"Dopo questi fatti Jahweh parlò in sogno ad Abramo: 'Non temere' gli disse, 'io ti proteggo come uno scudo. La tua ricompensa sarà grandissima'. Ma Abramo rispose: 'Mio Signore Jahweh, cosa mai potrai darmi, dal momento che non ho figli? Ormai sto per andarmene ed un servo della mia famiglia sarà mio erede!" (Gn.15,1-4). Ovvia preoccupazione del neoeletto principe era quella di procurarsi un erede legittimo; ma nonostante tutti i prevedibili sforzi "Sara, moglie di Abramo, non aveva potuto dargli dei figli. Aveva però una schiava egiziana, di nome Agar. Perciò Sara disse ad Abramo: 'Vedi bene che il signore mi ha resa sterile. Va dunque dalla mia schiava. Forse lei potrà darti un figlio al mio posto'. Abramo accettò il suggerimento di Sara. Quando Sara, moglie di Abramo, diede al marito la propria schiava, Agar l'egiziana, erano già dieci anni che essi abitavano nella terra di Canaan." Si era appena conclusa, come abbiamo visto, la campagna contro i quattro principio Siriani. Semplice coincidenza?
Vediamo intanto chi era questa Agar. Il termine "schiava", riportato nella maggior parte delle traduzioni, è certamente non corretto. I costumi matrimoniali e le questioni di diritto ereditario nell'impero egizio all'epoca della XVIII dinastia sono ben noti[1]. Il faraone aveva decine di mogli, che normalmente, ma non sempre, erano donne di elevata condizione sociale. Il rango dei figli che egli aveva da loro dipendeva essenzialmente dal rango della madre: il figlio di una serva rimaneva servo egli pure[2]. L'erede legittimo era il figlio primogenito della moglie di rango più elevato, di norma una sorella o addirittura una figlia stessa del faraone. Se quest'ultima non aveva figli maschi il problema era grosso, perché si doveva stabilire in modo non equivoco quale delle mogli secondarie fosse di rango più elevato. In tal caso, come successe appunto per l'elezione di Tutmosi III e del suo nipote Tutmosi IV, la scelta veniva fatta da un oracolo[3].
Per quanto ci è dato vedere dalla Genesi, gli usi matrimoniali ed ereditari dei patriarchi erano perfettamente analoghi: Abramo aveva varie mogli e figli, ma aspettava l'erede legittimo dalla sorella Sara; Lot ebbe gli eredi legittimi da un incesto con le sue due figlie; Isacco sposò la seconda cugina Rebecca; Giacobbe due sue prime cugine e così via. Abramo non aveva avuto figli da Sara e quindi la sua eredità sarebbe andata ad uno dei figli avuti da una moglie secondaria: un "servo", come egli lo definisce, perché figlio evidentemente di una moglie non di stirpe regale. Il fatto che Agar sia stata data ad Abramo per averne l'erede legittimo, presuppone che essa fosse non una comune schiava, ma una donna di alto lignaggio.
Tutto l'insieme del racconto successivo porta alla medesima conclusione. Il comportamento di Agar che guarda dall'alto in basso la "principessa" Sara non è concepibile in una comune serva. Né è concepibile che Sara dovesse chiedere l'autorizzazione di Abramo per battere una propria schiava. E quando Agar fuggì risentita per i maltrattamenti di Sara fu un "angelo di Jahweh", cioè un personaggio molto elevato nella gerarchia egizia (un messaggero del faraone), che la invitò a tornare dalla sua padrona. E prima di "scacciarla" definitivamente insieme al figlio Ismaele, Abramo chiese l'autorizzazione ad un personaggio di rango molto più elevato del suo, cui egli si rivolse con l'appellativo di "Elohim" (Gn.21,12), che abbiamo visto competere solo al faraone.
Questo personaggio concesse di buon grado l'autorizzazione, assicurando che avrebbe provveduto personalmente all'avvenire del ragazzo; e infatti fu lui che "salvò" Agar nel deserto e fece di Ismaele un principe, assegnandogli un territorio nel deserto di Paran (Gn.21,21). E' da notare che una prerogativa del genere competeva allora soltanto al faraone.
La conclusione inevitabile è che Agar l'egiziana fosse una "protetta" di Tutmosi III. Che fosse addirittura sua figlia lo si deduce dal versetto 15,6 di Genesi, in cui Jahweh, e cioè il faraone, risponde alla lamentela di Abramo con le parole: "Non costui (il servo) sarà tuo erede, ma uno uscito da tuo seme". Questo versetto quasi certamente ha subito una piccolissima modifica, che però ne ha stravolto il significato; in origine, infatti esso doveva suonare: "Non costui sarà tuo erede, ma uno uscito dal mio seme". (L'erede legittimo di Abramo, Isacco, doveva nascere soltanto 14 anni dopo, per cui la "profezia" di Jahweh sarebbe quanto meno prematura, se riferita a lui; sarebbe invece grossolanamente errata se riferita ad Ismaele).
Tutmosi, autore di queste parole, non era onnipotente e certamente non era in grado di garantire ad Abramo che avrebbe potuto curare con successo la sterilità di Sara, unica donna da cui poteva nascere il legittimo erede, secondo i costumi dinastici dell'epoca. Ma poteva dare ad Abramo una moglie di rango talmente elevato da assicurargli una figliolanza sulla cui nobiltà nessuno poteva nutrire dubbi, perché uscita dal "seme" stesso del faraone: una sua figliola, appunto.
La cosa è ben lungi dall'apparire inverosimile. Tutmosi aveva decine di concubine e nella sua vita è presumibile abbia avuto un numero di figli e figlie spropositato. E' ovvio che doveva dare a tutti una sistemazione decorosa. I vari templi sparsi per l'Egitto dovevano costituire una risorsa pressoché inesauribile a questo scopo; ma non si può escludere che un certo numero dei suoi figli secondari abbiano avuto una diversa sistemazione, fra l'altro politicamente assai più vantaggiosa per il sovrano. Era infatti un costume ben radicato quello di legare regnanti alleati a e soggetti mediante matrimoni.
Abramo era figlio del più grande imperatore dell'epoca, dopo lo stesso faraone; era un principe dell'impero egizio: non era un partito sconveniente neppure per una figlia di Tutmosi III. Fra l'altro in tal modo il faraone poteva ottenere un duplice obiettivo, oltre a sistemare una figlia in modo acconcio: garantirsi la fedeltà del neofeudatario, legandolo a sé con vincoli di parentela, e sdebitarsi nei confronti di Abramo per il valore dimostrato nella campagna militare appena conclusa.
La promessa di Jahweh, infatti, è dalla stessa Genesi messa in stretta relazione con la conclusione vittoriosa della campagna contro i principi siriani ribelli. "La tua ricompensa sarà grandissima", assicura ad Abramo; promessa che si realizza con la nascita di Ismaele, un erede nato dal seme dello stesso Jahweh. Tutmosi si sdebitò dando ad Abramo in moglie una sua propria figlia, Agar, che fa la sua comparsa proprio all'indomani della conclusione della campagna militare. Non è una coincidenza fortuita che la Genesi si preoccupi di sottolineare la data. In Genesi Agar viene definita "serva di Sara", ma in realtà doveva essere una vera e propria moglie di Abramo; il termine "serva" sta ad indicare soltanto che era una moglie secondaria, quindi subordinata alla moglie principale, che rimaneva comunque Sara.
Ovviamente il fatto che Agar fosse "figlia di Jahweh" doveva apparire assurdo al redattore, che identificava Jahweh con Dio, e che provvide quindi a "correggere" opportunamente il testo.
Quando Agar rimase incinta e "cominciò a guardare con disprezzo la padrona, Sara disse ad Abramo: 'Sei tu il responsabile di questo disprezzo. Io stessa ti ho messo fra le braccia la mia serva. Ma da quando sa di essere incinta mi considera inferiore a Lei. Decida Jahweh chi ha ragione fra noi due.'" Ovviamente Sara non si azzardò a maltrattare la ragazza, come avrebbe fatto con qualunque normale serva, ma sollecitò il giudizio del padre di lei ed il permesso esplicito di Abramo, il quale "le rispose: 'La schiava è tua. Pensaci tu, trattala come meglio ti pare!". E Sara maltrattò Agar, che fuggì lontano da lei. L'angelo di Jahweh la vide nel deserto, vicino ad una sorgente, quella che si trova sulla via di Sur, e le disse: 'Agar, schiava di Sara, da dove vieni e dove vai?' 'Fuggo da Sara, la mia padrona', rispose Agar. 'Torna invece da lei, ordinò l'angelo di Jahweh, 'e a lei obbedisci' ... poi Agar partorì un figlio ad Abramo e questi lo chiamò Ismaele. Abramo aveva 86 anni quando nacque Ismaele" (Gn.16,7-16)
[1] “Al faraone non si applicavano i tabù che operavano nel caso dei suoi sudditi. Egli possedeva numerosi e grandi harem alla maniera dei potentati orientali; ma si pretendeva anche che egli contraesse un matrimonio incestuoso con le sorelle, secondo una caratteristica comune a tutte le idee sulla natura divina della regalità. Il primo figlio che il faraone aveva dalla regina principale diventava il suo erede e la prima figlia avuta dalla medesima regina era anch'essa erede reale, la cui dote comprendeva evidentemente anche il trono [...] spesso non si poteva combinare il matrimonio tra fratelli e sorelle diretti, per cui era il figlio di una moglie secondaria, o concubina, che sposava l'ereditiera del trono. In tali casi, tuttavia, la designazione del legittimo erede generalmente veniva confermata dall'oracolo di un Dio, come avvenne nel caso di Tutmosi III, di Tutmosi IV e di Haremab” (C. Aldred, op. cit., p. 40). Cfr. anche (F. Cimmino, Hasepsowe e Tuthmosis III, cit., capitoli 1 e 2).
[2] “Nella corte egizia la figura della regina poteva assumere due ruoli ben distinti: quello di “Sposa Reale", dato che il sovrano poteva avere più mogli, e quella di "Grande Sposa Reale". Soltanto i figli nati dalla Grande Sposa Reale avevano diritto al trono, perché solo lei era considerata la genitrice dinastica [...] progenie divina in grado di trasmettere il sangue reale” (F. Cimmino, Hasepsowe e Tuthmosis III, cit., pp. 14 ss.). Un esempio da manuale che fra i popoli del Medio Oriente, e in particolare fra gli Ebrei, il rango dei figli era determinato da quello della madre, lo troviamo nella Guerra Giudaica di Giuseppe Flavio che, da 1,22,1 in poi, narra i guai familiari di Erode il Grande. Essi derivarono principalmente dal fatto che “prima aveva preso in moglie una giudea di condizione non ignobile, Doris, da cui aveva avuto il figlio Antipatro; poi si fidanzò con Mariamme, figlia di Alessandro, figlio di Aristobulo, nipote di Ircano (...) e fu a causa di costei che ben presto la discordia entrò nella sua casa”. Da Mariamme, nipote di re, Erode ebbe due figli, Alessandro e Aristobulo, che si ritenevano superiori ad Antipatro e quindi unici legittimi eredi, perché figli di madre nobile. Il concetto era talmente esasperato, che Io stesso Erode scherniva il figlio> dicendo: “Il solo nobile è Alessandro, che disprezza anche suo padre perché non è nobile” (I,26,2).
[3] “..,dal re (Tuthmosi II) e da una sposa secondaria, Ese, era nato un maschio, il giovane principe che alla morte del padre sarebbe salito al trono con il nome di Tuthmosis III [...] Per legittimare i diritti al trono del principe sarebbe stato sufficiente dargli in sposa la principessa Nefrure, ma nessun documento ci autorizza a pensare che ciò sia avvenuto all'epoca della morte di Tuthmosis II (...) Duthmose (Tuthmosi III) aveva veramente diritto al trono perché, oltre a suo padre, lo aveva designato a regnare Amun, il dio dinastico di Tebe” (F. Cimmino, Hasepsowe e Tuthmosis III, cit, p. 15).