Samuele passa per uno dei grandi personaggi della storia di Israele e viene definito a volte “giudice” (l’ultimo della serie), a volte profeta (il primo). In realtà egli era, almeno inizialmente, quello che in termini moderni potremmo definire un “sagrestano”. Apparteneva alla tribù di Efraim, quella nel cui territorio sorgeva il tempio di Silo. Sua madre lo aveva affidato al servizio del tempio ancora bambino, in adempimento di un voto.
Qui il piccolo Samuele era cresciuto fra ceri e scartoffie, seguito personalmente da Eli, che a quanto pare lo aveva preso a benvolere. Era praticamente come uno della famiglia, partecipe della sua vita e a conoscenza di tutti i suoi segreti. Molto probabilmente era diventato una sorta di segretario personale di Eli; certamente era suo uomo di fiducia.
Con la strage della famiglia sacerdotale e la distruzione di Silo, Samuele, in quanto tutore del neonato sommo sacerdote, si ritrovò di colpo ad essere il personaggio più importante di Israele, o meglio, di quel che ne era rimasto. Stando a quanto dice la Bibbia Samuele si sarebbe rifugiato al suo paese natale, Rama, nella regione montuosa di Efraim, non molto lontano da Silo, quindi.
Non una singola parola, invece, viene detta a proposito della famiglia sacerdotale, che pure era strettamente collegata a Samuele. La famiglia sacerdotale ricompare due generazioni dopo, a Nob (1 Sam. 21,2), città di cui sappiamo soltanto che era possedimento di Achimelec, figlio di Achitub sommo sacerdote al tempo di re Saul.
In tutto questo periodo, fino all’avvento di Saul, stando alla Bibbia il potere effettivo su Israele venne esercitato dallo stesso Samuele, che viene addirittura presentato come “giudice” ( 1 Sam.7). Lui in persona avrebbe guidato Israele alla riscossa contro i filistei, riconquistando i territori perduti; lui avrebbe inaugurato la monarchia, scegliendo e ungendo il primo re di Israele, Saul; e sempre lui avrebbe scelto e consacrato re Davide, il capostipite della monarchia di Giuda.
Il tutto senza il minimo intervento della famiglia sacerdotale, di cui Samuele era al servizio. Si tratta chiaramente di millanterie sue o di colui che scrisse i libri che portano il suo nome, molto probabilmente uno della sua famiglia.
Di certo egli doveva operare in nome e per conto del sommo sacerdote, e a quanto sembra curò gli interessi del suo pupillo con competenza e lealtà, perché il prestigio e le prerogative della carica non vennero meno.
Non riuscì, però, ad evitare quella che era una naturale e urgente evoluzione dell’organizzazione politica di Israele in quella circostanza. La sconfitta subita da parte dei filistei aveva messo a nudo l’inadeguatezza dell’istituzione sacerdotale a prendersi carico della difesa militare del paese, per cui il popolo chiese ed ottenne che fosse instaurata una monarchia.
Le trattative dovettero essere condotte dallo stesso Samuele, che in un primo tempo era decisamente contrario a questa concessione (1 Sam.8,6). Ma alla fine si lasciò convincere; dalle sue azioni successive si deduce abbastanza chiaramente che fosse fiducioso di riuscire a creare un’istituzione monarchica completamente asservita agli interessi del sommo sacerdote. Mise innanzitutto per iscritto quelli che erano i doveri del re, e fra questi c’era anche quello di osservare la legge di Jaweh e metterne in pratica gli ordinamenti (Dt. 17, 19).
Poi fece in modo che fosse assolutamente chiaro che l’autorità del re emanava da Dio per il tramite del sommo sacerdote, che lo consacrava con la cerimonia dell’unzione. Infine, molto significativa è a questo proposito la scelta del re.
Mosè aveva stravolto le regole della successione, imponendo come prima famiglia di Israele i suoi discendenti, madianiti, e dopo di essi i leviti, discendenti di Aronne. Ma al di fuori di questi valeva sempre l’antica gerarchia delle tribù, stabilita da Giacobbe. Giuda era stato nominato primogenito e se un re doveva essere posto su Israele, era da questa tribù che doveva venire prescelto (come in effetti avvenne successivamente).
Invece Samuele andò di proposito a cercarlo in seno alla tribù che meno aveva diritto a quella posizione. Il cronista non può fare a meno di registrare la sorpresa di Saul (e non soltanto sua), quando gli viene comunicata la scelta di Samuele: “Non sono forse un beniaminita, una delle più piccole tribù di Israele? La mia famiglia è la minore delle famiglie della tribù di Beniamino, perché mi dici queste cose?” (1 Sam. 9, 21).
Effettivamente più piccola come anzianità, in quanto Beniamino era l’ultimo dei figli di Giacobbe, e come numero, perché reduce da una campagna di sterminio (quella operata da Ghersom) che l’aveva portata sull’orlo dell’estinzione.
Evidentemente Samuele contava proprio su questo per riuscire a mantenere sotto tutela il neoeletto monarca: non avrebbe mai avuto un’autorità sufficiente a governare il paese senza l’appoggio del sommo sacerdote.
Purtroppo aveva fatto male i suoi conti. Da quella scelta sciagurata sarebbero derivati infiniti guai per il popolo di Israele ed in particolare per la famiglia sacerdotale.
Saul si dimostrò tutt’altro che uno strumento docile nelle mani del sommo sacerdote, com’era stato nei voti di Samuele, e quando questi cercò di porvi rimedio, nominando un altro re, per poco non causò l’annientamento totale della famiglia mosaica.
La Bibbia dice che fu Samuele a scegliere Saul e che fu lui stesso ad “ungerlo” re (1 Sam. 10, 1). Mentre la prima informazione è senz’altro verosimile, perché in quanto tutore e factotum del sommo sacerdote questo lavoro rientrava nelle sue mansioni, la seconda non è credibile. Si tratta certamente di una millanteria dello stesso Samuele, che si attribuisce anche attività che erano di esclusiva competenza del sommo sacerdote.
Samuele non era sacerdote e non poteva effettuare azioni, come quella di consacrare il re, che invece si attribuisce (o gli vengono attribuite dall’autore del libro), neppure in nome o per conto del sommo sacerdote. Certamente era presente alla cerimonia dell’unzione di Saul, e dobbiamo ritenere ne fosse anche il promotore ed il regista. Ma fu Achitub, in ogni caso, che consacrò Saul re d’Israele.
Con quale spirito non si sa: un suo antenato aveva quasi sterminato la tribù da cui proveniva l’uomo che stava innalzando al di sopra di tutto Israele, contro ogni legittimità. Forse intendeva essere un gesto riparatorio, mediante il quale chiudere definitivamente con il passato.
Ma Saul, evidentemente, non la intendeva in questo modo (1Sam. 15,11) e appena se ne presentò l’occasione prese le sue vendette nei confronti della famiglia sacerdotale. Fu senza dubbio un re abile e capace, che seppe unire intorno a sé l’intero Israele e risollevarne le sorti nei confronti del nemico filisteo.
Da quel poco che viene detto di lui si capisce che fu un grande sovrano, il vero creatore della struttura statale di Israele. Purtroppo le cronache che lo riguardano sono state scritte durante il regno della dinastia rivale, quella di Davide, per cui sono molto parche di informazioni, soprattutto in merito a particolari che potevano dare ombra.
Per esempio, non si sa neppure dove pose la capitale del neonato regno. La Bibbia dice che Saul abitava a “Ghibea”, nome piuttosto comune e generico, da cui si deduce soltanto che si trattava di un luogo sopraelevato, sulla cima di una collina.
Questa avrebbe dovuto essere la capitale di Israele. Non poteva essere un qualsiasi insignificante villaggio. Può essere che fosse la stessa Silo, o il monte Garizim, che più tardi doveva divenire sacro ai samaritani. Non sappiamo neppure dove risiedesse la famiglia sacerdotale e se Achitub avesse reistituito un luogo di culto.
Per la nomina del re Samuele convoca il popolo “presso Jahweh, a Mispà”, località che gli esegeti pongono poco a nord di Gerusalemme. Quasi certamente, invece si tratta della Silo (come vedremo meglio in seguito) e più precisamente del luogo su cui sorgeva il tempio, senza dubbio sulla cima di una collina, da cui il nome (luogo di vedetta, o belvedere).
Soprattutto non vi è il minimo cenno circa i suoi rapporti con il monarca, i quali, a giudicare dai fatti, dovevano essere tutt’altro che idilliaci. Qualche tempo dopo, infatti, ritroviamo Samuele in giro per Israele a cercare un altro re da proporre in alternativa a Saul. E lo vediamo a Betlemme intento a passare in rassegna i figli di Iesse ed infine ad ungere re l’ultimo di essi, Davide.
La solita millanteria, per nulla credibile, anche perché in contrasto con la storia raccontata poco più avanti, di un Davide in fuga dalla corte di Saul, che si dà alla macchia, rifugiandosi presso i filistei. Ma comunque è significativa dei rapporti esistenti allora tra Saul e la famiglia sacerdotale e del ruolo svolto da Samuele quale ispiratore della politica di quest’ultima.
In realtà l’idea di rimpiazzare Saul con Davide doveva essere nata dopo che quest’ultimo si era messo in luce, uccidendo il gigantesco filisteo Golia, ed era stato per questo ammesso alla corte di Saul. Fu una cospirazione in piena regola, ordita dal figlio primogenito di Achitub, Achimelec. A quell’epoca Samuele era morto da tempo ormai e anche Achitub, deceduto in giovane età. Achitub aveva lasciato due figli maschi: Achimelec, il primogenito, e Zadok. Secondo il diritto ereditario a succedergli nella carica di sommo sacerdote doveva essere il primogenito, ma non risulta dalla Bibbia.
L’unico sommo sacerdote che compare al servizio di Saul, infatti, era Zadok, che presumibilmente risiedeva nella stessa città del re, a Ghibea. Achimelec, invece, risiedeva in un villaggio che compare nelle cronache bibliche per la prima ed ultima volta proprio in questa occasione e di cui non si sa nient’altro, Nob.
L’ipotesi più probabile, in grado di spiegare coerentemente i fatti, in assenza di notizie dirette, è che Achimelec, per una qualche ragione ignota, fosse stato esautorato da Saul in favore del fratello Zadok, e relegato a Nob ( come più tardi sarebbe successo a suo figlio Ebiatar, esiliato da Salomone ad Anatot), e che, forte del suo diritto di primogenitura, abbia tramato per rovesciare Saul e insediare un re che ristabilisse il suo diritto.
Davide, l’eroe divenuto popolare dopo l’impresa contro Golia, aveva anche il grande merito di appartenere alla tribù di Giuda; anzi, discendeva in linea diretta dallo stesso Giuda (1), che Giacobbe aveva designato come suo primogenito e quindi come capo di Israele(Gn. 49, 8-12). Davide, quindi, a differenza di Saul, poteva legittimamente aspirare al titolo di re d’Israele. E’ facile quindi immaginare che il diseredato Achimelec abbia puntato su di lui per ristabilire la legittimità delle cariche in Israele.
Saul subodorò, o scoprì, il complotto e reagì in maniera spietata. Diede ordine di catturare Davide, che però riuscì a fuggire in tempo, grazie soprattutto all’aiuto prestatogli dal figlio stesso di Saul, Gionata, che lo amava come un fratello. Si rivolse allora contro Achimelec e sterminò lui, con tutta la sua famiglia e tutti gli abitanti di Nob (1Sam.22, 16 seg.).
Fu il secondo grande massacro subito dalla famiglia sacerdotale mosaica. Uno dei figli di Achimelech, tuttavia, Ebiatar, riuscì a sfuggire alla morte e si rifugiò presso il fuggiasco Davide, condividendone da allora in poi le sorti. Entrambi erano i legittimi eredi delle due massime cariche di Israele, l’uno del sommo sacerdozio, l’altro della corona. Ma dovettero passare molti anni alla macchia, prima di poter ristabilire i propri diritti.
Con Davide alla macchia, intento a crearsi un suo regno personale a spese dei filistei, Saul continuò a prosperare, apparentemente intoccato dall’orribile delitto compiuto nei confronti della famiglia sacerdotale. Anzi, sembra quasi che da allora in poi il suo potere si sia rinforzato, perché nessuno più lo contesta, neppure Davide, che riconosce in lui “l’unto dal Signore”, il legittimo sovrano di Israele.
Neppure Ebiatar sembra contestare il diritto al sommo sacerdozio di suo zio Zadok. La coppia Saul-Zadok governerà incontrastata su Israele fin oltre la morte di Saul, avvenuta sul campo di battaglia.
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1. Davide era figlio di Iesse, figlio di Obed, figlio di Booz, figlio di Salmon, figlio di Nacason, figlio di Amminabad, figlio di Ram, figlio Chezron, figlio di Peres, primogenito di Giuda.Una linea di discendenza ben documentata, che dimostra in maniera ineccepibile il diritto di Davide al corono di Israele