Nel Vecchio Testamento troviamo menzionata per la prima volta l’esistenza di veri e propri simboli araldici associati a singoli individui e alle loro famiglie: “Ogni uomo dei figli di Israele deve innalzare il suo proprio stendardo, con l’insegna della casa di suo padre ... e i figli di Israele innalzarono le proprie insegne e così si incamminarono, ognuno con le proprie famiglie, secondo le case dei loro padri.” (Num. 2, 2 e 34). Testimonianza certa che ogni famiglia di Israele aveva la sua insegna araldica, fin dai tempi di Mosè.
E’ da ritenersi certo, quindi, che ognuna delle 24 famiglie sacerdotali, entrate nell’accordo patrocinato da Esdra al rientro dall’esilio babilonese, possedeva una propria insegna che la distingueva dalle altre. Altrettanto certo è da ritenere che ognuna delle famiglie che entrarono nell’organizzazione mitraica creata a Roma da Giuseppe Flavio conservò i simboli che la contraddistingueva.
Questi simboli, visto il loro significato ed il carattere conservatore di chi li deteneva, devono essere rimasti sempre in uso nelle famiglie sacerdotali e dovevano essere impiegati per riconoscersi l’una con l’altra attraverso l’impero, consentendo anche di sapere immediatamente il “rango” occupato da ciascuna famiglia nella gerarchia dell’organizzazione.
Cominciamo allora ad esplorare la miniera delle simbologie familiari giudaiche, dapprima cercando di prevedere, sulla base delle testimonianze archeologiche e storiche, quali dovessero essere i principali simboli in uso al tempo del regno di Giuda e poi andando a verificare un campione di simboli di famiglie ebraiche.
“Un giovane leone è Giuda: …si rannicchia, si accovaccia come un leone e come una leonessa; chi lo può disturbare? (Gn. 49, 9).” Sono le parole con cui Giacobbe benedice il suo terzogenito Giuda, nell’atto di conferirgli il diritto di primogenitura. Da allora il leone è sempre stato il simbolo della famiglia di Giuda e dei re, che successivamente governarono su Gerusalemme, a cominciare da Davide.
Il leone, quindi, è il primo e più sicuro simbolo di origine giudaica e lo ritroviamo frequentemente in monete e sigilli del regno di Giuda. Non poteva non essere impiegato da famiglie sacerdotali che di quel regno costituivano la classe aristocratica.
Sigillo giudaico dell’epoca persiana (a sinistra) Al centro e a destra: Il leone di Giuda è l’emblema della città stessa di Gerusalemme, che compare perfino nei coperchi degli scarichi della città (foto dell’autore) –
Sempre risalenti a Davide ed in qualche modo legati al culto esercitato nel tempio di Gerusalemme sono i simboli dell’arpa, del sistro e del cembalo, gli strumenti che il re fece suonare davanti all’arca di Dio (1 Cr. 25,1 seg). Esdra aveva ripristinato l’uso di far suonare “gli strumenti musicali di Davide” (Neemia 12, 27-43) a gruppi specializzati di sacerdoti. E’ verosimile, quindi, che qualche famiglia sacerdotale avesse adottato come proprio simbolo lo strumento musicale di cui era titolare.
Rappresentazione di un’arpa su una tomba ebraica (cimitero vecchio di Venezia). A destra moneta israeliana moderna rappresentante l’arpa di Davide.
Nella tradizione giudaica il triangolo equilatero simboleggia il nome di Dio, che è proibito pronunciare, per cui normalmente non viene rappresentato. In sua vece compare il notissimo simbolo della “stella o scudo di Davide”, noto anche come “sigillo di Salomone”, costituito da due triangoli equilateri sovrapposti in modo da formare una stella a sei punte. Al giorno d’oggi è universalmente associato all’ebraismo, ma non veniva rappresentato nell’antica Israele. Esso compare per la prima volta a Gerusalemme nel VI secolo a. C., dopo il rientro dall’esilio babilonese, chiaramente collegato al culto di Jahweh[1].
Non veniva impiegato per rappresentare la Divinità vera e propria (cosa proibita nella religione ebraica), ma solo come simbolo di appartenenza alla religione ebraica e veniva normalmente associato agli emblemi di famiglie sacerdotali dedite al suo culto. Nel XVIII secolo comincia ad essere usato da movimenti di riscatto ebraico e si diffonde poi con il sionismo, fino a divenire il simbolo stesso dello stato di Israele, rappresentato sulla bandiera nazionale. Non mancano, tuttavia, esempi di un suo impiego da parte di singole famiglie ebraiche; nel 1822, per esempio, i Rothscild lo pongono nel loro stemma.
la stella di Davide come compare su alcune tombe del cimitero ebraico vecchio di Venezia e sulla bandiera delle moderna Israele
Più che la stella a sei punte, però, durante il dominio sacerdotale di Gerusalemme veniva impiegato il simbolo del fiore che con tutta evidenza la rappresentava: il giglio. Il suo nome ebraico è “shoshan”, che deriva dal numero sei (shesh). Il giglio, infatti, ha sei petali, riuniti in due gruppi di tre, disposti ciascuno a formare un triangolo equilatero e sovrapposti in modo da disegnare una perfetta stella a sei punte.
Gli israeliti consideravano il giglio come il più nobile dei fiori, simbolo della divinità. Il simbolo del giglio decorava i capitelli delle due colonne poste all’ingresso del tempio di Salomone, Joachin e Boaz (1 Re 7, 19) e il bacino di bronzo (1 Re 7,26), e compare spesso sui capitelli di colonne giudaiche dal decimo al settimo secolo a.C.
Il profeta Osea (ottavo secolo a.C.) descrive il giglio come il fiore simbolo di Israele: “Io sarò come la rugiada su Israele; egli fiorirà come il giglio...” (Osea, 14,6). Dopo l’esilio babilonese il giglio diviene un motivo molto popolare nell’arte giudaica e appare come simbolo nazionale, insieme all’iscrizione YeHuD (che significa Giudea), in varie monete coniate a Gerusalemme all’epoca asmonea.
Moneta asmonea con il giglio, simbolo di Israele. Lo stesso simbolo riprodotto in una moneta israeliana moderna.
Uno dei simboli geometrici che compare più frequentemente nell’antica Giudea e che ha certamente un profondo significato religioso è il pentalfa, o stella a cinque punte. Esso infatti figurava sul frontone del tempio di Gerusalemme e molto spesso sulle antiche tombe ebraiche, a Gerusalemme, come pure in quelle più recenti.
Sigillo con pentalfa dell’epoca persiana a Gerusalemme. A destra simboli pentalfa su tombe ebraiche a Venezia
Anche la stella a cinque punte ha un suo esatto corrispondente floreale nella rosa a cinque petali. Molto spesso, infatti, la rosa è scopertamente sovrapposta a un pentalfa, le cui cinque punte, dette “spine” nel linguaggio araldico, fanno capolino fra i petali; basta collegarle fra loro per rendersene conto. Non è infrequente neppure il disegno esplicito del pentalfa sovrapposto alla rosa.
La rosa è il simbolo floreale che sostituisce e rappresenta il pentalfa
Tra i simboli che possiamo ritenere identificativi di famiglia, ce ne sono alcuni che suggeriscono in maniera abbastanza esplicita la condizione sacerdotale della famiglia stessa, perché fanno riferimento al tempio di Gerusalemme. Quindi identificherebbero famiglie che originariamente dovevano prestare servizio in quel tempio. I più espliciti in tal senso sono la colonna, il monte e il pavimento a scacchi.
Uno degli elementi più notevoli e caratterizzanti del tempio costruito da Salomone a Gerusalemme erano le due colonne Joakim e Boaz innalzate al suo ingresso. Queste colonne conservano tutt’oggi una grande importanza simbolica, proprio in relazione a quel tempio; niente di più naturale e probabile, quindi che la colonna sia stata assunta quale proprio simbolo da famiglie sacerdotali che avevano originariamente esercitato in quel tempio. L’origine ebraica sembrerebbe confermata dal gran numero di famiglie ebree che hanno come proprio simbolo di famiglia proprio una colonna e dal fatto che la colonna figura anche in monete della moderna Israele.
Rappresentazione del tempio di Salomone con le due colonne poste all’ingresso. A destra moneta moderna israeliana con impresso il simbolo di una colonna, indice certo della sua importanza nella cultura ebraica.
Anche il monte, come la colonna è un simbolo che costituiva un riferimento indiretto al tempio di Gerusalemme, poiché esso era costruito sulla cima del monte Moryah, che riveste una importanza fondamentale nella tradizione giudaica. L’appartenenza alla classe sacerdotale di coloro che si fregiavano di questo simbolo è evidenziata anche dal fatto che i monti sono sempre in numero di tre o sei e sono disposti in maniera tale da formare un triangolo. Simbologia molto trasparente, che allude alla divinità cui era dedicato il tempio di Gerusalemme.
La spianata del Tempio, sul Monte Morya, il luogo più sacro per gli ebrei. A destra La Sakhrah, o Pietra della Fondazione, che si trova al centro della Cupola della Roccia. E’ il punto più elevato del monte Morya. Tradizionalmente gli ebrei pregano rivolti verso di essa, perché ritengono fosse il luogo dove sorgeva il Sancta Sanctorum del tempio di Salomone
Simbolo indubbiamente sacerdotale è il pavimento a scacchi. La sua origine viene fatta risalire al pavimento del Sancta Sanctorum di Gerusalemme. E’ presumibile che fosse adottato da sommi sacerdoti a dimostrazione del loro diritto di accesso al Santo dei Santi.
Pavimento a
scacchi e colonne in un tempio massonico,
dove compaiono altri simboli
di origine giudaica, come ad esempio le due
colonne.
Si è già detto del simbolo del leone, originariamente legato alla famiglia di Giuda, che poi è passato a rappresentare l’intera Giudea e la sua capitale, Gerusalemme. Esistono però vari altri simboli, non legati alla religione, per i quali ci sono evidenze archeologiche o di altro genere che fossero impiegati come emblemi di famiglie altolocate.
Fra essi il più notevole è quello dell’aquila ad ali spiegate e zampe divaricate, che compare su monete coniate a Gerusalemme durante il periodo della monarchia asmonea. E’quindi verosimilmente legata a questa famiglia, associato quindi sia al sacerdozio che al potere regale.
L’aquila asmonea si differenzia nettamente dall’aquila romana. Essa aveva sempre ali e zampe divaricate, con una lunga coda centrale, mentre l’aquila romana aveva le ali semichiuse, o spiegate orizzontalmente, e le zampe normalmente richiuse su un fascio di verghe e/o fulmini, essendo l’uccello sacro a Giove, signore del fulmine.
Aquila incisa su una moneta dell’epoca degli Asmonei. Al centro aquila bicipite su una tomba ebraica del cimitero di Venezia. A destra l’aquila imperiale romana, fatta inserire da Napoleone Bonaparte nel suo stemma araldico. Evidente la differenza fra le due rappresentazioni.
Ci sono vari elementi che inducono a ritenere che il drago sia un simbolo di origine ebraica, o quanto meno che fosse un simbolo importante nella tradizione sacerdotale, con un significato in qualche modo legato alla religione. Il drago è onnipresente nella letteratura ebraica, essenica e in quella protocristiana. Nell’Apocalisse, per esempio, ben due capitoli, il 12 e 13, sono dedicati al drago, che riveste un ruolo chiave anche nel seguito delle vicende. E’ il simbolo dell’arcangelo Raffaele, nonché della tribù di Dan. [2]
Stando alla Bibbia a Dan era insediato un ramo cadetto della famiglia sacerdotale mosaica, che dovette entrare a far parte del patto stipulato fra le 24 famiglie sacerdotali al tempo di Esdra, mantenendo il simbolo della tribù di provenienza.
Il drago compare anche sul basamento della menorah che viene portata in trionfo sull’arco di Tito. Doveva trattarsi quindi di un simbolo fra i più importanti in Israele e doveva essere adottato da famiglie sacerdotali.
Il basamento della menorah portata in trionfo a Roma, con l’immagine di un drago al centro in basso. A destra drago con testa e zampe di pollo su una tomba ebraica del cimitero vecchio di Venezia
Ci sono testimonianze di varia natura che confermano che simboli largamente diffusi negli stemmi araldici della nobiltà europea erano originariamente emblemi familiari giudaici.
Fra i più importanti citiamo il simbolo della torre, che compare con grande frequenza in emblemi ebraici più o meno antichi.
Emblema di famiglia giudaico (cimitero ebraico di Venezia), dove accanto ai classici simboli del pentalfa e delle mani benedicenti, con le dita divaricate a triangolo, campeggia il simbolo della torre.
Altro simbolo familiare di indubbia origine giudaica è quello del gallo, che ritroviamo in sigilli dell’epoca asmonea, i quali evidentemente identificavano il personaggio che li apponeva, avendo valore di vere e proprie “firme”.
Sigillo con gallo da Tell en-Nasbeh, Israele
Grande diffusione aveva nel mondo giudaico il simbolo della palma, come testimoniato dalla sua presenza su molte pietre tombali ebraiche e anche su monete moderne. Le palme avevano certamente una connessione con la religione ebraica, perché erano rappresentate sulla porta del Tempio di Salomone (1 Re 6, 32) e sulle basi dei bacini di bronzo che si trovavano di fronte ad esso (1 Re 7,36).
Il simbolo della palma come compare su una pietra tombale
del cimitero ebraico di Venezia
e come rappresentato su una moneta
moderna di Israele"
Il simbolo della palma è spesso associato al sole, per la sua forma “raggiata”. Quando si trattò di trovare una adeguata “copertura” all’organizzazione occulta sacerdotale, è stato scelto il sole, nella duplice forma del greco Elios e del mesopotamico Mitra. In qualche modo, quindi, il sole doveva essere entrato a far parte della simbologia giudaica, se non altro durante il periodo in cui gli ebrei erano ammessi nell’istituzione del Sol Invictus. Troviamo in seguito, infatti, diversi emblemi di famiglie ebraiche con l’immagine del sole.
Il simbolo del sole su pietre tombali ebraiche (cimitero ebraico di Venezia)
Sicuramente importante era il ruolo della luna nella religione ebraica. L’origine lunare del dio Jahweh è indubbia. E’ il dio della rivelazione a Mosè, durante la permanenza degli ebrei in Egitto e “Jah” è il nome della luna nell’egizio antico. La rivelazione avviene sul monte Sinai, monte sacro a “Sin”, il dio della luna in tutta l’area mesopotamica. Secondo un’analisi rinascimentale, sembra che la luna fosse, insieme al sole, il simbolo distintivo della tribù di Issacar.
Dobbiamo ritenere quindi probabile che fosse impiegato come emblema di una qualche famiglia sacerdotale giudaica ancor prima della sua venuta a Roma. In ogni caso può essere stato adottato in seguito, attingendo alla simbologia mitraica, dove la luna occupa un posto d’onore. La ritroviamo infatti spesso come simbolo di famiglia in vari stemmi ebraici.
La luna compariva sempre nei mitrei alla sinistra di Mitra, sullo stesso livello del sole
Di fondamentale interesse ai fini di stabilire quali potessero essere i simboli distintivi delle famiglie sacerdotali giudaiche emigrate a Roma al seguito di Tito Flavio, è l’esame dei simboli impiegati dalle famiglie ebraiche romane, perché, dato il loro ben noto conservatorismo, essi dovrebbero riflettere in maniera attendibile i simboli in uso presso i loro antenati a quell’epoca.
Su un campione di 150 emblemi di famiglie ebraiche, rintracciati in vari documenti personali del Museo della Comunità Ebraica di Roma, i simboli più rappresentati sono i seguenti, in ordine decrescente:
- leoni rampanti (singoli o in coppia), contro una palma (23), contro una torre (9), contro una colonna (6) per un totale di 38;
- leoni singoli o a coppia, in varie posture e con vari oggetti (menorah, stelle a cinque e sei punte, corone, ecc.) (27) (totale leoni: 65)
- palme (simbolo del sole?) singole o con altri elementi (30)
- torri, singole o con altri elementi, (18)
- sole e luna crescente, insieme (5) o separati con altri elementi (12); (totale 17)
- galli, generalmente con una spiga o un ramoscello nel becco (12), spesso su un monte a tre cime (6); (totale 18)
- corone (10)
- colonne, isolate (2), o con leoni (6); (totale 8)
- stelle a cinque (15) e sei (7) punte
- aquila asmonea ad ali e zampe divaricate (coronata o bicipite) (3)
- monte a tre (7) e sei (2) cime, disposte a formare un triangolo; (totale 9)
- gigli (5)
- menorah (4)
- triangoli con le mani (3); elementi disposti a triangolo (2)
- oche (3)
- arpa, rosa, cuore (2 di ciascuno)
- api, albero con serpente, pavone, brocca con acqua (1)
I simboli più usati sono quello del leone, com’era da aspettarsi per dei giudei, e della palma. Seguono, a sorpresa, la torre, il gallo, il sole e la luna crescente, la corona, il monte e la colonna. Meno frequenti di quanto ci si potesse aspettare sono il giglio, la rosa, l’aquila, la menorah, l’arpa e il triangolo.
Visto l’estremo attaccamento delle famiglie ebraiche alla tradizione, è legittimo ritenere che si tratti di simboli, almeno in maggioranza, derivati da una antica tradizione familiare, e non “copiati” da analoghi simboli in uso nell’araldica della nobiltà cristiana.
Anguillara |
Alatri |
Pappo |
Amburgo |
Di Mosè |
De Rossi |
Soave |
Salmon |
Zarfatti |
Di Castro |
Pontecorvo |
Cohen |
Ghershom |
Corcos |
Castelli |
Perez |
Vakar |
Treves |
Baraffael |
Finzi |
Stemmi e marchi di famiglia ebraici (da Elvio Giuditta). E’ difficile, se non proprio impossibile, trovare negli emblemi ebraici simboli che non siano presenti anche negli stemmi araldici della nobiltà europea
In molti casi i simboli di famiglie ebraiche sono del tutto identici a quelli che compaiono negli stemmi araldici di grandi famiglie nobiliari “cristiane”, che risultano strettamente legate alla Chiesa. Queste famiglie non possono aver autorizzato delle famiglie ebraiche ad utilizzare il proprio stemma e non possiamo neppure immaginare che abbiano “copiato” il proprio dalle prime. La spiegazione più verosimile è che avessero un lontano antenato in comune, proveniente da quella Giudea post babilonese da cui la maggior parte di questi simboli sembrano scaturiti.
A questo proposito è importante notare che alcuni di essi sono stati ripresi nel moderno stato di Israele e riportati nelle sue insegne e nelle sue monete, in particolare la stella di Davide, la colonna, il giglio e l’arpa. Non si può certo supporre che essi siano stati tratti dalla simbologia nobiliare europea. Certamente essi affondano le loro radici nelle più antiche tradizioni giudaiche. E’ da queste tradizioni che la nobiltà europea, avendo la stessa origine, ha tratto i propri simboli araldici e non viceversa.
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[1] The Jewish Almanac (Bantan Book, 1980).