Con la morte di Seraià e dei grandi del Tempio fu perduto il segreto dell’ubicazione della caverna del tesoro, ma non quello della sua esistenza e del suo contenuto.
Il segreto dell’ubicazione esatta della caverna era stato perduto una prima volta al tempo del sommo sacerdote Eli, titolare del tempio di Siloh. A quel tempo esso veniva quasi certamente trasmesso di padre in figlio, e cioè dal sommo sacerdote al suo primogenito. Nel caso che entrambi morissero contemporaneamente, poteva andare perduto. Questo, infatti, accadde quando i filistei sconfissero ed uccisero in battaglia i due figli di Eli, Ofni e Fineas, ed Eli stesso morì all’annuncio della disfatta.
Il segreto fu recuperato soltanto qualche decennio dopo, al tempo di Davide, quando il sommo sacerdote Zadok fece eseguire ricerche sul monte Horeb da tre sacerdoti della sua casata.
Zadok fu nominato proprietario della caverna dal re Davide (1Cro, 16,39). Molto probabilmente fu lui stesso ad escogitare un ingegnoso sistema per garantire la trasmissione del segreto della sua ubicazione, anche in caso di morte improvvisa del titolare della caverna, senza con questo allargare troppo la cerchia di coloro che ne erano a conoscenza, cosa che avrebbe compromesso la segretezza.
Le informazioni sulla caverna, le sue caratteristiche, i congegni di protezione ed il suo contenuto venivano comunicati per gradi a tutti i sacerdoti a seconda della loro posizione nella gerarchia del tempio, mediante appositi rituali che erano specifici e riservati per ogni livello gerarchico.
Mano a mano che saliva il grado sacerdotale, sempre nuovi particolari venivano aggiunti, fino a che al secondo più alto livello non esisteva più alcun segreto circa la caverna ed i meccanismi che proteggevano il suo ingresso, tranne quello essenziale, e cioè il monte su cui si trovava ed il punto esatto sul monte dove scavare. Queste informazioni finali erano riservate a tre persone soltanto, ai vertici della gerarchia sacerdotale.
In questo modo il numero di persone a conoscenza della caverna era sufficientemente ampio per garantire in ogni caso la trasmissione della maggior parte delle informazioni, ma nessuno di essi era in grado di ritrovarla, perché non possedevano le informazioni essenziali. Fino all’ultimo livello, infatti l’informazione che ricevevano era che il monte fosse quello stesso dove sorgeva il tempio.
Soltanto le tre persone al vertice conoscevano tutto il segreto. Se anche due di esse morivano all’improvviso, la terza poteva molto velocemente metterne a parte altre due persone, perché le informazioni supplementari da trasmettere erano molto limitate. In tal modo la trasmissione del segreto di generazione in generazione era garantita al meglio, senza peraltro comprometterne la “segretezza”.
Il sistema funzionò egregiamente per mezzo millennio, fino a che Nabuccodonosor, uccidendo in un sol colpo i tre grandi del tempio, non interruppe la catena. La carica di sommo sacerdote passò a Giosedec, che essendo ancora un bambino era all’oscuro di tutto.
Nel 539, il figlio di Giosedec, Giosuè, tornò Gerusalemme, insieme ad altri sacerdoti e giudei. Egli cominciò immediatamente a ricostruire il tempio, ma i lavori si trascinarono stancamente per decenni. Molto probabilmente essi dedicarono la maggior parte dei loro sforzi a sgomberare le macerie del tempio di Salomone, alla ricerca dell’ingresso alla caverna del tesoro, che, secondo le informazioni in loro possesso, doveva trovarsi sotto il tempio.
C’è da scommettere che per decenni, forse secoli frugarono in ogni recesso del monte Moriah, il monte di Adonai, scavando gallerie sotto il Sancta Sanctorum, fino a che si dovettero convincere che la caverna si trovava sotto un altro monte, quello di Jahweh, e cioè il monte Horeb. Solo che nessuno a Gerusalemme era in grado di stabilire con esattezza dove si trovasse quel monte ed ogni ricerca nel deserto era loro interdetta.
Ma non le ricerche d’archivio e la raccolta di informazioni tramandate a voce fra i sacerdoti. Al primo rientro a Gerusalemme di Giosuè e della sua famiglia, seguì qualche decennio dopo una vera e propria “ondata” di sacerdoti, al seguito di Esdra. Ben 24 famiglie sacerdotali, che si accordarono per la gestione del tempio e ne risollevarono le sorti ed il prestigio.
Fra essi ci fu chi, fra il terzo ed il secondo secolo a.C. si dedicò con pazienza a rimettere insieme tutte le informazioni disponibili sulla caverna, arrivando anche a stabilire con certezza che si trovava sul monte Horeb. Mise per iscritto i risultati, appena appena mascherati dietro evidenti metafore e trasparenti pseudonimi, inserendo il tutto nell’alveo di una vasta produzione letteraria che in quel periodo produsse fantastiche ricostruzioni della vita dei principali personaggi biblici, a partire da Adamo ed Eva.
Qualche secolo dopo questa letteratura fu ripresa ed utilizzata da Efrem il siriaco (morto nel 376 d.C.), un cristiano che intendeva ricostruire le genealogie da Adamo fino a Gesù. Intitolò la sua opera con il significativo nome di “Apocalisse di Mosè”.
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