Sulla permanenza di Giacobbe in Palestina c'è poco da dire in aggiunta a quanto già detto nei precedenti capitoli. Fu una periodo prospero e tranquillo, segnato quasi unicamente dai soliti avvenimenti di carattere familiare che scandiscono l'esistenza di ogni individuo: nascite, morti, storie di figli e così via, che riassumiamo brevemente.
Una volta congedato da Esaù, Giacobbe attraversò il guado del Giordano e dovette raggiungere la piccola tribù palestinese che l'attendeva accampata da qualche parte, forse a Betel. Cominciò il solito tran-tran di un ricco possidente di bestiame, le cui greggi e mandrie venivano condotte al pascolo da figli e servi nella Palestina centrale, in un territorio corrispondente grosso modo a quello che dopo la conquista diventerà territorio di Beniamino ed Efraim.
E' di questi tempi la scappatella di Ruben con Bilha, che dovrà costargli il diritto di primogenitura. Il fatto viene narrato in Genesi 35,22, in posizione addirittura posteriore alla distruzione di Sichem. Questa collocazione, però, non è molto convincente. All'epoca dei fatti di Sichem, vedremo fra poco, Ruben aveva già passato la trentina e Bilha doveva essere intorno ai quarantacinque anni: non è credibile che possedesse ancora attrattive tali da indurre un uomo maturo ad una così grave trasgressione: per quei tempi qualcosa di inaudito. Deve essere accaduto nei primi anni dopo il rientro in Palestina, quando Ruben era ventenne e Biblha trentacinquenne. Sempre nei primi anni (non ci sono elementi che consentano una precisione maggiore) deve verosimilmente collocarsi la morte di Debora. La donna doveva essere più o meno coetanea di Rebecca e perciò al rientro di Giacobbe doveva aver già passato i settant'anni; una buona età per morire, a quei tempi.
La nascita di Beniamino e la conseguente morte di Rachele devono collocarsi, invece, nell'undicesimo anno dal ritorno in Palestina, o all'inizio del dodicesimo. Più o meno contemporaneamente, infatti, Giuseppe diciassettenne scomparve, venduto dai fratelli a una carovana di passaggio. Due o tre anni dopo Dina fu rapita e violentata da Sichem. Simeone e Levi, nonostante la volontà di riparazione di Sichem, distrussero con l'inganno l'omonima città, attirandosi con questo atto lo sdegno del padre, che fu costretto ad abbandonare precipitosamente la zona.
Seguirono lunghi anni di rimpianto per la "morte" di Giuseppe. Gli altri figli di Giacobbe erano ormai cresciuti e avevano messo su famiglia. La Genesi riporta brevemente notizie su quella di Giuda, soffermandosi in particolare sulla vicenda di Tamar, che va posta verso la fine del periodo palestinese. Venne poi l'anno della carestia, con il conseguente viaggio dei fratelli in Egitto, il loro incontro con Giuseppe ed il successivo trasferimento dell'intera tribù di Israele in Egitto.
Questi avvenimenti non sono sempre riportati dalla Genesi nella sequenza in cui sono avvenuti; ma una semplice analisi comparata consente di posizionarli nel più probabile ordine cronologico. Altrettanto semplice e sicuro, data l'abbondanza di indicazioni e riferimenti, è determinare la durata di questo periodo e l'epoca in cui sono accaduti i principali avvenimenti. Il riferimento per la determinazione della durata è costituito dalla storia di Giuseppe: aveva sei anni quando partì da Harran (Gn.30,25 e 31,41); ne aveva diciassette (Gn.37,1) quando fu venduto dai fratelli e trenta quando fu presentato al faraone (Gn.41,46). Ciò significa che Giuseppe venne nominato Visir esattamente 24 anni dopo che Giacobbe era giunto in Palestina.
Si tratta ora di valutare dopo quanto tempo Giacobbe emigrò in Egitto. I sette anni di abbondanza ed i sette di carestia del racconto di Giuseppe sono una finzione narrativa, per cui non si può neppure dire che siano numeri indefiniti e valutare la durata di conseguenza. Infatti, a giudicare da Genesi 41,50 e 47,17-18 i "sette" anni di carestia furono uno soltanto, o al massimo due. Quelli precedenti di abbondanza furono almeno due, perché Giuseppe ebbe i suoi due figli, Manasse ed Efraim, prima che venisse l'anno della carestia. Egli sposò Asenat subito dopo essere stato presentato al faraone. Il primo figlio, Manasse, lo ebbe entro lo stesso anno; il secondo, Efraim, dopo almeno altri quindici mesi. In tutto non meno di due anni prima che venisse la carestia. Giacobbe venne in Egitto alla fine del primo o durante il secondo anno di carestia, quindi come minimo tre anni dopo la nomina del figlio a visir, vale a dire ventisette anni dopo il rientro in Palestina.
E come massimo? Una valutazione abbastanza precisa e attendibile può essere fatta partendo da considerazioni sull'età di Beniamino quando i suoi fratelli comparvero al cospetto di Giuseppe. Essi si riferiscono a lui sempre come ad un giovinetto, con toni e apprezzamenti che acquistano un sapore umoristico se si suppone che il ragazzo avesse all'epoca più di diciotto anni. Esistono indicazioni precise che consentono di sapere quando nacque Beniamino. Quando in Egitto i fratelli di Giuseppe lo informarono di essere in 11 e che "il più piccolo è adesso presso nostro padre" (Gn.42,13), non dissero di quale madre fosse figlio Beniamino, né Giuseppe fece domande in questo senso (altrimenti si sarebbe tradito). Sembra evidente, però, che egli sapesse che Beniamino era figlio della sua stessa madre, Rachele. Fu questo il motivo, infatti, per cui egli fece in modo che gli fosse condotto innanzi.
Giuseppe non aveva mai visto il fratello, perché questi era nato dopo che egli fu venduto agli egizi. Un indizio preciso in questo senso è il nome che Rachele mise al suo secondo figlio: Ben Onì, che significa "figlio del mio lutto". Giuseppe era stato venduto, ma i fratelli riferirono ai genitori che era stato sbranato da una fiera (Gn.37,33): è l'unica ragione per cui Rachele poteva essere in lutto.
Giuseppe, al pascolo di Sichem, sapeva che sua madre era di nuovo incinta e aspettava da un momento all'altro la notizia della nascita di un fratello; gli arrivò soltanto dopo molti anni. E' facile immaginare quanto grande fosse la sua ansia di vederlo. All'epoca dell'incontro con i suoi fratelli, pertanto, avvenuto come si è detto dopo il ventisettesimo anno, Beniamino non poteva avere meno di quindici anni. Rimane quindi un margine di incertezza relativamente esiguo per l'epoca in cui Giacobbe emigrò in Egitto. Ponendo che Beniamino avesse allora non più di diciotto anni, l'emigrazione di Giacobbe in Egitto avvenne non oltre il quinto anno dalla nomina del figlio a visir. Si può quindi concludere con ragionevole certezza che Giacobbe rimase in Palestina per un periodo di 28 +/- 1 anni. Poiché era fuggito ad Harran a 19 +/-1 anni ed era rimasto in Mesopotamia per venti anni esatti, quando migrò in Egitto doveva avere un'età di 67 +/- 2 anni. Trascorse in Egitto gli ultimi 17 anni della sua lunga esistenza (Gn.47,28). Se ne conclude, in definitiva, che Giacobbe morì a 84 +/- 2 anni; un'età per quei tempi ragguardevole.