Anche per il tragitto subito dopo la partenza dal monte Sinai è possibile ricostruire l'itinerario e la cronologia. Sappiamo per certo che erano partiti dal monte Horeb diretti verso la Palestina. Avevano due alternative ragionevoli: ripercorrere la via da cui erano venuti fino a Ein Cadeis, oppure tagliare attraverso il deserto Paran la via più breve e diretta, attraverso Beer Oded, Beerot Loz, Beer Horeshe.
Mosè scelse la via diretta. Ricordando quell'episodio, infatti, egli stesso, nella valle di Moab, dice: « Partimmo da Horeb e marciammo per tutto quel grande e tremendo deserto, che voi avete visto, per la via della regione montagnosa» (Dt. 1,19). Perché questa parola «tremendo»? Evidentemente si riferiva a difficoltà di percorso. Beer Oded è un luogo di difficile accesso per un contingente umano di una certa ampiezza, poiché per raggiungerlo bisogna valicare due piccoli passi montani [1].
Gli Ebrei, che avevano carri e materiali ingombranti, come ad esempio il tempio-tenda costruito ai piedi del monte (Nm. 10,17), devono aver penato molto per raggiungerlo. Infatti, nonostante la brevità del percorso (poco più di 30 chilometri), impiegarono tre giorni (Nm. 10,33) per arrivare a Kibrot-Attaava, prima tappa del viaggio (Nm. 33,16), che si identifica probabilmente con Beer Oded.
Qualche autore, rifacendosi a Numeri 11,1-3, pone Taverà come prima tappa dopo la partenza, anche se non viene citata in Numeri 33. Taverà è una località così denominata perché ivi alcuni Israeliti che avevano mormorato contro Mosè rimasero inceneriti da un fuoco sacro [2]; dal racconto appare con tutta evidenza che tale episodio accadde durante la sosta a Kibrot-Attaava, pertanto Taverà deve considerarsi una località di quest'ultima, non una zona distante e separata.
A Kibrot-Attaava accadde un fatto che ha avuto un’eco duratura nella storia ed è al centro di analisi e dibattiti fra gli esegeti biblici: gli ebrei si imbatterono in uno stormo di quaglie in migrazione e ne catturarono in gran numero, banchettando a sazietà con le loro carni. Come conseguenza ci fu un avvelenamento collettivo e molti morirono. Furono sepolti sul posto, che da allora venne denominato Kibrot Attahava, e cioè i “sepolcri dell’ingordigia”.
L’episodio delle quaglie costituisce una indicazione importante ai fini della cronologia e della localizzazione dell’esodo. Le quaglie (coturnix coturnix) sono uccelli migratori dalle abitudini e caratteristiche singolari. Esse svernano in Africa e all’inizio della primavera migrano in Europa in tre gruppi distinti, che passano rispettivamente attraverso l’Algeria e la penisola iberica, la Tunisia e l’Italia e l’ultimo attraverso il Sinai e le isole greche. In autunno seguono il percorso inverso, in ondate migratorie che iniziano ad agosto e proseguono fino ad ottobre. Una caratteristica peculiare di questo uccello è che nel corso delle sue migrazioni si nutre di una qualche pianta che rende la sua carne tossica e induce in chi la mangia una sorta di avvelenamento noto sotto il nome di “coturnismo”, che nei casi più gravi può condurre alla morte. E’ appunto quello che è accaduto agli ebrei dell’esodo, che dopo essersi nutriti delle quaglie sono stati colpiti da una “pestilenza” che ha provocato numerose vittime.
C’è un fatto, però, che ha sempre creato perplessità negli esegeti tradizionalisti, che pongono l’esodo agli inizi della primavera e nella zona meridionale del Sinai. Durante la migrazione primaverile soltanto le quaglie che transitano attraverso l’Algeria verso la penisola iberica sono “tossiche”, mentre durante la migrazione di ritorno lo sono soltanto le quaglie che dalla Grecia si riversano sulle coste del Sinai. L’episodio narrato dalla Bibbia, quindi, può essersi verificato soltanto nella parte settentrionale del Sinai, in un periodo di tempo compreso fra agosto e ottobre.
Questo concorda perfettamente con la ricostruzione cronologica e ambientale qui delineata. Gli ebrei sono partiti da Har Karkom, situato a metà strada fra il golfo di Aqaba e il Mediterraneo, in data corrispondente al 12 luglio attuale. Come ogni amante della caccia alle quaglie sa bene, questi uccelli nidificano di preferenza nei campi coltivati a cereali, che abbandonano dopo la mietitura, cominciando a radunarsi per la migrazione. Già ai primi di agosto gli uccelli più meridionali cominciano a migrare, seguiti a ondate successive da quelli che nidificano in aree più settentrionali, fino alla fine di settembre. Fin dai primi di agosto, quindi, iniziano le migrazioni che dalla Grecia si riversano sulle coste mediterranee del Sinai.
Secondo i dati del racconto, gli ebrei si imbatterono nelle quaglie dopo la partenza dal Sinai, avvenuta il 23 luglio e prima dell’arrivo ad Hazerot, alla fine di agosto; quindi verso la metà di agosto (data gregoriana). Il posto fu chiamato Kibroot Hattahava (sepolcri dell’ingordigia), per via dei morti avvelenati dalle quaglie che vi furono sepolti. Tutto torna.
Dopo Kibrot Hattahava gli ebrei si spostarono in una località chiamata Hazerot,, seconda tappa del viaggio (Nm. 11,35), che potrebbe identificarsi con Beerot Loz, a una ventina di chilometri da Beer Oded, oppure più probabilmente con Beer Horeshe, ai piedi del monte Hor, a una quarantina di chilometri. Qui una misteriosa malattia di Miryam, sorella di Aronne, li tenne fermi per sette giorni (Nm. 12,15). Quando finalmente ripartirono, doveva essere la fine di agosto o al massimo i primi di settembre.
Dopo una marcia che, come al solito, dobbiamo ritenere non superiore a tre giorni, arrivarono a ... qual è il nome della tappa successiva? In Numeri 12,16 si dice: «il popolo partì da Hazerot e si accampò nel deserto Paran». Pochi versetti dopo si viene a sapere che Giosuè e gli altri esploratori, terminato il loro giro di perlustrazione in Palestina, tornarono presso il campo ebreo «nel deserto Paran, a Cades» (Nm. 12,26); era evidentemente la stessa località da cui erano partiti (Nm. 13,3). In Numeri 33,18, invece, dopo Hazerot viene Ritma. In Deuteronomio 1,19 Mosè dice: «...infine (dopo Hazerot] venimmo a Cades-Barnea». In Numeri 20, 1 e 33,36, si dice che, dopo un lunghissimo giro, un anno prima di attraversare il Giordano, gli Ebrei tornarono a Cades; questa volta, però, nel deserto di Zin, provenendo direttamente da Ezion Gever, sul golfo di Aqaba.
Queste indicazioni si riferiscono evidentemente alla stessa area che ancor oggi conserva il nome di Cades-Barnea (v. fig. 15). Si tratta di un'area abbastanza estesa, compresa fra il monte Hamram, il monte Hor e il Darb elAza, in cui si trovano pozzi e importanti resti di insediamenti dell'età del Bronzo, soprattutto in corrispondenza di Ein Kudeirat e di Ein Cadeis. Le indicazioni della Bibbia sembrano confuse, ma si chiariscono immediatamente se si tiene conto della direzione di provenienza degli Ebrei nelle due occasioni in cui si recarono in questa zona.
La prima volta, quella in esame, provenivano da Har Karkom, passando per Beer Oded e Beerot Loz; avevano quindi risalito la pista fino a Beer Horeshe, per discendere poi lungo lo wadi Cades-Barnea, che sbocca in una vasta piana, compresa fra il Gebel el-Ein e lo wadi Umm Hashim, la quale ancor oggi viene identificata con l'antica Cades-Barnea. Ein Kudeirat, al centro della piana, pertanto, si deve identificare con la Ritma biblica.
La seconda volta che gli Ebrei si recarono in questa area, nell'ultimo anno del loro esilio nel deserto, provenivano direttamente da Ezion Gever (Nm. 33,36); erano quindi risaliti lungo il Darb el-Aza, per cui avevano dovuto imboccare lo wadi Qadeis, che porta ad Ein Qadeis. Quest'ultima si identifica evidentemente con l'omonima Cades biblica di Numeri 33,36, ben distinta da Cades-Barnea, che si trova poco più a nord, oltre lo wadi Umm Hashim.
In conclusione, una volta partiti da Hazeroth, dove si erano fermati per poco più di una settimana, gli ebrei andarono ad accamparsi a Cades, nei pressi della sorgente Kudeirat (Ein Kudeirat), una località che in Numeri 33 viene indicata con il nome di Ritma. Era “la stagione in cui matura l’uva” (Nm. 13,20), quindi la fine di agosto o i primi di settembre. Da qui Mosè inviò Giosuè con altri undici compagni in un giro di perlustrazione della Palestina. La Bibbia dice che Giosuè stette via per “quaranta” giorni. In realtà egli dovette assentarsi per il tempo strettamente necessario a raggiungere Ebron (Nm. 13,22) e ritorno: un paio di settimane al massimo. Tornò al campo portando frutta di stagione: uva, fichi e melagrane (Nm. 13,23). Non c’è dubbio: non poteva essere più tardi della fine di settembre.
[1] Cfr. E. Anati, Har Karkom, Montagna sacra nel deserto dell'Esodo, cit., pp. 21 e 157.
[2] L'incendio di Taverà è un episodio oscuro, su cui la Bibbia non fornisce molti chiarimenti. Si tratta certamente del solito sistema di Mosè per sbarazzarsi di incomodi avversari ; nel testo è specificato che si tratta di un “ fuoco dì Jahweh”, espressione che designa un fuoco provocato da una sostanza incendiaria "magica". L'episodio tradisce il fatto che le cose non filavano del tutto lisce per Mosè e Aronne; evidentemente dopo la partenza dal Monte Sacro si verificò un ulteriore tentativo di rivolta, che Mosè soffocò nel sangue, eliminando come al solito gli avversari.
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