Il tempo è scandito da tre cicli astronomici macroscopici, immediatamente avvertibili da tutti, che si ripetono con regolarità e servono quindi come riferimenti temporali naturali. Essi sono:
a) Il ciclo giornaliero, e cioè l'alternanza di luce e buio che si succede con un ritmo di 24 ore, almeno alle latitudini intermedie (oltre i circoli polari il ciclo subisce variazioni significative);
b) il ciclo lunare, l'evento astronomico più spettacolare, dopo il sorgere ed il tramontare del sole, che alterna le varie fasi lunari con una cadenza all'incirca mensile;
c) il ciclo solare, che si manifesta nell'alternarsi delle stagioni, con cadenza annuale.
Ognuno di questi cicli ha una scala diversa e copre ben determinate esigenze di misura e registrazione del tempo trascorso e di previsione per il tempo a venire.
Esistono ovviamente altri cicli astronomici, ma al di fuori delle possibilità di osservazione degli antichi e in ogni caso privi di utilità pratica, perché non osservabili direttamente, oppure con scala temporale non utilizzabile. Il calendario non è figlio della tecnica o dell'astronomia moderna, ma di strumenti di osservazione che non andavano al di là degli occhi, con l'ausilio al massimo di semplici traguardi e di "teorie" astronomiche (o matematiche) spesso errate, e quindi di nessun ausilio per una corretta comprensione dei fenomeni osservati.
Lo "strumento" più "sofisticato" per la misura del tempo, impiegato fin dai primordi della civiltà in tutto il mondo, era lo "gnomone", costituito semplicemente da un'asta o una colonna che proietta la propria ombra su una superficie piana. Con esso gli antichi erano in grado di determinare il giorno dei solstizi e quindi di controllare la durata dell'anno solare con la precisione di un giorno.
La durata media del giorno è di 24 ore, pari a 1.440 minuti primi, o 86.400 minuti secondi. Si ritiene normalmente che la durata del giorno sia quella che la Terra impiega a compiere un giro completo intorno a se stessa; ma non è esatto. Per completare un giro essa impiega soltanto 23 ore, 56' e 4''. Questa è una durata che possiamo considerare costante, perché varia in misura del tutto insignificante ai fini della misura del tempo (ha un'influenza soltanto nel calcolo delle eclissi verificatisi in epoche remote).
La durata di 24 ore è quella che intercorre tra due successivi passaggi del sole allo zenit, e non coincide con la prima. La Terra, infatti, oltre che girare su stessa, gira intorno al sole, percorrendo in una giornata un arco di orbita di circa un grado. Conseguentemente, perché il sole torni allo zenit in una data località, la Terra deve ruotare di 360° + 1°; e impiega appunto circa 4 minuti per ruotare d'un grado.
Ogni giorno la Terra compie un giro completo intorno al proprio asse, più 1 grado; in tal modo in capo ad un anno completa un giro supplementare. In realtà, quindi, la Terra in un anno di 365 giorni ruota su se stessa 366 volte.
Il giorno, quindi, non è una unità di misura astronomica assoluta, ma solare, legata cioè alla misura dell'intervallo fra due successivi passaggi del sole allo zenit. Si tratta quindi di una unità di misura variabile. Essendo infatti l'orbita ellittica, la Terra si muove ad una velocità maggiore quando si trova più vicina al sole di quando si trova lontano. Di conseguenza, nel corso dell'anno la durata del giorno varia da un minimo ad un massimo, che differiscono fra loro di una trentina di secondi.
Attualmente il giorno più lungo è il 3 novembre e quello più corto il 12 febbraio. Fra 13 mila anni, grazie alla precessione degli equinozi, la situazione sarà invertita. Si tratta in ogni caso di quantità troppo piccole per avere una qualsivoglia influenza sulla vita quotidiana.
Ben diverso è il discorso per quanto riguarda la durata del periodo di luce e di buio nell'arco della giornata, che variano moltissimo con il trascorrere delle stagioni ed ovviamente con la latitudine.
Giorno è una parola che deriva dal latino "diurnus", a sua volta derivante da dies, che indica il periodo di luce. In italiano è una parola abbastanza ambigua, che può significare la durata del periodo di luce, e in tal caso è complementare alla parola notte, oppure anche una durata di 24 ore, cioè un giorno e una notte.
Astronomicamente il giorno va da un mezzogiorno al successivo. Ogni calendario, però, ha la sua propria regola in merito. Nel calendario civile attuale va da una mezzanotte alla successiva, per evitare un cambiamento di data durante le ore di luce. Ma per molto tempo gli astronomi, dato che la loro attività si svolge per lo più durante la notte, hanno preferito, per analoghi motivi, considerare come inizio del giorno il mezzogiorno medio. Solo nel 1925, in base ad un accordo internazionale, gli astronomi hanno uniformato il loro computo del tempo a quello del calendario civile.
Nel calendario ebraico il giorno va da un tramonto a quello successivo; in quello romano iniziava all'alba fino a quella successiva e così via, con riflessi e impatti sulla vita quotidiana di non poco conto.
La durata dell'anno solare è quella che la Terra impiega a compiere un giro completo intorno al sole. Viene detto anche anno tropico; il nome è legato al fatto che anticamente questo intervallo di tempo veniva definito come il periodo impiegato dal sole a "tornare" da un solstizio estivo (o invernale) a quello successivo (dal greco tropos = ritorno).
La sua durata è di 365,242198 giorni, e cioè 365 giorni, 5 ore, 48' e 49", (23 secondi in meno dell'anno civile attuale; l'errore, se la durata dell'anno tropico dovesse rimanere invariata, comporterebbe la crescita di un giorno ogni 3.750 anni circa).
Gli antichi, per quanto ne sappiamo, non hanno mai determinato la durata mediante calcoli, né misurata con strumenti sofisticati. Si limitavano a determinare il giorno dei solstizi, e a contare i giorni che ci sono tra l'uno e il successivo, arrivando prima o poi a determinare la sequenza di 3 anni di 365 giorni, seguiti da un quarto di 366. Lo strumento principe per queste misurazioni era lo gnomone. Le precisioni raggiunte nella determinazione dell'anno sono notevolissime.
L'astronomo greco Ipparco, nel 135 a.C., aveva calcolato la durata dell'anno solare in 365 giorni, 5 ore e 55 minuti, più precisa di quella presa a calcolo da Giulio Cesare nell'effettuare la riforma del calendario, che rimase in uso fino al 1.482 d.C. (quando papa Gregorio XIII apportò gli ultimi ritocchi al calendario attuale, detto appunto gregoriano), che era di 365,25 giorni esatti, e cioè 365 giorni e 6 ore.
La durata dell'anno tropico quale risulta dalle tavole Alfonsine (così dette perché calcolate tra il 1240 ed il 1252 dagli astronomi radunati presso la corte di Alfonso X, re di Castiglia, soprannominato il Saggio), che furono prese a guida per la riforma gregoriana, è di 365,24256 giorni, ossia 365 g, 5 h, 49' e 18".
L'astronomo Newcomb, nelle sue tavole solari pubblicate nel 1895, calcola questa durata, per l’anno 1900, in 365,24219 giorni, ossia 365 g, 5 h, 48' e 46".
Ma un conto è sapere quanto dura l'anno, un altro stabilire un calendario per gli usi civili e religiosi, formato da un numero intero di giorni, tenendo conto di esigenze tradizionali, religiose, politiche e civili. E soprattutto tenendo conto di quello che certamente è stato il primo fenomeno astronomico regolare impiegato dall'uomo per misurare il trascorrere del tempo: il ciclo lunare.
L'anno solare è un intervallo di tempo troppo lungo e troppo scomodo per le esigenze di tutti giorni. L'uomo ha cominciato a registrare il trascorrere del tempo fin dai primordi della sua storia, quando le sue capacità di conteggio non superavano il numero delle proprie dita. E la luna, con la serie di sorprendenti trasformazioni attraverso cui passa nel corso di circa trenta giorni, suddivisi in quattro fasi che si alternano con assoluta regolarità, costituiva un "metro" naturale che si imponeva per la sua evidenza e facilità di impiego.
Il movimento della luna intorno alla Terra costituisce uno dei problemi più difficili dell'astronomia teoretica, in quanto l'orbita della luna è fortemente perturbata dalla forza di attrazione del sole. Inoltre essa è così vicina alla Terra, che nel calcolo della forza gravitazionale che determina la sua orbita, è necessario tenere conto sia dell'appiattimento terrestre, sia della distribuzione della massa all'interno della terra, e perfino delle maree.
La distanza media della luna dalla terra è di circa 60 raggi terrestri (circa 384.000 km), l'eccentricità media dell'orbita 0,055 e l'inclinazione rispetto all'eclittica di 5°, 8', 7".
La luna impiega 27,32166 giorni a compiere un giro completo intorno alla Terra. Questo lasso di tempo è detto anche "mese sidereo" (dal latino sidera = stelle), ma ha importanza soltanto ai fini astronomici e matematici. Il ciclo lunare visivo, quello che noi osserviamo con gli occhi, è sensibilmente più lungo. Nel mentre gira intorno alla terra, infatti, la luna segue il suo moto intorno al sole, percorrendo quindi un arco di orbita di poco meno di un grado ogni giorno; 27° in un mese sidereo. Perché l'incidenza della luce solare sulla luna, rispetto a chi osserva dalla terra, sia la stessa di quando iniziò il giro, la luna deve percorrere questi ulteriori 27 gradi, impiegando circa un giorno e mezzo supplementare.
L'intervallo fra due lune nuove, o se si preferisce, fra due pleniluni, risulta così mediamente di 29,53059 giorni. Esso è chiamato anche mese sinodico (da sinodo = convegno).
Astronomicamente si distinguono anche altri mesi lunari, come quello draconitico, di 27,21222 giorni, che è l'intervallo fra due passaggi della luna al nodo ascendente, e il mese anomalistico, di 27,55455, e cioè l'intervallo fra due passaggi della luna al perigeo. Da un punto di vista pratico, ai fini del calendario, tuttavia, soltanto il mese sinodico importa, perché è quello che può essere determinato semplicemente a vista, mediante l'osservazione diretta, senza l'ausilio di alcuna strumentazione o traguardo. Ed è l'unico di cui gli antichi avevano cognizione ed esperienza diretta.
In origine, presso i popoli che adottavano il mese lunare come unità fondamentale del proprio calendario, la durata dei mesi non era stabilita a priori, mediante un calcolo predeterminato, ma sempre "a vista" (proprio perché la durata esatta era ignota). Il primo giorno del mese coincideva con la "nascita della luna"; era quindi necessario vedere la prima sottile falce di luna prima di proclamare il passaggio da un mese al successivo.
Significativo, a questo proposito, era il sistema impiegato presso gli antichi ebrei. Dopo l'esilio babilonese e la costruzione del secondo tempio di Gerusalemme, da parte di Ezdra e Neemia, la gestione degli affari interni della comunità fu affidata ad una "Grande Assemblea", costituita inizialmente da venti sacerdoti, più tardi denominata "Sinedrio". Una delle funzioni più importanti della Grande Assemblea era quella di fissare il calendario, annunciando pubblicamente, di volta in volta, l'inizio di ciascun mese.
Questo veniva fatto sulla base della testimonianza di appositi inviati, fino a quaranta, che dichiaravano di aver visto la nuova luna. Esisteva un rituale preciso in merito. I testimoni venivano ricevuti a Gerusalemme. Benché un grande banchetto fosse riservato per tutti, venivano prese in considerazione le dichiarazioni soltanto dei primi due arrivati. Essi venivano interrogati separatamente circa la posizione e la forma della luna nel cielo e se le due testimonianze coincidevano, venivano considerate valide e si procedeva alla proclamazione del nuovo mese ed alla sua santificazione.
Se nessun testimone si presentava, il Sinedrio fissava l'inizio del mese a partire dal 31.mo giorno. L'annuncio del nuovo mese era trasmesso al resto del paese per mezzo di segnali luminosi che venivano agitati sulla cima del monte degli ulivi e ritrasmessi di collina in collina fino ai confini del regno.
Analogo il sistema impiegato nell'antica Roma. Anche qui il compito di proclamare l'inizio del mese spettava alle massime autorità religiose. Il mese iniziava soltanto dopo che appositi testimoni avevano dichiarato di aver visto la prima falce di luna nuova. In questo giorno i pontefici proclamavano in Campidoglio l'inizio del nuovo mese e le date importanti dello stesso. Dal verbo "calare" (proclamare) usato nella formula rituale "Calo Iuno Covella", che essi usavano in quell'occasione, deriva l'appellativo di "calende" al primo giorno del mese, cioè del giorno in cui doveva essere proclamata al popolo la luna nuova, e da calende deriva la parola calendario.
La luna costituisce un calendario naturale sempre disponibile e uguale per tutti. Fin dai tempi più remoti il mese lunare dovette costituire una delle unità di misura fondamentali del tempo. Quello relativo alla "luna", però, è un intervallo di tempo ancora troppo lungo per gli usi di tutti i giorni, specie per esseri che non sapevano contare oltre le dita delle proprie mani, per cui la prima unità di misura del tempo ad entrare nell'uso comune dovette essere il "quarto di luna", corrispondente a 7 giorni. L'origine della "settimana", quindi, e l'impiego del numero 7 devono perdersi nel più lontano paleolitico.
Il ciclo lunare costituisce una sorta di "orologio" naturale molto comodo, perché basta leggerlo. Ma la sua scala di misura lo rende inutilizzabile per le misure di lunghi periodi ed inoltre non ha alcuna relazione con le stagioni, il che lo rende poco utile ai fini della vita pratica, a meno di porlo in qualche modo in relazione con la durata dell'anno solare.
Ben presto i primi osservatori si sono resi conto che 12 mesi lunari duravano all'incirca un anno solare, per cui l'anno solare è stato messo subito in relazione con 12 mesi lunari. Il calendario mussulmano, ad esempio, ancor oggi adotta questa corrispondenza: 1 anno = 12 mesi lunari. C’è però una differenza di 11 giorni, per l'esattezza 10,875 giorni, per cui si ha un rapido sfasamento dell'inizio dell'anno rispetto alle stagioni. Per ovviare a questo inconveniente, fin dalla più remota antichità sono stati utilizzati i cicli lunisolari, primo fra tutti quello di 8 anni = 99 mesi solari testé nominato.
Per avere un calendario efficiente ai fini pratici si deve inquadrare il ciclo di 99 mesi lunari negli 8 anni solari. Il problema presenta varie soluzioni ed è stato infatti risolto in vari modi da diverse civiltà.
Nel calendario ebraico, ad esempio, ciascun anno è costituito da un numero intero di mesi lunari, normalmente 12, seguiti di tanto in tanto da anni "intercalari" di 13 mesi ciascuno, per recuperare lo sfasamento stagionale. La sequenza degli anni normali e "bisestili" negli otto anni risulta la seguente: 12-12-13-12-12-13-12-13; dopodiché il ciclo ricomincia. Altre soluzioni sono più elaborate e, se vogliamo, più eleganti, come vedremo in seguito a proposito del primitivo calendario romano.
Altro ciclo lunisolare è quello detto di Saros, di 19 anni, introdotto nel 440 a. C. dall'astronomo greco Metone, che però probabilmente ha preso l'idea dai babilonesi. Il ciclo si basa sulla constatazione che 19 anni solari contengono quasi esattamente 235 mesi lunari. Esso è quindi costituito da 12 anni di 12 mesi lunari ciascuno (per un totale di 144) più sette anni "intercalari" formati da 13 mesi lunari (per i rimanenti 91 mesi). Il computo risulta molto preciso; non si conoscono, tuttavia, calendari civili antichi basati su di esso.
Che mi risulti l’unico calendario basato esclusivamente sul ciclo lunisolare di 8 anni è quello antico romano, presto superato, però, dalla riforma casereccia di Numa Pompilio, da cui alla fine è scatuito iol calendario modernoi.
Il ciclo di Saros è ampiamente utilizzato nel calendario ecclesiastico, ma non ha daro luogo a calendari basari eclusivamente su di esso,
Ben diverso il discorso per un ciclo lunisolare molto preciso quelòlo di 25 anni, che ha inflkuenzato profondamente, se non proprio detrrminato, il calendario egizio. “5 anni contengo quasi esttamente xy anni di 365 giorni (occorrono ben 500 anni perché si accumuli una differenza di un giorno) Da questo quasi certamente è derivato il calendario egizio con il suo notissimo ciclo sotico di 1461 anni, Stranamente, però nessuno storico ha collegato le due cose. Anzi, il ciclo dei 25 anni è ignorato dai più o al massimo citato come un accidente di nessuna rilevanza nel calendario, ma utile soltanto per stabilire alcune date storiche ( ad esempio l0insediamento sul trono di Ramsess II)
Presto, tuttavia, gli osservatori si resero conto che le due durate, quella di 99 mesi lunari e quella di 8 anni solari, non coincidono esattamente. C'è infatti una differenza di circa un giorno (infatti la durata di 99 mesi sinodici è di 2923,5 giorni, mentre quella del ciclo solare è 8x365,2422=2.922 giorni) non apprezzabile su un singolo ciclo, ma che con il susseguirsi dei cicli porta ad uno slittamento vistoso, che risulta di un intero mese lunare dopo 144 anni.
Ciclo egizio di 25 anni di 365 giorni, che ha dato origine al ciclo sotico di 1461 anni
Ciclo di 128 anni, esclusivamente solare