Quando iniziai a ricostruire il tempio-tenda di Mosè sulla base della descrizione di Esodo non mi posi il problema delle unità di misura impiegate dal progettista. Per questo manufatto la Bibbia riporta soltanto quattro unità di misura: una delle lunghezze, il cubito, che dà le dimensioni di tutti gli oggetti; le altre tre per i pesi, il “kikkar”, che tutti i testi traducono con “talento”, il “siclo del santuario” o shekel (la moneta corrente in Israele) e infine la “ghera”, che valeva un ventesimo di siclo.
Mi limitai a costruire un modello in scala di un centimetro per ogni cubito. Quanto ai pesi, si trattava di un problema non rilevante ai fini della costruzione del modello.
In seguito, però, quando cominciai a voler tradurre in metri e chilogrammi le dimensioni del manufatto originale, mi resi conto subito che c’era qualcosa di macroscopicamente errato nelle dimensioni che vengono tradizionalmente attribuite a queste unità di misura.
Cominciamo con le dimensioni. Il Tabernacolo misurava 50 cubiti di larghezza per 100 di lunghezza, ai quali vanno aggiunti altri 100 cubiti per il cortile antistante. Le indicazioni date fornite dalla Bibbia non ammettono dubbi a questo proposito e tutta la struttura del tempio risulta perfettamente proporzionata con queste misure.
Seri dubbi, invece, cominciarono a sorgermi quando cominciai a ricercare nella letteratura quale fosse la lunghezza effettiva del cubito. Trovai varie misure, comprese fra i 44 cm. per il cosiddetto “cubito di Mosè”, fino ai 52,5 cm per il cubito di Ezechiele, detto anche “cubito del tempio”, fra l’altro coincidente con il “cubito reale” egizio, che costituisce l’unità di misura delle piramidi.
Mi orientai immediatamente per la misura inferiore; ma il manufatto continuava ad apparirmi eccessivamente grande per una tenda che doveva essere montata nel deserto e trasportata lungo piste accidentate, e per l’uso cui era destinato. Soprattutto l’altezza, 10 cubiti, e cioè almeno 4,5 metri al centro e 5 cubiti, vale a dire 2,20 metri, al bordo esterno, mi sembravano del tutto ingiustificati.
Come ingiustificata mi pareva
l’altezza della tenda che delimitava il cortile (5 cubiti, pari a 220
centimetri almeno), la cui funzione doveva essere semplicemente quella di
delimitarlo . Per non parlare dei tre cubiti (quasi un metro e mezzo) di
altezza dell'altare dei sacrifici, su cui dovevano essere arrostite le vittime
dei sacrifici, che avrebbero reso alquanto problematiche le operazioni dei
sacerdoti addetti.
Infine, anche l’impiego dei materiali per una costruzione di quelle dimensioni
appariva uno spreco assurdo, specie per quei tempi e in quelle condizioni, e i
pesi risultavano eccessivi in relazione al maneggio e ai mezzi di trasporto
impiegati.
Ma non avevo elementi per giudicare altrimenti, per cui dovetti convivere a lungo con i miei dubbi e perplessità. Mi confortava il fatto che mio fratello Claudio, visitando il foro romano della città libica di Leptis Magna, aveva trovato una targa dove erano riportate le misure di alcuni tipi di cubiti che dovevano servire di riferimento per i venditori del locale mercato, fra cui la più corta di una trentina di centimetri; proprio quella che tornava a pennello per il tempio-tenda originale.
La misura del cubito nel foro romano di Leptis Magna (Libia)
Ma si trattava di misure posteriori all’epoca di Mosè di oltre un millennio e per di più ero intimidito di fronte all’autorevolezza e alla unanimità delle fonti letterarie consultate. Restai coi miei dubbi fino a che non fui in grado di rilevare le misure esatte del manufatto originale sulla stessa impronta che aveva lasciato sul terreno ad Har Karkom.
Il lato posteriore dell’impronta del
tempio-tenda ad Har Karkom
misura esattamente 14,60 metri (50 cubiti di Mosè)
Da questa risultava senza ombra di dubbio che il l’unità di misura impiegata da Mosè per la costruzione del tempio e degli oggetti collegati misurava esattamente 29,2 centimetri, dal momento che il lato corto della tenda era largo 14,60 metri. Stesso ordine di grandezza del cubito riportato nel foro di Leptis Magna.
A questo punto tutto il complesso del tempio-tenda e gli oggetti ad esso collegati venivano ad assumere dimensioni ragionevoli e adeguate allo scopo.
Ebbi la soddisfazione di avere una conferma da un personaggio israeliano autorevole, il Dr Amnon Nahmias, funzionario dell’Ente Parchi Naturali di Israele. Una sera, conversando di fronte al fuoco di un bivacco, ai piedi di Har Karkom, mi venne fatto di accennare all’impronta del tempio-tenda. Mi chiese soltanto una cosa: quali fossero le misure che avevo riscontrato.
Piuttosto imbarazzato, gli confessai che la misura per il cubito da me trovata non corrispondeva a quella tradizionale di 44 cm. o più, ma si fermava a poco meno di 30. Mi aspettavo un sorrisetto di scherno, invece mi guardò sorpreso ed esclamò: “Mi basta questo, mi hai convinto! Questa è la misura che viene insegnata ai bambini nelle scuole israeliane: non la distanza fra il gomito e la punta del mignolo, ma quella fra la base del pollice e il gomito.”
Ero sbalordito. Fino ad allora avevo pensato che le misure del tempio-tenda non fossero espresse in cubiti, ma in “piedi”. Ora invece ero certo che si trattava di cubiti e avevo capito come venivano misurate allora le lunghezze, in mancanza di metri campione: per ottenere una lunghezza di 50 cubiti bastava arrotolare per 25 volte uno spago tra il gomito e l’incavo fra il pollice e l’indice e … voilà i 50 cubiti!
In Es. 35, 25 e 37, 12 viene anche introdotta la misura di lunghezza del “palmo” (Le farai attorno una cornice di un palmo e farai un bordo d'oro per la cornice), sicuramente un sottomultiplo del cubito. Il cubito nel foro di Leptis Magna è diviso in quattro parti, per cui possiamo presumere che anche quello di Mosè fosse diviso allo stesso modo. Il “palmo”, quindi, doveva essere una misura di poco superiore a 7,5 centimetri, vale a dire la larghezza di un palmo di mano alla base delle 4 dita.
Per avere la conferma definitiva che il progetto del Tabernacolo descritto da Esodo fosse realistico, dovevo calcolare i pesi di ogni singolo oggetto e valutare se fossero realistici e compatibili con le esigenze di maneggio e trasporto.
In Esodo 38, 24-29 vengono elencati tutti i materiali metallici impiegati, oro, argento e rame, fornendo il peso esatto di ciascuno. Le unità di misura impiegate sono il “kikkar”, che il testo traduce in “talento”, ed il “sheqel”, il “siclo del santuario”, che viene sempre specificato fosse equivalente a 20 “ghere”, anche se per nessun oggetto viene indicato il peso in ghere. Viene inoltre riportato il termine per definire il mezzo siclo: “bekah”.
Cercai nella letteratura quale fosse il peso reale del talento e mi trovai subito di fronte a una cifra sbalorditiva. La maggioranza degli autori, infatti, attribuisce al talento un peso compreso tra 28,5 e 34 kg. Con quelle cifre le quantità di metalli che gli ebrei avrebbero dovuto portare dall’Egitto erano del tutto spropositate: soltanto per fondere le 96 basette dei puntali di sostegno del tabernacolo sarebbero state necessarie più di tre tonnellate d’argento. Una quantità assurda.
Ricordavo che fin dai tempi scolastici, leggendo nel Vangelo la parabola di quel padrone che se ne va in viaggio, affidando ai suoi servi rispettivamente 5, 2 e 1 talento d’oro (Matteo 25, 14-30), la misura attribuita a questa unità mi era sembrata davvero esagerata. Immaginavo incredulo i due primi servi andare in giro per mercati, curvi sotto il peso rispettivamente di 170 e 70 chili d’oro, cercando di mettere a frutto quella enorme quantità di denaro. Quantità che mi appariva tanto più spropositata, pensando alla riverenza e cura con cui le mie nonne e mia madre conservavano il loro tesori, costituiti da pochi grammi di collane e bracciali d’oro.
Allora pensavo che la parabola esagerasse volutamente, per trasmettere con maggior efficacia il suo messaggio morale. Ma davanti alle cifre di Esodo, mi convinsi invece che doveva esserci un madornale errore di valutazione del valore da attribuirsi al talento. Scoprii con soddisfazione che non ero il solo a pensarlo; anche studiosi della Bibbia di fama internazionale erano del parere che il talento rappresentasse una quantità molto inferiore.
Cercai di
scoprire chi per primo avesse stabilito la grandezza di quell’unità di misura,
su quali elementi si fosse basato e come mai fosse stato seguito bovinamente
dagli esegeti successivi. Trovai la risposta non nella letteratura, ma nel
testo biblico stesso: in Esodo 38,25 si dice che “l’argento
raccolto, in occasione del censimento della comunità, pesava cento talenti e
1775 sicli, i sicli del santuario, cioè un bekah a testa, vale a dire mezzo
siclo per ciascuno di coloro che furono sottoposti al censimento, dai venti
anni in su. Erano 603.550.”
Da questo conteggio si deduce che un talento doveva contenere 3.000 sicli del santuario e poiché un siclo del santuario corrispondeva ad un peso compreso fra 9,5 e 11,4 grammi, il kikkar, alias talento, doveva pesare tra 28,5 e 34,2 kg. Ineccepibile; solo che le indicazioni fornite da quel passo sono errate.
L’argento in questione non c’entrava per niente con il censimento, essendo stato raccolto molto tempo prima, proprio per essere utilizzato nella costruzione del tempio-tenda; e il numero 603.550 era il frutto di un conteggio errato, effettuato da un copista vissuto diversi secoli dopo i fatti in questione, come ho dimostrato nell’analisi circa il numero degli ebrei dell’esodo.
A rinforzare la
convinzione dei sostenitori del talento da trenta chili, però, ci sono anche i
dati riportati in Esodo 38,21-30: “Tutto l’oro
impiegato per il lavoro, in tutta la costruzione del santuario, fu di 29
talenti e 730 sicli … l’argento fu di 100 talenti e 1775 sicli .. il rame di
70 talenti e 2400 sicli”.
Il fatto che la
quantità dei sicli non superi mai le 3000 unità sembrerebbe confermare che il talento
sia composto appunto da 3.000 sicli.
Ma proprio l’esame di queste cifre mi convinse del contrario. Se così fosse, le quantità dei metalli misurate in sicli sarebbero del tutto trascurabili rispetto a quelle misurate in talenti, mentre dal racconto risulta che erano dello stesso ordine di grandezza. Le due quantità, quelle espresse in talenti e quelle in sicli, si riferiscono infatti a metalli usati per scopi diversi.
Ad esempio, i 100 talenti d’argento sono quelli impiegati per la costruzione delle basi dei 48 puntali e delle 4 colonnine che sorreggevano il velo. I rimanenti 1.775 sicli servirono per fondere gli “uncini, il rivestimento della cima e le aste trasversali” (Es.38,17-19) delle 60 colonnine del cortile. Il rapporto di 1 a 200 fra le due quantità di metalli, quindi, non è sostenibile.
Stesso discorso vale per il rame: 70 kikkar vennero impiegati per la fusione delle basi delle 60 colonnine del cortile (1 kikkar per colonnina) e delle 5 colonne dell’ingresso (2 kikkar per colonna). I rimanenti 2.400 sicli servirono per la costruzione del bacile e del suo supporto, il rivestimento dell’altare dei sacrifici, la costruzione della graticola e di tutti gli utensili e accessori vari, pentole, palette, catini, forcelle, bracieri, il rivestimento delle stanghe e così via (Es. 27, 1-6).
A togliere ogni dubbio, poi, ci sono alcuni passi nella Bibbia da cui risulta con certezza che il peso del talento era dell’ordine dei chilogrammi, non delle decine di chilogrammi. Ad esempio in 2 Re 5,23 si legge che Naaman “legò due talenti d’argento in due borse, con due mute di vesti e li diede a due suoi servitori affinché li portassero dinanzi a lui.” 30 chili non era un fardello che potesse essere trasportato per lunghi percorsi. Ma più significativi ancora sono i versetti 2 Sam. 12, 30 e 1 Cro. 20, 2, dove si afferma che “Davide tolse dalla testa di Milcom la corona, che pesava un talento d'oro”. Una corona di 30 chili? Impossibile!
A questo punto avevo la certezza che il rapporto 1 kikkar = 3000 sicli era sbagliato, almeno per le misure riportate nel Pentateuco. Un rapporto di 1 a 300 mi pareva assai più in sintonia con i dati del racconto. A conforto di questa mia valutazione c’è un versetto del Nuovo Testamento (Mt. 18,24) , che stabilisce il valore del talento in 6.000 denari, dove il denaro è una unità dello stesso ordine di grandezza della ghera. Appare ragionevole, quindi, ritenere che un talento corrispondesse a 6.000 ghere, pari quindi a 300 sicli e cioè a un peso compreso fra 2,8 e 3,4 chilogrammi.
Non avevo conferme assolute di questa mia valutazione, ma in ogni caso ero certo che utilizzando questa misura avrei ottenuto pesi molto più vicini al vero che non nel primo caso.
E infatti, con questo valore le quantità di oro, argento e rame impiegate nella costruzione del tempio-tenda risultano rispettivamente di 90-107, 300-360 e 210-265 chilogrammi, per un totale di 600-730 kg.
A questo punto, stabilito il valore delle unità di misura delle lunghezze e dei pesi diventa possibile valutare con sufficiente approssimazione sia il tipo sia la quantità e il peso dei materiali impiegati nella costruzione del tempio-tenda. Essi dovevano essere compatibili con i mezzi a disposizione per il loro maneggio e trasporto.
In figura sono riportati tutti i componenti del Tabernacolo, che sono elencati di seguito con le rispettive misure:
- 10 teli ricamati da 28 x 4 cubiti (8,18 x 1,17 metri) – Totale: 1120 cubiti quadrati, pari a 95,5 metri quadrati
- 8 teli da 30 x 5 cubiti (presumibili) per il cortile (8,76 x 1,46 metri) – Totale: 1500 cubiti quadrati, pari a 123,5 metri quadrati
- tenda ricamata per il Santissimo (Velo): presumibile 50 x 5 cubiti (14,6 x 1.46 metri) - Totale 250 cubiti quadrati, pari a 20,6 metri quadrati
- tenda ricamata ingresso Tabernacolo: 40 x 10 cubiti ( 11,70 x 2,92 metri)– Totale 400 cubiti quadrati, pari a 33 metri quadrati
- tenda ricamata ingresso cortile: 20 x 5 cubiti (5,84 x 1,17 metri) – Totale 100 cubiti quadrati, pari a 6,82 metri quadrati.
In totale 2970 cubiti quadrati, la maggior parte ricamati, pari a 253 metri quadrati
- 11 teli da 30 x 4 cubiti ((8,76 x 1,17 metri) – Totale: 1320 cubiti quadrati pari a 112,7 metri quadrati
Si è calcolato in almeno 5.300 cubiti quadrati la superficie totale della copertura del Tabernacolo, pari a circa 450 metri quadrati.
Per la confezione dell’intera copertura devono essere state impiegate dalle 200 alle 300 pelli. Possono sembrare molte, ma a conti fatti si tratta di meno di venti pelli per ogni tribù; una inezia dal momento che ogni famiglia doveva possederne parecchie per gli usi domestici.
Il problema, però, non è il numero delle pelli, ma il loro peso. Se una pelle ben tesa e asciutta può avere un peso contenuto, che in totale poteva essere forse di un paio di centinaia di chili, con l’umidità della notte e sotto la pioggia assorbe molta acqua, per cui il suo peso può diventare eccessivo.
La pelle di montone non è
certo adatta per confezionare la copertura di una tenda mobile e non viene mai
usata a questo scopo dalle popolazioni nomadi del Sahara e dell’Arabia, che
usano materiali e tecniche di copertura antichissimi, estremamente funzionali e
ben collaudati.
Esaminando
la copertura di una tenda beduina si arriva finalmente a capire il vero senso
della succinta descrizione di Esodo e quindi a capire com’era fatta la
copertura del Tabernacolo, la cui tecnologia era certamente derivata da quella
dei nomadi della regione.
Il beduino chiama la tenda beit sha’r, e cioè “dimora, capanna o casa di pelo”. In pratica è costituita da una grande telone di copertura, la struttura portante costituita da un certo numero di puntali di legno, teli laterali che vengono appesi alla copertura e delimitano gli spazi interni, e il sistema di ancoraggio costituito da larghe fasce che vengono stese al di sopra della copertura, in senso trasversale.
La stoffa della tenda è forte e ruvida, fatta di lana pettinata o grezza, tessuta con pelo di capra o spesso anche con un misto di pelo di capra e pelo di montone colorato, che conferisce al telo un colore diverso dal nero.
I teli vengono giuntati per lungo e possono essere lunghi anche 30 metri o più. Essi vengono ancorati a terra alle estremità. Al di sopra del grande telone si dispongono in senso trasversale, a intervalli regolari, delle fasce resistenti e non elastiche, che vengono ben tesate e ancorate a terra, come nella seguente figura, rendendo la struttura in grado di resistere alle intemperie del deserto.
La maggioranza delle tradizioni descrive succintamente la copertura del Tabernacolo con la frase: “Farai per la tenda una copertura di pelli di montone tinte di rosso e una copertura di pelli di takash al di sopra”. Il significato delle parole “pelli di montone e pelli di takash” è incerto e alquanto controverso; ma se confrontato con il modello di tenda beduina di cui sopra si chiarisce immediatamente.
Mentre le pareti esterne del tabernacolo erano tessute soltanto con pelo di capra, quelli della copertura erano tessuti con un misto di pelo di capra e di pelo di montone colorato di rosso.
Le fasce di ancoraggio poste al di sopra della copertura erano fatte con “pelli di takash”. La loro funzione è chiara; molto meno il come e di che materiale fossero fatte. Di certo doveva essere un materiale molto resistente e non elastico. Potevano essere strisce di tessuto analogo a quello della copertura, ma molto più spesso e resistente, o strisce di cuoio.
Al termine di ogni fascia di tensione c’era un’apposita tasca in cui veniva infilato un paletto, fissato a terra mediante tiranti e picchetti, come nelle illustrazioni seguenti.
Il peso totale della copertura del Tabernacolo, come su descritta, era certamente inferiore a 200 chili, compresi le fasce di tensione, i paletti, le corde e i picchetti.
Con le misure indicate come probabili si ha:
- 48 puntali di sostegno, costituiti ciascuno da un paio di travetti di circa 3 metri e una sezione di 5 o 6 cm. , con almeno due traverse di pari sezione
- 15 sbarre di collegamento. Dovevano avere una lunghezza di circa tre metri e una sezione di 5 o 6 cm.
- 64 colonnine del cortile. Erano paletti di circa 1,5 metri di altezza per 5 o 6 cm di diametro
- 5 colonne ingresso Tabernacolo. Dovevano essere alte circa 3 metri con diametro forse di 8-10 cm
- l'arca , i tavoli dei pani e dell’incenso e l’altare degli olocausti erano costruiti con tavole piene
In totale si può calcolare una quantità di legno di circa 1 metro cubo per i puntali e le sbarre di collegamento e circa 0,7 metri cubi per il resto, comprese le stanghe per il trasporto; diciamo 2 metri cubi, per fare cifra tonda. Poiché il peso specifico del legno di acacia varia tra 0,58 e 0,86 kg per decimetro cubo, il tutto veniva a pesare circa una quindicina di quintali (sempre per fare cifra tonda).
Totale impiegato: 29 talenti e 730 sicli (Es. 38,24), così ripartiti:
- 150
sicli per ciascun puntale
48 x 150 = 7200
- 100 sicli per ciascuna colonna ingresso 5 x 100
= 500
- 75 sicli per ogni colonnina Santissimo 4 x
75 = 300
- 40 sicli per sbarra di collegamento 15
x 40 = 600
- sicli per il candelabro a sette braccia
300
- sicli per l'arca dell'alleanza
300
- sicli per il tavolo delle offerte
dei pani 150
- sicli per il tavolino dell'incenso
80
In totale 9.430 sicli e cioè un peso compreso fra 89,5 e 107,5 chilogrammi .
Totale impiegato: 100 kikkar e 1775 sicli (Es. 38,27), così ripartiti:
- 1 kk per ciascun piedistallo dei puntali 96
x 300 = 28.800 sicli
- 1 kk per ciascuna colonnina de] Santissimo 4
x 300 = 1.200 sicli
- 25 sicli per ciascuna delle 50 colonnine del
cortile 50 x 25 = 1.250 sicli
- 50 sicli per le quattro colonnine dell'ingresso
del cortile e le sei dell'ingresso del sagrato 10 x 50
= 500 sicli
In totale 31.750 sicli, cioè un peso compreso fra 302 e 360 chilogrammi .
Totale impiegato: 70 kikkar e 2400 sicli (Es. 38,29), così ripartiti:
- 1 kk per ciascuna colonnina del cortile 60
x 300 = 18.000 sicli
- 2 kk per ciascuna colonna dell'ingresso 10
x 300 = 3.000 sicli
- 3 kk per il bacile e il suo supporto 3
x 300 = 900 sicli
- 2 kk per la graticola
3 x 300 = 600 sicli
- 1 kk per i rivestimenti dell'altare
1 x 300 = 300 sicli
- 2 kk per utensili e accessori vari
2 x 300 = 600 sicli
In totale 23.400 sicli, e cioè un peso compreso fra 223 e 265 chilogrammi
Vedi :
Piani costruttivi del Tabernacolo
Arredi e utensili del Tabernacolo
Montaggio e trasporto del Tabernacolo
L'impronta del Tabernacolo ad Har Karkom
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