L'unico serio tentativo di razionalizzare il calendario lasciatoci in eredità dai romani fu effettuato nel corso della rivoluzione francese, che voleva anche simbolicamente operare un taglio netto con il passato e i suoi simboli. La forma temporale, rimase la stessa del calendario gregoriano, con l'anno di 365 giorni, gli anni bisestili, il ciclo liliano.
La sua struttura, invece, fu in qualche modo razionalizzata, anche se si cercò di allontanarsi il meno possibile dalla struttura tradizionale. Innanzitutto l'inizio dell'anno fu fatto coincidere con un avvenimento astronomico significativo; fu scelto l'equinozio d'autunno. L'anno repubblicano ebbe così inizio il 22 settembre 1792.
L'anno continuò ad essere suddiviso in 12 mesi, aventi, però, tutti la stessa lunghezza di 30 giorni. I restanti 5 (o 6) giorni venivano aggiunti alla fine dell'anno ed erano considerati festivi.
I nomi dei mesi vennero tratti dalle loro caratteristiche stagionali: vendemmiaio, brumaio, frimaio quelli autunnali (i primi dell'anno); nevoso, piovoso, ventoso i mesi invernali; germinale floreale, pratile i mesi di primavera e messidoro, termidoro, fruttidoro quelli estivi.
Ciascun mese era suddiviso in tre decadi, per un totale di 36 nell'anno, e i giorni della decade erano chiamati: primidì, duodì, tridì, quattridì, quintidì, sestidì, settidì, ottidì, nonidì e decadì. L'ultimo giorno della decade era festivo.
Anche il sistema di computo delle ore venne riformato. Il giorno, da un mezzanotte alla successiva, era diviso in dieci parti o ore, ciascuna ora in cento minuti decimali, e ciascun minuto in cento secondi decimali, per un totale di centomila secondi al giorno.
Tutto sommato un calendario di facile comprensione e memorizzazione, ma burocraticamente grigio e privo di poesia. Nessuno lo rimpianse quando fu abolito da Napoleone il 31 dicembre 1805.
Il calendario russo riformato
Vale la pena accennare brevemente al calendario russo riformato, rimasto in vigore per poco più di venti anni. La Russia si era sempre rifiutata di accettare il calendario gregoriano, per ragioni di prestigio, ed anche quando, per le solite ragioni del calcolo della Pasqua, si persuase ad effettuare una riforma, si rifiutò di adottarlo. Invece, il 21 febbraio (6 marzo secondo il calendario attuale) 1900, fu approvata dalla Società Astronomica di Pietroburgo una proposta di modifica presentata da Glasenapp, che prevedeva.
a) saranno bisestili tutti gli anni del calendario che sono divisibili per 4, eccettuati quelli divisibili per 128;
b) questo metodo di intercalazione si supporrà applicato fin dal primo anno dell'era volgare e ciò allo scopo di ricondurre e mantenere al 23 marzo l'equinozio di primavera, come era appunto nell'anno della nascita di Cristo.
Da notare che questo calendario sarebbe più preciso di quello gregoriano, in quanto si ha uno sfasamento di un giorno soltanto dopo 80 mila anni, contro i 3.700 del primo.
"Mille e non più mille". Questa oscura profezia pesò come un incubo sull'intera Europa del decimo secolo d.C., ad un punto tale che supera ogni nostra immaginazione. Era diffusa la convinzione che la fine dell'anno mille avrebbe segnato la fine del mondo. Potenza di suggestione dei numeri, a cui neppure oggi, nell'era dei lumi e della ragione, si sfugge. Anche oggi era diffusa la convinzione che la fine del 2000avrebbe segnato la fine del mondo. Non si sono verificate le scene di panico e le manifestazioni abnormi di fede che si verificarono nel medioevo, ma sono stati in molti a prendere sul serio la profezia e a regolarsi di conseguenza.
Eppure questo numero è frutto del caso e non significa proprio nulla da un punto di vista fisico o metafisico. Il 2000 dell'era cristiana, detta anche era volgare, corrisponde all'anno 5760 del calendario ebraico, al 2038 dell'era spagnola , al 1716 dell'era dei martiri, al 2753 dell'era di Roma e chissà quanti altri ancora, più o meno noti.
Il computo degli anni, nei vari calendari, viene effettuato prendendo a riferimento una ben precisa data iniziale, cui viene attribuita un'importanza fondamentale. Molto spesso la scelta di tale data è frutto del caso ed il calendario moderno non sfugge a questa regola. Il fatto stesso che si specifichi a.C. o dopo Cristo indica che l'avvenimento di partenza di questa era è (o almeno così era nelle intenzioni di colui a cui dobbiamo l'introduzione dell'era cristiana attualmente in uso) la nascita di Gesù Cristo, il figlio di Dio venuto in terra per redimere il mondo. Una data veramente significativa per un uomo di fede, per cui non stupisce affatto che sia stata adottata in un mondo dominato dalla religione cristiana. Quello che stupisce, semmai, è che l'introduzione dell'era cristiana, e cioè l'abitudine a conteggiare gli anni dalla nascita di Cristo, sia avvenuta relativamente tardi.
Il primo a proporlo fu l'abate Scita Dionigi il Piccolo, vissuto a Roma nel VI secolo d.C., dotto canonista e computista, che effettuò i calcoli in proposito. A dimostrazione della scarsa fondatezza dei presagi nefasti legati al numero 1000 (o 2000), c'è da sottolineare il fatto che l'inizio della cosiddetta era cristiana non coincide affatto con la nascita di Cristo. E' anch'esso il frutto di un errore. Il primo gennaio dell'anno zero dell'era cristiana, corrispondente al primo gennaio 754 dalla fondazione di Roma, non è successo proprio nulla di notevole nel mondo, almeno da un punto di vista cristiano, e neppure nei mesi precedenti o successivi. Sembra certo, infatti, che a quella data Gesù avesse già cinque o sei anni. Dionigi il Piccolo, semplicemente, s'era sbagliato nei calcoli, come a suo tempo Numa. In conclusione, nel calendario moderno, anche la data che prevedibilmente servirà come riferimento per i millenni a venire è scaturita da un errore casuale e non corrisponde al significato che si intende attribuirle.
Non che le date iniziali di altre ere, o calendari, abbiano, nella maggior parte dei casi, un fondamento maggiore. L’inizio del calendario ebraico, per esempio, è fissato dall'istante della creazione del mondo, stabilita, in base alle cifre fornite dalla Genesi, nel 3.760 a.C. Lo stesso avvenimento, cioè la creazione del mondo, segna l'inizio della cosiddetta era di Costantinopoli, stabilita in base alle cifre fornite da una diversa edizione della Bibbia.
Roma iniziava il conteggio degli anni dalla fondazione della città da parte di Romolo, avvenimento storicamente tutt'altro che certo, nei modi e all'epoca riportati. Più certa sembrerebbe la data della prima Olimpiade, il 776 a.C. , che costituiva il punto di partenza del calendario greco, ma anche a questo proposito sussistono fondati dubbi. I maya, invece, facevano partire il calendario da un non meglio precisato baktun 13, che cadeva (secondo i calcoli del Thompson) nel 3.114 a.C., ricorrenza di cui ignoriamo il significato. I cinesi, gli indiani ecc. hanno le loro date di inzio, che spesso vanno indietro di milioni di anni.
Ci sono ovviamente le dovute eccezioni. Ad esempio, l’inizio del calendario maomettano è costituito da un avvenimento individuato e datato con certezza, l'egira, e cioè la fuga di Maometto da Medina nel settembre del 622 d.C. . Prima dell'introduzione dell'era cristiana, nel mondo cristiano era diffusa la cosiddetta era di Diocleziano, detta anche dei martiri, che partiva dal 29 agosto 284, che si diffuse dapprima in Egitto e fu presto adottata in alcuni paesi dell’occidente, ad esempio nella Milano di S. Ambrogio. In Spagna era diffusa l'era detta appunto di Spagna che iniziava con il 1° gennaio del 38 a.C., anno in cui fu completata da Augusto la conquista della Spagna.
Sistema di datazione in occidente – Gli “stili”
Fino al VI secolo d.C. a Roma si era continuato ad impiegare il conteggio secondo l'era di Roma e individuare gli anni col nome del console ecc. L'Era Cristiana, introdotta da Dionigi appunto nel VI sec., fu dapprima impiegata solo in Italia, negli atti pubblici. In Spagna, Francia e Inghilterra cominciò ad essere impiegata nel secolo successivo e nei primi tempi soltanto dai cronisti e dagli storici. Soltanto nell'VIII secolo comincia ad apparire nei documenti ufficiali in Francia e Inghilterra, e in Germania solo a partire dal IX secolo, in Spagna nel XIV e in Grecia e Portogallo soltanto dal XV°.
Ad ogni modo, possiamo dire che l'uso dell'era cristiana era generalizzato in quasi tutto l'Occidente a partire dal X secolo. Questo non vuol dire che il sistema di datazione fosse uniforme. Non è così semplice interpretare le date come potrebbe sembrare a prima vista, perché per tutto il medio evo continuarono ad esistere diverse abitudini fra paese e paese e addirittura nella stessa città, riguardo al giorno di inizio dell'anno. Il giorno del calendario era lo stesso per tutti, ma non così l'anno. che cominciava in giorni diversi a seconda dello "stile". Termine oggi totalmente ignoto alla maggior parte della gente e senza più alcuna importanza, salvo che per gli storici che studiano documenti d'epoca e che devono cercare di capire cosa significhi realmente la data segnata su di essi. Il 1° gennaio, ad esempio, era 1° gennaio per tutti, ma non per tutti dello stesso anno, perché soltanto alcuni lo consideravano come l'inizio dell'anno, secondo lo "stile" moderno.
Lo stile detto della NATIVITA', stabiliva il primo giorno dell'anno al 25 dicembre, festa di Natale, anticipando di sette giorni sullo stile moderno. Quindi tutti i documenti datati secondo questo stile, segneranno in questi sette giorni una unità in più nella cifra dell'anno.
Altro stile, detto dell'INCARNAZIONE, prendeva invece come principio dell'anno il giorno del "concepimento" di Cristo, avvenuto nove mesi prima della nascita e cioè il 25 marzo, festa dell’Annunciazione di MV, anticipando sul computo odierno di nove mesi e 7 giorni. Fu detto anche stile PISANO per il lungo uso che se ne fece a Pisa e differiva da un altro, chiamato stile FIORENTINO, di un anno preciso, poiché questo, anziché anticipare, posticipava l'inizio dell'anno al 25 marzo successivo, con due mesi e 25 giorni di ritardo sul computo odierno.
La formula "anno a resurectione Domini" contraddistingueva il cosiddetto stile FRANCESE, che faceva iniziare l'anno il giorno di Pasqua, ritardando sul computo odierno da 2 mesi e 22 giorni a 3 mesi e 25 giorni. C'era poi lo stile VENETO, che cominciava l'anno il 1° di marzo, due mesi in ritardo rispetto al computo odierno, e lo stile BIZANTINO, che anticipava di quattro mesi, facendo iniziare l'anno il 1° settembre.
Il computo odierno è detto anche STILE MODERNO o della CIRCONCISIONE, avvenuta appunto il settimo giorno dopo la nascita di Cristo, e cioè il 1° gennaio. Perché proprio questo, fra tutti gli stili in uso, si sia alla fine affermato fino a divenire universale (ma soltanto a partire dal XVIII sec.) si spiega probabilmente con il fatto che il 1° gennaio era la data di inizio dell'anno civile romano fin dal 153 a.C. e tale rimase fino a tutto il VI secolo d.C.