’elasticità dell’espressione “sono un ragazzo” (1,6), che per alcuni indicherebbe i 25-30 anni, la data di nascita verrebbe portata verso il 655. Nel tredicesimo anno di Giosia, però, sua moglie Camutal, figlia di Geremia, doveva avere almeno una ventina di anni; quest’ultimo, quindi,deve essere nato non dopo il 665 a.C. – Il passo in questione (Ger. 1,4-10) non è correlato con il tredicesimo, ma molto probabilmente con il primo anno di regno di Giosia. Sembra evidente, infatti, che il versetto si riferisca all’incarico conferito dal re di Babilonia a Geremiadi sovraintendere per suo conto sul regno di Giuda ( “oggi stesso io ti stabilisco sopra le nazioni e sopra i regni …”)
(N4) I Samaritani, secondo Giuseppe Flavio, sarebbero originati da sacerdoti rinviati dagli Assiri in Israele dalla Mesopotamia; questa è molto probabilmente la ragione per cui venivano chiamati anche con il nome di Cutei
(N5) I versetti di Ger. 1,6-10, sono quasi certamente riferiti all’investitura ricevuta dal re di babilonia quando era ancora “ragazzo” (ovunque ti invierò dovrai andare e tutto ciò che ti ordinerò dovrai riferire – concetto strano se riferito a Jahweh, ma comprensibile se l’ordine viene da un sovrano in carne ed ossa). Le parole “Prima che io ti formassi nel grembo ti ho conosciuto e prima che tu uscissi dal seno ti ho santificato” stanno a significare che la considerazione di cui godeva Geremia era dovuta non tanto a meriti suoi personali, quanto piuttosto al fatto di appartenere ad una famiglia tenuta in grande considerazione dal re. Si trattava quindi con ogni verosimiglianza della famiglia sacerdotale d’Israele che primeggiava nella comunità di deportati in Mesopotamia.
(N6) Analogamente a quanto doveva avvenire in seguito per la provincia di Giuda, dopo il rientro dall’esilio babilonese, quando a guida del paese venne stabilito il sommo sacerdote titolare del neo-eretto tempio di Gerusalemme
(N7) Un indizio che Godaliah governasse in quanto sacerdote è costituito anche dal fatto che egli fu ucciso da Ismaele, che l’autore di Ger. 41,1 presenta come di “stirpe reale”. Quest’ultimo era evidentemente della casa regnante di Israele, discendente di Saul e come tale, quindi doveva rivendicare il potere in luogo di Godaliah.
(N8) Secondo il libro apocrifo “Paralipomeni di Geremia”, il profeta sarebbe stato lapidato a Gerusalemme da una folla inferocita per aver egli annunciato l’avvento del Messia.