Il primo “giudice” a comparire sulla scena è Othoniel, figlio di Qenaz, fratello di Caleb, che opportuni ritocchi al testo biblico hanno trasformato nel liberatore di Israele dal giogo di Kusan il Terribile. In realtà, come si è visto, Kusan il Terribile deve identificarsi con lo stesso Ghersom, e Othoniel non combatté mai contro il sommo sacerdote di Silo; se il suo nome compare fra i giudici è quasi certamente dovuto al fatto che fu lui a conquistare la città cananea di Qirjat Sefer, guadagnandosi per questo in sposa la figlia dello zio Caleb, Aksa (Gdc. 1.13).
Anche alcuni degli altri cosiddetti “giudici” erano soltanto dei piccoli condottieri a livello tribale, protagonisti di qualche fatto d'arme notevole. Nell’antico Egitto ogni volta che moriva un faraone, i funzionari che si trovavano nelle provincie esterne, come la Palestina, venivano richiamati al centro, insieme ai loro soldati. Era compito del nuovo faraone reinsediarli al loro posto. Le provincie rimanevano così abbandonate a loro stesse per parecchi mesi, ed è durante questi periodi che le popolazioni limitrofe ne approfittavano per effettuare incursioni e razzie.
La Palestina, quindi, ad ogni morte di faraone era soggetta a razzie, soprattutto nelle aree periferiche, e la reazione era normalmente effettuata dalle popolazioni locali, che organizzavano una qualche forza militare ai comandi di un qualche notabile locale. Primi a tentare la sorte furono i moabiti, che, forse alla morte di Ramsess III, compirono una razzia nella valle del Giordano. Furono respinti con gravi perdite da un contingente di efraimiti, agli ordini, pare, di un certo Ehud, beniaminita, che viene indicato come il secondo dei giudici.
Qualche anno dopo, fu la volta dei madianiti a tentare un’incursione nella solita valle del Giordano. Furono respinti da Gedeone, della tribù di Manasse, che aveva ricevuto aiuti anche dalle tribù di Aser, Zabulon, Neftali ed Efraim. Dopo questa vittoria venne offerto a Gedeone il titolo di re di Israele, ma egli rifiutò, dicendo che questa carica competeva a Jahweh, chiaramente alla casa sacerdotale di Silo.
Gedeone viene indicato come il quinto dei giudici. Prima di lui viene citato un certo Samgar, che si guadagna il titolo per aver fatto una strage di Filistei con un pungolo da buoi, e Debora, la quale insieme a Baraq, guida un esercito di Neftali e Zabulon contro Sisara, re della città cananea di Hasor. Quest’ultimo è chiaramente un episodio che rientra nel completamento della conquista dei territori loro assegnati da parte delle singole tribù.
L’ultima incursione del periodo da parte di popolazioni esterne contro gli Israeliti è compiuta dagli ammoniti, che invadono il Galaad e vengono respinti dal galaadita Jefte, l’ultimo dei “giudici” a guadagnarsi questo titolo sul campo di battaglia. L’intera vicenda, tuttavia, si svolge al là del Giordano e interessa solo marginalmente Israele.
I rimanenti cosiddetti “giudici” non compiono alcuna azione militare. L’unico altro personaggio che compie azioni di carattere militare è Achimelec, figlio di Gedeone, che si monta la testa facendosi nominare re di Sichem e muore combattendo contro una città vicina. Ma non viene definito come “giudice”, mentre questo titolo viene conferito ad un certo Tola (il sesto), della tribù di Issacar, e a Abdon (l’undicesimo), dei quali non viene detto nulla. Il settimo giudice, Jair di Galaad, il nono, Ibsan di Betlemme, e il decimo, Elon di Zabulon, sembra invece che siano entrati nelle cronache soltanto perché padri di un numero spropositato di figli e figlie.
Una menzione a parte merita l’ultimo della lista, Sansone, un personaggio violento che sulla base delle sue gesta deve essere classificato più come un bandito che come un soldato, il quale si mette ripetutamente nei guai a causa della sua spiccata predilezione per le donne filistee.
Siamo verso la fine della 21.ma dinastia, intorno al 1080 a.C., quando l’Egitto alle prese con problemi dinastici interni si trova ancora una volta a trascurare le sue provincie palestinesi. Qui due entità politiche sono emerse dominanti, che prive di un controllo superiore, si contendono la supremazia sul paese. Da un lato i filistei, padroni delle fertili pianure occidentali; dall’altro gli Israeliti, che abitano l’interno montagnoso.
Tutta la saga di Sansone riguarda appunto gli attriti che dovevano esistere fra le due comunità. Attriti che alla fine sfociarono in guerra aperta. In tutto questo periodo la famiglia sacerdotale, al sicuro nella sua Silo, si era goduta le rendite ecclesiastiche, praticamente indisturbata. Ma con lo svanire dell’autorità egizia, dovette cominciare ad assumersi responsabilità politiche e militari sempre più gravose.
Il rifiuto di Gedeone a farsi nominare re, sta a significare che la guida politica e militare di Israele era ricaduta sulla famiglia sacerdotale stessa. Nel momento più critico, quando cominciarono le ostilità aperte da parte dei filistei (siamo già ai tempi di Samuele), il sommo sacerdote era Eli. I suoi figli Ofni e Fineas guidarono l’esercito d’Israele contro i filistei, portando sul campo di battaglia quel potente simbolo costituito dall’arca dell’alleanza. Non dette il risultato sperato.
L’esercito israelita venne disperso, Ofni e Fineas uccisi, l’arca catturata. Un messo si precipitò a Silo ad annunciare la disfatta. Non appena Eli udì le tristi nuove, fu preso da un malore, cadde all’indietro, picchiando la testa, e morì sul colpo. Di fronte a tante sventure improvvise, la nuora di Eli, moglie di Fineas, incinta, fu presa prematuramente dalle doglie e morì anch’essa, dando alla luce un figlio, Icabod, alias Achitub, che fu raccolto e portato in salvo da Samuele.
Subito sopraggiunsero i filistei, che rasero al suolo la città ed il tempio e passarono a fil di spada tutti gli abitanti. Fu un rovescio tremendo per la famiglia sacerdotale mosaica, che si ritrovò paurosamente decimata e priva della sua fonte essenziale di potere e sostentamento, il tempio di Silo.
Il primo di una lunga serie che avrebbe caratterizzato la sua storia futura. In quel momento le sorti della famiglia si trovarono ad essere nelle mani di Samuele, che era riuscito a scampare, portandosi appresso il neonato erede, che si era trovato ad essere sommo sacerdote ancora prima di vedere la luce.
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