Le informazioni che la Bibbia fornisce in merito all’identità di Abramo non collimano con l'idea classica del beduino senza arte né parte, costretto a girovagare alla perenne ricerca di pascoli per il suo misero gregge di capre. Sulla base delle indicazioni della Genesi, infatti, Abramo risulta essere figlio di un qualche grande principe mesopotamico, venuto a stabilirsi in territorio soggetto all'impero egizio perché allettato dalle promesse di un faraone e divenuto infine un ricco possidente di bestiame.
Rimane aperto l'interrogativo circa i motivi che hanno indotto Abramo a partire da Harran. La spiegazione fornita da Genesi in 12,1, e ribadita più volte in seguito, non lascia adito ad alcun dubbio: "Elohim disse ad Abramo 'Lascia la tua terra, la tua gente, la famiglia di tuo padre, e va nella terra che io ti indicherò. Farò di te un popolo numeroso, una grande nazione. Il tuo nome diventerà famoso. Ti benedirò. Sarai fonte di benedizione. Farò del bene a chi te ne farà. Maledirò chi ti farà del male'. Allora Abramo partì da Harran.”
Ma allora, chi era in realtà Abramo? E chi era questo Elohim? Evidentemente un sovrano-dio, ma chi precisamente? E perché gli fece quelle promesse? E che cosa gli promise in pratica? Per rispondere a questi interrogativi dobbiamo ovviamente analizzare la situazione politica e gli avvenimenti storici del periodo in questione. Cominciamo con lo stabilire, sempre sulla base delle indicazioni fornite dalla Genesi, integrate ora dalle conoscenze storiche sull'area e l'epoca in esame, a quale "nazionalità" appartenessero Abramo e la sua famiglia e quale posizione o rango sociale occupasse tale famiglia nel paese d'origine.
La gente comune non ha passato né antenati universalmente noti; da che mondo è mondo gli alberi genealogici vengono compilati soltanto per le grandi famiglie nobiliari. Tare, padre di Abramo, discendeva in linea diretta nientemeno che da Noè. E i frondosi rami dell'albero genealogico cui appartiene annovera capostipiti e capi di tutti i popoli del Medio Oriente. Stando al testo, quindi, Tare doveva essere il capo di un grande casato di antica nobiltà. Ma era un semplice nobiluccio di provincia o un grande sovrano? Anche in merito a questo interrogativo la Genesi offre indicazioni sufficienti per dare una risposta ragionevolmente fondata.
Sappiamo che ad un certo punto della sua vita Tare lasciò la propria città natale, Nahor, insieme al figlio Abramo, a Sara e al nipote Lot, e si recò a Harran, dove pare si sia stabilito, almeno per qualche tempo. Suo figlio primogenito Nahor non lo seguì, ma rimase nell'omonima città, dove sposò la figlia di suo fratello Haran, Milcà; è questo un costume tipico, se non esclusivo, delle famiglie regnanti dell'area mediorientale in quell'epoca. Da Milcà gli nacquero otto figli, l'ultimo dei quali Betuel, risiedeva ancora a Nahor quando il servo di Abramo vi si recò per cercare una moglie di rango adeguato per Isacco (Gn. 24,10).
Quando, però, pochi decenni dopo, Giacobbe tornò in Mesopotamia, anch'egli per prendere moglie (Gn. 27,43 ss.), ritroviamo Labano, primogenito di Betuel, insediato a Harran e possessore di grandi armenti e greggi, che pascolavano in tutto il Paddam Aram, di servi e soldati, con una efficiente rete di informatori e la libertà di disporre a suo piacere del paese. Sulla base di quanto sappiamo degli usi e costumi degli abitanti di Harran nel XV secolo a.C. (1), possiamo dedurre con certezza che Labano era "signore" di Harran.
Harran era allora una provincia dell'impero di Mitanni. Se Betuel, ottavo figlio di Nahor aveva avuto in feudo una provincia importante come questa, significa che suo padre era un personaggio molto potente. Certamente era signore per lo meno di Nahor e Harran, ma dobbiamo presumere che lo fosse anche di altre importanti provincie, perché prima di infeudare Betuel, doveva aver sistemato in modo adeguato anche gli altri sette figli maggiori. E indubbiamente aveva ereditato queste sue proprietà dal padre Tare.
Tare, pertanto, risulta essere signore per lo meno dei territori indicati dalla Genesi coi nomi di Arram Naharaym e Paddam Arran. Egli, in conclusione, era un grande sovrano mesopotamico. Poiché l'epoca in cui visse è stata da noi determinata, sempre sulla base degli elementi forniti dalla Bibbia, con una approssimazione di pochi lustri, non dovrebbe esserci alcuna difficoltà ad individuare il personaggio storico a cui corrisponde.
Cominciamo con l'inquadrare, da un punto di vista storico-politico, l'area di Nahor e Harran in quel periodo. Fin dall'inizio del II millennio a.C., popolazioni urrite provenienti dall'Iran nord-occidentale avevano invaso l'Armenia e la Mesopotamia settentrionale, dove avevano formato un mosaico di staterelli di tipo feudale. In base ad alcuni testi ittiti si desume che intorno al 1640 esisteva nella Mesopotamia un regno urrita che doveva comprendere anche l'Asia minore orientale. Nulla sappiamo, invece, delle vicende di questo stato nei successivi cento anni.
A quanto pare in questo periodo, e comunque prima del 1500, nella maggior parte degli stati urriti si impadronirono del potere gruppi nobiliari di stirpe ariana (2). Il primo stato ario di cui si abbia notizia è il regno di Mitanni, o Maitani, nella Mesopotamia settentrionale (ca.1530-1350 a.C.). Mitanni era anche il nome degli arii che rappresentavano il ceto dirigente delle popolazioni urrite. Il regno (o sarebbe più appropriato chiamarlo impero) Mitanni si estendeva dalle pendici dei monti Zagros, nel Kurdistan, fino al Mediterraneo. A sud si spingeva fino a Babilonia, che, pur non risultando parte integrante dell'impero, ne subì certamente l’influenza per un certo periodo.
Il primo sovrano mitanni conosciuto fu un certo Barattarna, citato in un documento che si riferisce al 1500 a.C. circa. Una decina di anni prima Barattarna era stato sconfitto dal faraone Tutmosi I, che aveva conquistato la Siria e aveva effettuato una incursione in profondità nel territorio Mitanni (che gli egizi chiamavano Naharin), devastando il paese al di là dell'Eufrate e uccidendo un gran numero di nemici. Ritornato in Siria, Tutmosi I innalzò una stele a Karkemish, sulla sponda dell'Eufrate, stabilendovi il confine fra i due imperi.
Le conquiste di Tutmosi I furono effimere. I suoi successori, Tutmosi II e la moglie di quest'ultimo Asepsowe, che per ventidue anni governò in luogo del figliastro Tutmosi III, si disinteressarono della Siria, che tornò rapidamente nell'orbita dell'impero mitanni, grazie all'azione del più grande dei suoi sovrani, Saushsha-Tar, succeduto al padre Barattarna agli inizi del XV secolo. Alla morte di Hasepsowe, Tutmosi III riprese la politica asiatica del nonno, con l'intento di riportare i confini dell'impero egizio all'estensione raggiunta sotto di lui. Egli si alleò con il re ittita Tutkalyiash e iniziò una lunga guerra contro Saushsha-Tar, che fu ripetutamente sconfitto. Infine, Tutmosi III, come a suo tempo il nonno, oltrepassò l'Eufrate e mise a ferro e fuoco la regione di Harran (3). Sulla via del ritorno, innalzò a sua volta una stele confinaria a Karkemish, accanto a quella innalzata dal nonno (4). Siamo così arrivati intorno al 1470 a.C., più o meno l'epoca in cui, secondo i calcoli effettuati nella prima parte, Abramo lasciava Harran per recarsi in Palestina.
Torniamo a Saushsha-Tar e Tare, padre di Abramo. A quanto si è visto hanno in comune parecchie cose: sono vissuti negli stessi anni; nati nello stesso paese, l'Urartu meridionale; entrambi regnarono su un vasto impero che comprendeva Nahor e Harran; entrambi possedevano grandi quantità di bestiame che i loro servi facevano pascolare nella pianura; entrambi avevano relazioni con l'Egitto (Abramo, figlio di Tare, infatti, si recò in territorio soggetto all'impero egizio); rispettavano entrambi le stesse leggi e consuetudini (5); avevano persino lo stesso nome, perché Saushsha-Tar significa quasi certamente qualcosa come il gran re
o il re dei re
Tar (è interessante notare che in persiano l'imperatore viene definito "sha-in-sha", il re dei re). Non è un'ipotesi eccessivamente ardita supporre che si tratti della stessa persona.
(1) La struttura feudale del regno fu in gran parte determinata dall'influenza dei costumi arii: il territorio fu suddiviso tra le famiglie nobiliari a titolo di feudo inalienabile (...) l'armamento e il mantenimento dell'esercito, l'amministrazione dei beni della famiglia reale, con le loro immense mandrie e gli edifici pubblici richiedevano una gerarchia di abili e ben addestrati funzionari (...) Sul luogo delle proprietà fondiarie la contabilità era più semplice: come in Israele, si usava il sistema delle pietre da conta non scritte: si ponevano dei recipienti di argilla, destinati ciascuno a un determinato gruppo di animali, e vi si introduceva una pietra per ogni capo di bestiame” (W. VON SODEN, Il Medio Oriente nell'Evo Antico, in “I Propilei”, Mondadori, Milano 1973, vol. II, pp. 40 ss.).
(2) Da notare che questa invasione ariana è più o meno coeva della calata dei Dori, ariani, in Grecia. E’ possibile, quindi, che l’invasione dell’Urartu e della Grecia facesse parte di una medesima fase espansiva ariana, operata da popolazioni del medesimo ceppo. Questo sembrerebbe trovare conferma nelle parole che il re di Sparta Areo (sicuramente ariano) scrisse al sommo sacerdote giudaico Onia (1Mac.12,7; 12,20):
Areo, re degli spartani, a Onia sommo sacerdote, salute. Si è trovato in una scrittura, riguardante gli spartani e i giudei, che essi sono fratelli e discendono dalla stirpe di Abramo.
(3) Dalla stele di Ermonti: - Tutmosi III fece strage di 120 elefanti nel paese di Niy, mentre ritornava da Naharin e aveva attraversato il Fiume Grande che scorre all'incontrario (l'Eufrate) e aveva soggiogato le città delle sue due sponde, avendole bruciate col fuoco per l'eternità
(4) Dagli Annali di Karnak: Sua maestà Tutmosi III innalzò una stele sulla riva orientale di questo fiume (l'Eufrate); ne innalzò un'altra a fianco di quella innalzata da suo padre, il re dell'Alto e Basso Egitto, Okheperkere (Tutmosi I).
(5) I documenti scoperti nell'archivio di Nuzi, città urrita dei mitanni, rivelano una straordinaria consonanza con le usanze dei patriarchi contenute nei testi biblici. Tre esempi possono illustrarlo:
- Abramo si lamenta che morirà senza figlie e un certo Eliezer sarà suo erede (Gn. 15,2)
. Dalle tavole di Nuzi risulta che era usanza che una coppia senza prole adottasse un figlio, che entrava in possesso dell'eredità.
Ciò poteva essere revocato se si presentava un erede del sangue.
- Se un matrimonio era senza discendenza, la donna doveva procurare all'uomo un'altra moglie,
proprio come fecero Sara e Rachele.
- Rachele portò via i terafim
di suo padre Labano (Gn. 31,19)
, che mosse cielo e terra pur di riaverli. Le tavole di Nuzi ce ne spiegano la ragione;
chi entrava in possesso di questi idoli tutelari, aveva diritto anche all'eredità .
Anche l'economia ricorda quella illustrata nella Genesi. Re e principi di Mitanni erano possessori di immense mandrie e greggi, che i loro servi provvedevano a far pascolare nel paese; proprio come Labano e Giacobbe.