Era prassi comune, nell’antica Palestina, quella di mettere al sicuro tesori, oggetti sacri e documenti preziosi, appartenenti a templi o comunità religiose, in nascondigli segreti, normalmente caverne più o meno naturali, il cui ingresso era accuratamente mimetizzato. Le testimonianze in proposito sono numerose e circostanziate, ivi comprese svariate conferme archeologiche.
Sembrerebbe che il tempio di Gerusalemme ai tempi dei re di Giuda non sfuggisse a questa prassi. Esistono tradizioni circa l’esistenza di una cripta, in cui poco prima della distruzione del tempio da parte di Nabuccodonosor sarebbero stati nascosti oggetti di culto, fra cui l’arca, che hanno dato origine a ricerche e scavi nella spianata del tempio, fin dal tempo dei primi templari. C’è una vasta letteratura in merito, cui non vale la pena tuttavia neppure accennare. Sono infatti tradizioni di ignota origine e attendibilità, buone per alimentare la fantasia degli amanti del mistero, ma di scarsa utilità per stabilire la realtà dei fatti.
Ben diverso sarebbe se potessimo trovare espliciti riferimenti a questo nascondiglio nella Bibbia stessa, o in fonti indipendenti di antichità paragonabile. Già a priori questa aspettativa appare per lo meno ingenua. Prerogativa primaria di un segreto è che sia mantenuto “segreto”; quindi è ovvio aspettarsi che i detentori di esso non soltanto evitassero di parlarne in giro, ma che esercitassero fin dove loro possibile il controllo sui “media” dell’epoca, qualunque essi fossero, per evitare che notizie relative sia pure alla sua stessa esistenza potessero diventare di pubblico dominio.
Sarebbe quindi davvero sorprendente trovare espliciti riferimenti a questo nascondiglio nella Bibbia, che è un prodotto di quella casta di sacerdoti che dobbiamo presumere depositari del segreto.
Ma potrebbero esserci nel testo indizi consistenti, come pure informazioni ed indizi potrebbero essere contenuti in fonti che erano al di fuori del controllo dei sacerdoti di Gerusalemme. E’ una ricerca che sembra offrire scarse prospettive, ma vedremo fra poco che non è proprio senza speranza.
Un primo indizio circa l’esistenza di un nascondiglio segreto, collegato al tempio di Gerusalemme e controllato dal sommo sacerdote, si trova in 2Cronache 34,14 ed in 2 Re23,24. Era il 622 circa a.C. Dopo oltre quarant'anni, durante i quali il tempio di Gerusalemme era stato dedicato al culto di divinità pagane, il re Giosia aveva ordinato la restaurazione dell'antica fede.
"Nell'anno decimottavo del suo regno, dopo aver purificato il paese ed il tempio, egli affidò a Safan, figlio di Asalìa, a Maaseia, governatore della città, e a Ioach, figlio di Ioacaz, archivista, il restauro del tempio del Signore suo Dio. Costoro si presentarono al sommo sacerdote Chelkia e gli consegnarono il denaro depositato nel tempio ... Mentre si prelevava il denaro depositato nel tempio, il sacerdote Chelkia trovò il libro della legge del Signore, data per mezzo di Mosè. Chelkia prese la parola e disse allo scriba Safan: "Ho trovato nel tempio il libro della legge".
Visto lo stato in cui il tempio era ridotto dopo decenni di culto pagano, appare improbabile che il libro fosse stato semplicemente dimenticato in qualche angolo buio. E' più verosimile che fosse stato conservato in un nascondiglio segreto di cui Chelkia era a conoscenza.
Il ritrovamento del “libro della legge” costituisce soltanto un indizio circa l’esistenza di un nascondiglio collegato al tempio di Gerusalemme. Esso però riceve una precisa conferma in un episodio accaduto appena 35 anni dopo:
"Nell'anno nono del regno (di Sedecia), nel decimo mese, il dieci del mese, Nabuccodonosor re di Babilonia, con tutto l'esercito, marciò contro Gerusalemme, la circondò da tutte le parti e le costruì intorno opere di assedio.” Dopo due anni di assedio, " Il settimo giorno del quinto mese - era l'anno decimonono del re Nabuccodonosor di Babilonia - Nabuzardàn, capo delle guardie, ufficiale del re di Babilonia, entrò in Gerusalemme, bruciò il tempio, la reggia e tutte le case di Gerusalemme.”.
Se davvero esisteva un nascondiglio segreto, dobbiamo presumere che in questa occasione esso sia stato utilizzato per mettere al sicuro gli oggetti più sacri del tempio, ma non c’è il minimo cenno relativo ad eventuali nascondigli in 2 Re e in Geremia, i libri della Bibbia in cui questi avvenimenti sono narrati con dovizia di particolari.
Esistono, però, testi non “canonici”, raccolti sotto il titolo di "Scritti Intertestamentari" (Ed Gallimard, 1987), che narrano gli stessi avvenimenti. Fra questi particolarmente significativi sono "Paralipomeni di Geremia" e “Baruch”, che si dilungano nel descrivere quel che è successo durante la distruzione di Gerusalemme e insistono sul fatto che in quell'occasione alcuni oggetti sacri del Tempio sono stati nascosti "sottoterra". Esempi:
Al Cap. III, 3 e seg., dei "Paralipomeni di Geremia" si dice:
“Geremia disse: - Ecco Signore, ora sappiamo che darai la città in mano ai suoi nemici e che essi condurranno il popolo a Babilonia. Che faremo noi delle cose sante e dei vasi sacri del tuo culto, cosa vuoi che ne facciamo? - Il Signore rispose: - Prendili e affidali alla terra ... Geremia e Baruch entrarono nel santuario e affidarono alla terra i vasi del culto come il Signore aveva comandato loro. E subito la terra li inghiottì."
"L'indomani l'armata dei Caldei circondò la città .... e vidi (un angelo) scendere nel Santo dei Santi e prendere il velo, il santo efod, il propiziatorio, le due tavole, la sacra veste dei sacerdoti, l'altare dell'incenso, le quarantotto pietre preziose portate dal sacerdote e tutti i vasi santi del tabernacolo. Ed egli gridò alla terra a gran voce: 'Terra, terra, terra, ascolta la parola del Dio possente, ricevi le cose che io ti affido e conservale fino alla fine dei tempi, per restituirle quando ne riceverai l'ordine, affinché lo straniero non se ne impossessi...'"
"... quando la città fu circondata dal nemico, gli angeli dell'Altissimo furono inviati ... nascosero certi vasi sacri, affinché non cadessero nelle mani del nemico."
Le indicazioni citate sono molto significative e confermano l’ipotesi circa l'esistenza di un nascondiglio segreto, dove arredi e testi sacri venivano messi al sicuro, quando c'era pericolo che il tempio di Gerusalemme fosse saccheggiato. Esse tuttavia sono piuttosto vaghe e imprecise e non forniscono alcun indizio concreto circa la natura esatta del nascondiglio (si dice soltanto che era “sottoterra”) e la sua ubicazione.
C’è tuttavia un terzo libro “non canonico”, che riporta la notizia secondo cui Geremia avrebbe nascosto alcuni oggetti santi in una caverna "segreta", il cui ingresso poi fu accuratamente sigillato e mimetizzato. Si tratta di 2 Maccabei 2, 4-14:
"Si diceva anche nello scritto che il profeta Geremia, ottenuto un responso, ordinò che lo seguissero con la tenda e con l'arca. Quando giunse presso il monte dove Mosè era salito e aveva contemplato l'eredità di Dio, Geremia salì e trovò un vano a forma di caverna e là introdusse la tenda, l'arca e l'altare degli incensi e sbarrò l'ingresso.
Alcuni del suo seguito tornarono poi per segnare la strada, ma non trovarono più il luogo. Geremia, saputolo, li rimproverò dicendo: il luogo deve restare ignoto, finché Dio non avrà riunito la totalità del suo popolo e si sarà mostrato propizio.
Allora il Signore mostrerà queste cose e si rivelerà la gloria del Signore e la nube, come appariva sopra Mosè , e come avvenne quando Salomone chiese che il luogo fosse solennemente santificato. Si narrava anche che questi, dotato di sapienza, offrì il sacrificio per la dedicazione e il compimento del tempio.
E allo stesso modo che Mosè aveva pregato il Signore ed era sceso il fuoco dal cielo a consumare le vittime immolate, così pregò anche Salomone e il fuoco sceso dal cielo consumò gli olocausti. Mosè aveva detto: Poiché non è stata mangiata la vittima offerta per il peccato, essa è stata consumata. Allo stesso modo anche Salomone celebrò gli otto giorni."
L’interesse di questo passo sta nel fatto che fornisce informazioni precise e dettagliate relative alla ubicazione del nascondiglio segreto e alla sua natura, compreso il fatto che l’ingresso era perfettamente mimetizzato.
Si tratta tuttavia di un passo che di primo acchito sembra poco credibile, tanto stupefacenti sono le notizie che esso fornisce e senza alcun nesso evidente con fatti riportati dalla Bibbia. In sintesi:
-
La prima notizia apparentemente incredibile è che la cripta si troverebbe nientemeno che sul monte Horeb;
- Una seconda informazione poco credibile riguarda gli oggetti che sarebbero stati nascosti da Geremia, fra i quali figurano il tempio-tenda e l’altare dei sacrifici costruiti da Mosè nel deserto e l’arca;
- Un terzo punto nel brano di 2 Maccabei che appare per lo meno "inedito", è il cenno al re Salomone, che, stando al racconto, si sarebbe recato sul monte Horeb e vi avrebbe celebrato una cerimonia di consacrazione, analoga a quella celebrata a suo tempo da Mosè. Un fatto del genere, se realmente accaduto, è storicamente assai rilevante e dovrebbe essere stato riportato nelle cronache relative a Salomone. Un qualche riscontro dovrebbe pur esistere! Invece niente del genere è citato in modo esplicito nelle cronache di questo re.
E’ possibile dimostrare, tuttavia, che queste notizie sono confermate punto per punto da precisi riscontri nella Bibbia.
Cominciamo con l’ubicazione del nascondiglio. Le indicazioni fornite dal passo di 2 Maccabei sono tali per cui non sembra sia possibile sfuggire alla conclusione che esso si riferisce proprio al monte Horeb.
C’è innanzitutto il riferimento alla caverna, la cui esistenza sull'Horeb trova altri riscontri nella Bibbia. Poi il cenno alla cerimonia di consacrazione eseguita da Mosè ed alla apparizione della "gloria del Signore e della nube", esattamente come sul monte Horeb. Ma decisivo è il fatto che questo monte viene indicato come “quello su cui Mosè contemplò l'eredità di Dio, le stesse parole usate in Esodo 15,17 per definire il monte Horeb.
Questa conclusione, tuttavia, appare inverosimile alla maggior parte degli esegeti, al punto che preferiscono forzare il senso del testo, specificando trattarsi invece del monte Nebo. Motivo principale di questa riluttanza ad accettare le indicazioni del testo di 2 Maccabei è probabilmente il fatto che quegli stessi esegeti identificano l’Horeb con il Gebel el Musa, nel massiccio del Santa Caterina, troppo lontano da Gerusalemme perché si possa immaginare venisse frequentato regolarmente dai sacerdoti del Tempio. Pesa forse anche la convinzione, espressa più o meno apertamente, che il monte sacro fosse un luogo più ideale che reale, e di cui, in ogni caso, gli ebrei ignoravano l’esatta ubicazione.
Queste obiezioni cadono innanzitutto se si suppone che il monte Horeb si trovasse invece nell’area di Har Karkom, ed in secondo luogo se si da credito a quei passi della Bibbia da cui risulta che l'ubicazione del monte Horeb era nota al tempo del regno di Giuda, per lo meno ad una ristretta cerchia di sacerdoti. Il racconto di 2 Maccabei è uno di questi passi. Un altro molto noto è l’ampio resoconto che viene dato, nel libro 19 di 1 Re, al viaggio che il profeta Elia fece sul monte, nell'ottavo secolo a.C.:
"(Elia) si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti, fino al monte di Dio, l'Horeb. Ivi entrò in una caverna per passarvi la notte ... Gli fu detto: "Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore." Ecco il Signore passò ... Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. " (1 Re 19.8).
Il racconto non fornisce alcun elemento utile alla localizzazione del monte, né aggiunge particolari topografici inediti, rispetto a quanto riferito nel Pentateuco. Alquanto inopinatamente, però, concentra tutta la sua attenzione su un particolare che nel Pentateuco è accennato una sola volta di sfuggita (Eso, 33,22) : "il cavo nella roccia" dove Mosè si nascose per sottrarsi alla vista di Dio. Con Elia il "cavo" diventa una vera e propria caverna e balza in primo piano come l'elemento più caratterizzante del monte stesso. Questo conferma il passo di 2 Maccabei, dove la caverna è l'elemento centrale del resoconto della visita al monte effettuata da Geremia.
Non risulta da alcuna fonte che qualcuno si sia recato sul monte Horeb dopo Geremia. Possiamo presumere quindi che la conoscenza della sua ubicazione sia andata perduta durante l’esilio Babilonese. Prima di allora, però, questa ubicazione era ben nota, come appare anche da altri passi che vedremo fra poco.
C’è un’ultima difficoltà connessa con la localizzazione della cripta sul monte Horeb. Sulla base di alcuni dei passi citati, l’ipotesi che sorge più immediata è che la cripta segreta si trovasse "sotto" o per lo meno nei pressi immediati del tempio di Gerusalemme. (E' là, infatti, sotto la spianata del tempio, che, stando almeno ad alcune notizie di stampa, gli archeologi israeliani, guidati dal rabbino capo di Gerusalemme, la starebbero cercando attualmente.)
Il sommo sacerdote Chelkia, ad esempio, dichiara di aver trovato il libro della legge nell'ambito del tempio, durante i lavori di restauro. Questo non prova nulla, ovviamente, perché, nell’ipotesi che il nascondiglio fosse segreto, dobbiamo ritenere che il sacerdote non fosse così ingenuo dal rivelarne l'esistenza e l’ubicazione. Sta di fatto, però, che anche sulla base dei passi dei libri intertestamentari (ad esempio "Paralipomeni di Geremia" III, II-14, dove si dice semplicemente che Geremia e Baruch entrarono nel santuario e nascosero sottoterra i vasi sacri), si dovrebbe dedurre che il nascondiglio si trovava nell’ambito stesso del tempio.
C’è però un elemento che depone decisamente contro questa conclusione ed è il fatto che fu Geremia, con l’ausilio di Baruch (nessuno dei due era sacerdote del Tempio), a nascondere gli oggetti in questione nella cripta, e non il sommo sacerdote Seraia in persona, come dovremmo aspettarci.
La spiegazione piò logica e coerente a questo fatto è che il nascondiglio si trovasse al di fuori delle mura di Gerusalemme. Essendo la città assediata, infatti, esso era in quel momento al di fuori della portata di Seraia o di altri sacerdoti. Geremia, invece, come uomo di fiducia di Nabuccodonosor, godeva delle protezione babilonese e aveva piena libertà di movimento (Ger.39,11). Era quindi l’unico in grado di raggiungere il nascondiglio.
Queste considerazioni dimostrano la possibilità teorica che la cripta si trovasse sul monte Horeb, rimuovendo ogni seria controindicazione in merito. Ma ovviamente non provano che questa cripta esistesse realmente o che si trovasse effettivamente sul monte Horeb. A questo scopo è necessario trovare precisi riscontri, che confermino in modo puntuale le indicazioni di 2 Maccabei.
Tali riscontri possono essere trovati, prendendo in considerazione la questione dei materiali che sarebbero stati nascosti da Geremia nella caverna. Nel brano di 2 Maccabei vengono citati espressamente l'arca dell'alleanza, la tenda del convegno e l'altare degli incensi.
Negli altri passi in cui si parla degli oggetti sacri nascosti da Geremia e Baruch non viene fatto alcun cenno alla tenda del convegno e all'arca. In Baruch IV, I-9 viene citato l'altare degli incensi, insieme al velo, l'efod, il propiziatorio, le tavole della legge, la veste sacra dei sacerdoti, le 48 pietre preziose ed i vasi santi. Ma altrove si parla genericamente di "vasi sacri".
Appare immediatamente inverosimile che Geremia abbia potuto trasportare e nascondere sul monte sacro l'arca, la tenda del convegno e l'altare dei sacrifici, se non altro per ragioni meccaniche. La tenda, infatti era un "oggetto" assai pesante ed ingombrante, per il cui trasporto erano necessari "sei carri trainati da buoi", più un numero imprecisato di persone per il trasporto degli altri oggetti: 4 per l'arca, 8 per l'altare ecc. (vedi Numeri 7.1-9 ). Dobbiamo inoltre presumere che Geremia sia uscito da Gerusalemme, per recarsi al nascondiglio, senza dare nell'occhio, e quindi con un seguito ristretto e senza oggetti ingombranti ed appariscenti.
Perché, dunque, nel brano di 2 Maccabei compare non soltanto l'arca, ma addirittura la tenda del convegno e l'altare dei sacrifici? Una possibile spiegazione a questo quesito è che quegli oggetti non siano stati nascosti nella caverna da Geremia, ma siano stati "visti" da lui in quell'occasione, e che poi lui lo abbia raccontato a qualcuno. Nella catena di riporto della notizia questa "sottigliezza" sarebbe caduta. Quegli oggetti, quindi, dovevano essere stati riposti nella caverna sul monte Horeb molto tempo prima che vi giungesse Geremia.
La tenda del convegno era stata fabbricata dagli ebrei nel deserto su istruzioni di Mosè. Diversi capitoli di Esodo sono dedicati alla descrizione meticolosa del manufatto, segno dell'enorme importanza che esso ebbe nelle vicende dell'Esodo. Nei libri successivi la tenda del convegno è al centro di ogni azione: tutta la vita ed i movimenti del popolo ebraico ruotano intorno ad essa.
La tenda del convegno viene montata nella valle di Moab ed è in essa che Mosè raduna il popolo ebraico per il suo ultimo grande discorso riportato in Deuteronomio. La tenda segue Giosuè nell'invasione della Palestina, e al termine delle operazioni belliche viene montata a Siloh. Ed è qui, a Siloh, nella tenda stessa che avviene la spartizione del territorio conquistato fra le varie tribù (Giosuè, 18.1).
Dopo di allora la tenda del convegno "scompare” dalle cronache bibliche. Da nessun passo della Bibbia è dato sapere quale fine abbia fatto un oggetto di tale importanza. In mancanza di informazioni in merito, dobbiamo necessariamente affidarci a delle ipotesi. Le alternative possibili sono soltanto due: o il manufatto fu in qualche modo distrutto (materiali riciclati nel nuovo tempio di Siloh, o venduti, rubati, o distrutti accidentalmente); oppure fu nascosto e conservato in luogo sicuro.
Ci sono precise indicazioni nella Bibbia che fanno propendere per questa seconda ipotesi, dal momento che dichiarano esplicitamente che la tenda del convegno si trovava sul monte Horeb almeno 4 secoli prima che vi giungesse Geremia.
In Cronache e Re si dice ripetutamente che al tempo di Davide e Salomone (e quindi almeno 200 anni dopo la spartizione della Palestina, epoca a cui risale l'ultima citazione del manufatto) la tenda del convegno si trovava ... sulla “collina di Gabaon”.
Gli esegeti identificano questa "Gabaon" con l'omonima città che incontriamo in Giosuè, all'inizio della conquista della Palestina. I gabaoniti, per evitare lo sterminio, si recano in delegazione da Giosuè e con un sotterfugio riescono a strappargli la concessione di un trattato di alleanza (vedi Giosuè, 9). Dopo di allora Gabaon non viene più nominata, se non per specificare che i gabaoniti continuarono a vivere tra gli ebrei, pur essendo cananei. Mai viene neppure accennato il fatto che presso Gabaon potesse sorgere una collina sacra.
Poi, tutt'a un tratto, al tempo di Davide e Salomone, fa la sua inaspettata comparsa questa "collina sacra di Gabaon", che a quanto pare svolge un ruolo molto importante nelle vicende del periodo, essendo addirittura "la più grande delle alture".
I passi in cui è citata sono i seguenti:
- 1Cro,21,29 "La dimora del Signore eretta da Mosè nel deserto e l'altare dell'olocausto in quel tempo stavano sull'altura di Gabaon, ma Davide non osava recarvisi a consultare Dio perché era molto spaventato di fronte alla spada dell'angelo del Signore."
- 1Cro, 16,39: "Davide incaricò della dimora del Signore che era sull'altura di Gabaon il sacerdote Zadok..."
- 1 Re,3,5: "Salomone andò a Gabaon per offrirvi sacrifici, perché ivi sorgeva la più grande altura..."
- 2 Cro,1,3: "Salomone si recò sull'altura di Gabaon, perché là si trovava la tenda del convegno di Dio eretta da Mosè, servo di Dio, nel deserto, l'altare di bronzo, opera di Besaleel, figlio di Uri ecc."
- 1 Re, 9,2: "il Signore apparve a Salomone per la seconda volta, come gli era apparso in Gabaon.."
Le informazioni fornite da questi versetti sono stupefacenti e molto significative. Si afferma infatti che esisteva allora una "altura sacra”, che era la "più importante" di tutte; che su questa altura si trovavano la tenda del convegno fabbricata da Mosè nel deserto e l'altare dei sacrifici; che Salomone si recò su quell'altura proprio perché ivi si trovavano quegli oggetti venerabili; e che su quell'altura egli offrì sacrifici al Signore, che gli fece l'onore di apparirgli.
Sono esattamente le stesse informazioni fornite dal racconto di 2 Maccabei a proposito del monte Horeb. Di qui a concludere che questa misteriosa "altura di Gabaon" debba identificarsi con il monte Horeb il passo è breve. L'unico elemento per identificare l'altura sacra in questione con la città cananea risparmiata da Giosuè è costituito dal nome stesso: Gabaon. Si da il caso, però, che "Gabaon" significhi semplicemente "monte". I versetti in questione, quindi, si riferiscono ad un monte sacro, così noto ed importante che non aveva bisogno di altri appellativi per essere identificato; era semplicemente "il monte".
E che si trattasse del monte sacro a Jahve, e quindi proprio del monte Horeb, è indicato in modo esplicito in un brano di 2 Samuele, che tra l'altro mette strettamente in relazione il monte in questione con la famiglia sacerdotale di Gerusalemme.
In 2Sam 21,1 si dice che
"ai tempi di Davide ci fu una carestia per tre anni di seguito. Allora Davide consultò Jahve, e Jahve rispose: "Su Saul e sulla sua casa c'è sangue, perché egli mise a morte i Gabaoniti". Il re convocò i Gabaoniti e parlò loro.
(i Gabaoniti non erano degli israeliti, ma un resto degli Amorrei. Gli Israeliti avevano fatto loro un giuramento, ma Saul, nel suo zelo per gli Israeliti e per Giuda, aveva cercato di sterminarli -- questa nota esplicativa è chiaramente inserita 'a posteriori', per forzare una ben determinata interpretazione del testo. Non ha infatti alcun riscontro nella storia del re Saul – NdA--).
Disse dunque Davide ai Gabaoniti: ... "Che devo fare per voi? E con che cosa potrò riparare perché benediciate l'eredità di Jahveh?" Gli risposero i Gabaoniti: " Per noi non è questione di argento o di oro con Saul e con la sua casa, e non si tratta per noi di mettere a morte un uomo in Israele".
Disse: "Quello che voi chiedete, ve lo farò". Risposero al re: "Dell'uomo che ci ha distrutti e che aveva progettato di sterminarci in modo da non farci sussistere in tutto il territorio di Israele, ci siano consegnati sette uomini dei suoi figli per immolarli a Jahve in Gabaon, sul monte di Jahve". Il re rispose: "Io ve li consegnerò".
Il re risparmiò Mefibaal, figlio di Gionata, figlio di Saul, a causa del giuramento di Jahveh che vi era fra di loro, fra David e Gionata, figlio di Saul. Allora il re prese i due figli i Rispa, figlia di Aia, che aveva generato a Saul: Armoni e Mefibaal, e i cinque figli di Merab, figlia di Saul, che generò a Adriel, figlio di Barzillai, il meholaita, e li consegnò nelle mani dei Gabaoniti che li appesero sul monte davanti a Jahve; e essi perirono insieme. "
Non risulta dalle cronache di Saul che egli abbia mai avuto niente a che fare con la città cananea di Gabaon, né che abbia attentato alla vita dei suoi abitanti. Se egli avesse compiuto contro di essi un'azione tanto grave da meritare l'ira divina ed una vendetta tanto efferata, sarebbe stato certamente riportato dalle cronache.
Le cronache di Samuele riportano invece con orrore e con dovizia di particolari la notizia di un'azione di estrema gravità compiuta da Saul durante il suo regno, quando egli cercò di sterminare non gli abitanti di Gabaon, ma la famiglia sacerdotale al completo. L'episodio viene riportato in 1 Sam.22:
"Il re mandò a chiamare il sacerdote Achimelek, figlio di Achitub, e tutta la casa di suo padre, i sacerdoti che erano a Nob; ed essi andarono tutti insieme dal re. Disse Saul: "Ascolta dunque, figlio di Achitub!" Gli rispose: "Eccomi o mio signore". Saul gli disse: "Perché avete fatto congiura contro di me, tu ed il figlio di Isai (David), quando tu gli hai dato pane e spada, e hai consultato Dio per lui, affinché si levasse contro di me come oppositore, com'è quest'oggi?"
Achimelek rispose al re dicendo: "Ma tra tutti i tuoi cortigiani chi è come Davide: fedele, genero del re, aggregato alla tua guardia, onorato nella tua casa? E' oggi che ho cominciato a consultare Dio per lui? Non sia mai! Il re non imputi al suo servo e a tutta la casa di mio padre alcun misfatto, perché il tuo servo non conosceva di tutto ciò né poco né molto." Il re rispose: "Achimelek, certamente morrai, tu e tutta la famiglia di tuo padre".
Il re ordinò ai cursori che lo assistevano: "Volgetevi e uccidete i sacerdoti di Jahve, perché anche loro hanno dato la mano a David. Essi sapevano che quello stava fuggendo, ma non l'hanno rivelato al mio orecchio". Ma i cortigiani del re non vollero stendere la loro mano per colpire i sacerdoti di Jahve. Allora il re disse a Doeg: "Volgiti tu e colpisci i sacerdoti". Doeg l'idumeo, lui sì, si volse e colpì i sacerdoti, uccise in quel giorno 85 uomini che portavano l'efod di lino.
Nob, poi, città dei sacerdoti, la passò a fil di spada: uomini e donne, bambini e lattanti, buoi, asini e pecore a fil di spada. Ma di Achimelek, figlio di Achitub, si salvò solo un figlio di nome Abiatar, il quale se ne fuggì al seguito di David..
Abiatar annunziò a David che Saul aveva ucciso i sacerdoti di Jahve. David disse ad Abiatar: "Sapevo in quel giorno che Doeg l'idumeo, lì presente, l'avrebbe certamente riferito a Saul. Mi sono volto io contro la vita di tutti quelli della casa di tuo padre! Rimani con me, non avere paura! Perché chi cerca la vita mia cerca la tua, per questo sarai ben custodito presso di me."
Questo orrendo delitto, che non poteva non gridare vendetta al cospetto di Dio e degli uomini, stando alla versione attuale della Bibbia dovrebbe essere passato impunito, perché non viene mai fatto alcun cenno a conseguenze di qualsiasi sorta per Saul e la sua discendenza. Dio, invece, e Davide in sua vece, stando al versetto 2 Sam.21,2, se la sarebbero presa con Israele e la discendenza di Saul a causa di un ignoto atto compiuto ai danni di una popolazione, gli abitanti di Gabaon, che non era neppure israelita! Il meno che si possa dire è che non ha senso.
Se invece si traduce la parola "gabaoniti" con "quelli del monte sacro", tutto all'improvviso diventa chiaro ed acquista un significato altamente plausibile.
"Quelli del monte sacro" non potevano essere altri che gli appartenenti alla famiglia sacerdotale, che Saul sterminò quasi completamente a Nob, accusando il sommo sacerdote Achimelek di aver fornito appoggio a Davide. I sopravvissuti e lo stesso Davide, che si sentiva responsabile dell'accaduto, non potevano lasciare invendicato un fatto di tale gravità. E la vendetta è perfettamente in tema: i membri della famiglia di Saul vengono appesi da "quelli del monte sacro" davanti a Jahve, sul monte a lui sacro. Non ci possono essere dubbi sul fatto che si tratti proprio del monte Horeb.
E i “gabaoniti” sterminati da Saul sono chiaramente i membri della famiglia sacerdotale, che a quanto risulta da questi cenni, continuavano ad avere una stretta relazione con il monte ed a frequentarlo regolarmente. E a quanto risulta dal versetto 1Cro.21,29, vigeva ancora l’interdizione mosaica di accesso per tutti, fatta eccezione per i sacerdoti. Infatti Davide si rifiuta di recarvisi, per paura della "vendetta dell'angelo del Signore".
Alla luce di queste spiegazioni, diventa molto significativo ed importante il versetto in cui si dice che
"Davide incaricò della dimora del Signore che era sull'altura di Gabaon il sacerdote Zadok... - 1Cro, 16,39 ".
Innanzitutto esso conferma, con i versi 1Cro.21,29 e 2 Cro.1,3, che la tenda del convegno si trovava sul monte Horeb: evidentemente nello stesso luogo dove Geremia l’avrebbe “vista” 4 secoli dopo, e cioè dentro la caverna segreta.
In secondo luogo che Davide affidò la custodia della caverna e del suo contenuto a Zadok, e quindi alla famiglia sacerdotale di Gerusalemme. Zadok, infatti, dopo che Ebiatar fu esiliato ad Anatot, divenne gran sacerdote del tempio di Gerusalemme, e questa carica rimase alla sua famiglia fin oltre l’esilio babilonese. Per tutto questo periodo i sacerdoti di Gerusalemme, e quindi anche Chelckia e Seraia, furono i “custodi” del nascondiglio sul monte Horeb dove era conservato il tempio tenda e l’arca. E’ legittimo ritenere che lo utilizzassero nei tempi difficili per mettere al sicuro le cose più preziose e sacre del tempio.
Il brano di 2 Maccabei, che ad una prima lettura appare inverosimile, viene confermato punto per punto da precisi riscontri in Samuele, Cronache e Re. Il complesso di indicazioni relative all’esistenza di un nascondiglio segreto sul monte Horeb è molto consistente, con riferimenti incrociati coerenti fra loro e soprattutto indipendenti l’uno dall’altro. Dall’esame di questi elementi, inoltre, risulta incontestabile che è stata esercitata una sorta di censura sul testo biblico, mirante a eliminare ogni accenno al monte Horeb che potesse far trapelare il segreto del nascondiglio. E questo è un ulteriore elemento a favore della sua esistenza e della eccezionale importanza che aveva per i sacerdoti di Gerusalemme.
Le informazioni che si ricavano dall’insieme dei passi esaminati, quindi, appaiono dotate di forte credibilità. Esse possono così riassumersi:
- Sul monte Horeb esisteva, fin dai tempi di Mosè una caverna il cui ingresso era accuratamente mimetizzato.
- Dopo la spartizione della Palestina la tenda del convegno, con l’altare dei sacrifici, l’arca di Mosè e presumibilmente altri oggetti sacri vennero nascosti in questa caverna.
- Davide assegnò la custodia della caverna alla famiglia di Zadok, che resse il pontificato a Gerusalemme fin oltre l’esilio babilonese
- Durante il regno di Giuda i sacerdoti di Gerusalemme utilizzarono la cripta per nascondervi oggetti di culto del tempio in tempi difficili. Chelckia, dopo la restaurazione del tempio, prelevò il libro della legge dalla cripta, dove era stato riposto presumibilmente prima o durante l’invasione assira.
- Quando Gerusalemme fu presa dai babilonesi il gran sacerdote Seraia dette incarico a Geremia, che aveva libertà di movimento, di nascondere alcuni fra gli oggetti più sacri del tempio nella caverna sul monte, dandogli le indicazioni necessarie per trovarla ed istruzioni per mantenere il segreto.
- La nozione dell’ubicazione del monte Horeb andò perduta durante l’esilio babilonese e con essa il segreto della cripta.
C’è da notare che queste indicazioni sono incompatibili con una localizzazione del monte Horeb nel massiccio del Santa Caterina, mentre si adattano perfettamente ad una sua localizzazione nell’area di Har Karkom.
Har Karkom non ha bisogno di ulteriori prove che confermino la legittimità della sua identificazione con il monte Horeb; le evidenze archeologiche costituiscono titolo più che sufficiente a questo proposito. D’altra parte, però, il fatto che tutte le indicazioni contenute nella Bibbia siano coerenti con questa identificazione costituisce una importante conferma delle evidenze archeologiche, e nel contempo una indicazione che il testo biblico è attendibile.
Stando a questo testo, nell’area di Har Karkom esiste una cripta contenente alcuni fra i cimeli più sacri del tempio di Gerusalemme.
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Trenta giorni di lutto
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