Ammesso all’Accademia Navale di Livorno nell’ottobre del 1961, ne uscii quattro anni dopo con il grado di sottotenente delle Armi Navali.
Due anni dopo conseguii la laurea in ingegneria elettronica a Pisa e subito dopo venni imbarcato sull’incrociatore Giuseppe Garibaldi, dove svolsi vari incarichi, fra cui responsabile del sistema operativo e del sistema missilistico.
Nel 1971 venni movimentato alla Commissione Permanente per lo studio e sviluppo dei materiali di guerra, a La Spezia, e assegnato all’istituto Armi Subacquee, dove mi occupai dello sviluppo e sperimentazione del sistema d’arma siluristico pesante filoguidato attualmente in servizio presso la MMI. Nel ‘77 venni assegnato all’Ufficio Tecnico della MMI di Livorno, di cui avrei in seguito assunto la direzione, per seguire la produzione di quel sistema e degli altri che seguirono.
L'ultimo grande progetto cui partecipai in prima linea fu quello dello sviluppo e sperimentazione di un sistema d'arma siluristico leggero, in grado di infrangere l'invulnerabilità dei più micidiali strumenti di guerra che la civiltà abbia mai prodotto, i sommergibili atomici. La Marina Italiana stabilì una cooperazione con quella Francese e io ebbi l’incarico di istituire e dirigere I' Ufficio comune italo-francese responsabile del programma di sviluppo.
Oggi quel siluro leggero è in servizio presso diverse nazioni NATO.
Una volta consolidato il programma, decisi che era tempo che mi cercassi altri incarichi. Nel 1993 colsi al volo l'occasione di un posto a livello dirigenziale che si era reso vacante all'Agenzia delle Comunicazioni della NATO, partecipai al concorso e lo vinsi. Due mesi dopo presi servizio a Bruxelles.
Erano gli anni della guerra fratricida in Jugoslavia, spietata e feroce come solo le guerre civili possono esserlo. La NATO faceva del suo meglio per interporsi fra le opposte fazioni ed evitare la carneficina. L' Agenzia delle Comunicazioni, responsabile di ogni aspetto di questo vitale settore, dai satelliti e le stazioni radio terrestri, all'imponente rete informatica che univa i comandi sparsi per il mondo, fino alle comunicazioni dirette sul campo fra le unità delle diverse nazioni, era sotto pressione.
Ressi per quasi cinque anni nell'incarico, poi tornai in Italia e mi ritirai dal servizio attivo, ricevendo in regalo il grado di ammiraglio.
Questa, in sintesi, la mia carriera professionale. Non certo folgorante, ma neppure priva di soddisfazioni; e soprattutto varia e intensa. Il che non mi impedì di coltivare con serietà e impegno una lunga serie di interessi extraprofessionali. Qualche maligno insinuava che la professione di ufficiale era soltanto un "hobby" per me; falso, ovviamente, ma significativo dell'importanza che essi avevano nella mia vita.
Vedi :
- La prima spedizione in Antartide
- La seconda spedizione in Antartide