Cosa dice la Bibbia a proposito delle tombe dei re di Giuda? Sul re Davide esistono interi libri dove fatti e misfatti sono raccontati in dettaglio e senza reticenze. Soltanto quando si arriva al punto che per un sovrano di quell’epoca e di quell’area culturale era la cosa più importante di tutte, ci troviamo improvvisamente di fronte ad un vuoto pressoché totale di informazioni. La Bibbia dice soltanto “Davide si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide” (1 Re 2,10) .
La formula viene impiega anche per Salomone: “Salomone si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide” (1 Re, 11, 43), per suo figlio Roboamo: “Roboamo si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide” (1 Re, 14, 31) e così via per la maggior parte degli altri re di Giuda. Sempre la stessa formula standard, laconica e senza mai la minima informazione sui cerimoniali e soprattutto sul tipo ed il luogo della sepoltura.
E senza dubbio falsa, almeno per la seconda parte. Per alcuni di essi, infatti, questa viene addirittura omessa, come per il grande Ezechia, di cui si dice semplicemente: “Ezechia si addormentò con i suoi padri” (2 Re, 20,21), o per Giosia, il restauratore del Tempio e della religione ebraica, che fu “seppellito nel suo sepolcro” (2 Re 23,30).
La formula “si addormentò con i suoi padri” è una indicazione sicura che essi furono sepolti in una tomba di famiglia, costituita certamente da una serie di camere sotterranee, cui si accedeva tramite un unico angusto ingresso, accuratamente nascosto e sigillato a prova di ladro.
Un esempio di come doveva essere questo sepolcro reale comune si trova a Gerusalemme, poco fuori della porta di Damasco, al fondo di un’antica cava, di proprietà dell’ambasciata francese: una serie impressionante di grandi locali sotterranei in cascata, pieni di loculi, con un unico angusto ingresso, nascosto sotto il pavimento di una sorta di tempietto ricavato sul fianco della cava. Una targa all’esterno ci informa che si tratta proprio delle “Tombe dei re di Giuda”, e la loro grandiosità è certamente all’altezza di questo titolo. Soltanto che né Davide, né Salomone, come nessun altro dei loro successori, poté essere sepolto in questo luogo, perché gli archeologi hanno appurato che la tomba fu scavata e utilizzata in epoca romana, al tempo del nuovo regno di Giuda, quello inaugurato dagli Asmonei.
Nessuna tomba reale risalente al primo regno di Giuda è mai stata trovata a Gerusalemme e dintorni. I turisti che visitano la città molto probabilmente si vedranno indicare un buco visibile nella valle del Cedron come la tomba di re Davide; ma si tratta di una cavernetta ridicola, senza alcuna indicazione che la ricolleghi a Davide, e soprattutto troppo angusta per ospitare i tesori di cui parla Giuseppe Flavio e tanto meno i sarcofagi di Salomone e di altri re.
Se le notizie riportate da Giuseppe Flavio circa la tomba di Davide saccheggiata da Ircano, e più tardi da Erode, hanno un qualsiasi fondamento, e ci sono motivi storici molto forti per ritenere che siano sostanzialmente esatte, allora la tomba era sicuramente costituita da una serie di camere sotterranee intercomunicanti e soprattutto non poteva in alcun modo trovarsi nei pressi di Gerusalemme. Su questo punto non possiamo nutrire alcun dubbio, e per una ragione molto semplice.
Ircano era sommo sacerdote, anche se non del ramo zadochita, ed è per questo che conosceva l’esistenza della tomba. L’informazione, infatti, veniva trasmessa nell’ambito sacerdotale e quindi tutti i suoi predecessori la possedevano. Ebbene, non è possibile che i vari sommi sacerdoti che si sono succeduti a Gerusalemme dal rientro dall’esilio babilonese si sarebbero astenuti dal fare quello che fece Ircano, se solo ne avessero avuto la possibilità e l’opportunità; se cioè la tomba fosse stata a portata di mano nei dintorni di Gerusalemme.
Dalla storia di Giuseppe Flavio appare fin troppo evidente che molti dei sommi sacerdoti che si sono succeduti a Gerusalemme durante questo periodo erano persone avide e totalmente prive di scrupoli. Spesso avevano “comperato” la carica a caro prezzo, perché sia i Tolomei che i Seleucidi avevano l’abitudine di rimpinguare le proprie casse mettendo la carica di sommo sacerdote all’asta al miglior offerente.
Se nessuno di loro aveva saccheggiato la tomba, come appare evidente dall’enorme quantità di denaro che ancora conteneva quando Ircano l’aprì, è semplicemente perché si trovava al di fuori della loro portata. Quindi lontano da Gerusalemme, in zona non soggetta alla loro autorità e della quale non avevano alcuna conoscenza diretta.
Ma non poteva essere un posto qualsiasi, ignoto alla famiglia sacerdotale e a chi ha tramandato la loro storia. Tutte le testimonianze contenute nella Bibbia e nei testi collaterali non canonici sono concordi nell’indicare la presenza di una caverna molto importante sul monte Horeb, utilizzata per primo da Mosè, che stando al passo di 2 Maccabei 2, l’aveva “consacrata”; poi dai suoi successori immediati, che vi avevano riposto il Tabernacolo, con tutti i suoi arredi, ivi compresa l’arca dell’alleanza; poi da Elia, da Salomone, che vi aveva celebrato gli stessi riti di consacrazione di Mosè ed infine da Geremia, che vi aveva riposto i “vasi sacri” del Tempio di Gerusalemme, per sottrarli alla cattura.
La tomba saccheggiata da Ircano non poteva essere in nessun altro luogo che sul monte Horeb. E quel monte era lo stesso identificato come tale da Egeria, perché le indicazioni fornite da Giuseppe Flavio lo collocano proprio nel paese dei Nabatei.
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