Giacobbe, si è detto, era nato nel 12/13.mo anno di Amenofi III e si trasferì in Egitto 67 +/- 2 anni dopo. In questo lungo arco di tempo si sono succeduti sul trono d'Egitto Akenaton, Smenkare, Tutankamon, Ay e Haremab. La durata dei regni di Tutankamon, Ay e Haremab non è del tutto certa ed un grosso punto interrogativo resta sulla durata della correggenza fra Amenofi III e Akenaton (almeno da un punto di vista di documenti egizi), che alcuni autori non considerano proprio, mentre C. Aldred la fa durare undici anni. I dati biblici concordano bene con questa seconda ipotesi, alla quale ci siamo attenuti. La vicenda di Giuseppe viene così a cadere durante il regno di Haremab.
Haremab era un soldato di stirpe non reale, che aveva compiuto gran parte della sua carriera nelle provincie asiatiche. Quando si impadronì del trono, fece un repulisti dei funzionari corrotti o compromessi con la precedente politica filoittita del periodo di Amarna, insediando uomini nuovi, alcuni dei quali provenienti dalle provincie asiatiche.[1] E' quanto accade appunto nel racconto di Giuseppe, in cui vediamo alcuni funzionari di altissimo rango messi sotto processo e un non-egizio, asiatico per l'appunto, innalzato ad una posizione di grande responsabilità.
Le due cose, però, non sembra possano essere messe in relazione fra loro, per via di un gap cronologico difficilmente giustificabile. Haremab sostituì i vecchi funzionari certamente nei primi anni del suo regno, mentre, in base alle conclusioni appena raggiunte, Giuseppe fu nominato visir verso la fine e più precisamente fra il 19.mo ed il 21.mo anno. Inoltre, ragioni geografiche inducono ad escludere che quando la Genesi parla del "faraone" si riferisca ad Haremab. Il sovrano risiedeva a Tebe e con lui i suoi ministri e l'intera corte. Dal racconto di Genesi risulta che Giuseppe era inizialmente uno schiavo destinato a svolgere il proprio servizio presso le carceri (Gn.29,22-23), dove conobbe i due ministri "in attesa di giudizio", di cui egli interpretò correttamente i sogni. Presso gli egizi la "prigione" era un luogo di detenzione non di condannati, ma esclusivamente di imputati in attesa di giudizio.[2] E' facile rendersi conto che il carcere in cui prestava servizio Giuseppe non poteva essere lo stesso impiegato da Haremab per imprigionare i suoi funzionari corrotti.
Due anni dopo il giudizio dei due funzionari in questione (Gn.41,1) Giuseppe fu segnalato al "faraone", che, impressionato dalla sua interpretazione del famoso sogno delle sette vacche grasse e sette magre, lo innalzò alla carica di visir: "Tu sarai personalmente sopra la mia casa e tutto il mio popolo ti obbedirà in modo implicito. Solo in quanto al trono io sarò più grande di te". E faraone aggiunse a Giuseppe: "Vedi, io ti pongo sopra tutto il paese d'Egitto." Allora il faraone si tolse dalla mano il sigillo e lo mise nella mano di Giuseppe e lo vestì con vesti di lino infine e gli pose al collo una collana d'oro. Inoltre lo fece montare sul secondo carro d'onore che egli aveva ... e disse ancora a Giuseppe: "Io sono il faraone, ma senza la tua autorizzazione nessun uomo può alzare la mano o il piede in tutto il paese d'Egitto." (Gn.41,41-44).
Che il forestiero Giuseppe abbia potuto assurgere ex abrupto dalla condizione di "schiavo" ad una carica simile soltanto perché ad Haremab era piaciuta la sua interpretazione di un sogno appare una bella favola. Gli egizi davano grande importanza ai sogni, tant'è vero che la corte pullulava di specialisti nella loro interpretazione; ma proprio per questo è inverosimile che Giuseppe sia divenuto gran visir di tutto l'Egitto solo perché la sua interpretazione di un sogno apparve più brillante di quelle altrui. Il racconto è senza dubbio romanzato, con l'aggiunta di particolari di fantasia e qualche evidente esagerazione.
L'esagerazione, tuttavia, non dovrebbe tanto riguardare i poteri di Giuseppe, che possiamo ritenere abbastanza vicini a quelli descritti, quanto piuttosto l'estensione del territorio entro cui essi venivano esercitati. Il "re dell'Egitto" Haremab, quello che noi definiamo "faraone", e la sua corte risiedevano a Tebe, ben lontano dal delta del Nilo. Non c'è dubbio, invece, stando al racconto biblico, che Giuseppe risiedeva nell'area nord-orientale del delta. Quando i suoi fratelli vennero in Egitto ad acquistare grano, seguirono ovviamente la pista della Palestina. Il primo grosso centro egizio che incontrarono, quello che controllava la via e attraverso cui passava il commercio da e per l'Egitto, fu Avaris, sul ramo orientale del Nilo. "La venivano imbarcate le mercanzie siriane che risalivano il Nilo a vela fino a Menfi. Là arrivavano le carovane di asini dal Sinai. Nei mercati, nelle strade e negli uffici di Avaris risuonava da tempo immemorabile una folla di lingue straniere."[3] Certamente essi si fermarono ad Avaris per fare i loro acquisti.
Giuseppe risiedeva sul posto (in Gn.45,10, infatti, egli dice al padre: "Abiterai nella terra di Gosen e sarai vicino a me”) ed era, a quanto risulta dal testo biblico, la massima autorità locale, il che significa che era il visir di Avaris o il suo factotum. I visir erano autorità locali che governavano in nome e per conto del faraone e pertanto nel loro distretto esercitavano un potere assoluto, soggetto soltanto alla supervisione del potere centrale (che risiedeva a Tebe). Era una carica estremamente importante, cui accedevano soltanto uomini di fiducia del faraone o del suo "gran visir", una specie di primo ministro plenipotenziario, cui facevano capo tutti i funzionari dello stato.[4]
Il carcere di cui parla la Genesi era certamente nella stessa città in cui Giuseppe era stato venduto schiavo e di cui successivamente divenne governatore e cioè di Avaris. Non è possibile che Haremab abbia imprigionato i suoi ministri sotto inchiesta ad Avaris, a centinaia di chilometri di distanza da Tebe. Il racconto biblico si riferisce quindi al rappresentante locale del faraone e cioè al "visir del Paese del Nord", che era allora un certo Pramsess. Che quest’ultimo fosse governatore della città di Avaris, viene confermato anche dalla cosiddetta "stele dell'anno 400", trovata da Auguste Mariette nel 1865: "L'anno 400, il quarto giorno del quarto mese ... sono venuti Seti, figlio del Principe Signore della città e visir Pramsess ...".[5]
Chi era questo Pramsess? Era figlio di un certo Seti, di Avaris, persona che alcuni storici ritengono di umili origini, che aveva fatto una discreta carriera nell'esercito, giungendo al grado di "comandante delle truppe". Il figlio seguì la carriera del padre, ed entrò al servizio di Haremab. Durante il regno di Ay molto probabilmente il giovane ufficiale Pramsess svolgeva servizio nelle provincie asiatiche, in Siria o più probabilmente in Palestina.[6]
Quando Haremab salì al trono, Pramsess lo seguì a Tebe e dovette rendergli servigi assai preziosi, perché compì una carriera rapidissima, cumulando una quantità prodigiosa di altissime cariche: "visir del Paese del Nord, sovrintendente ai cavalli, comandante delle fortezze, sovrintendente alle foci del fiume, generale dell'esercito del Signore dei due Paesi (il faraone), oltre ad una serie di cariche religiose."[7] In breve Pramsess divenne la massima autorità dell'impero dopo lo stesso Haremab, tanto che alla fine fu da lui associato al trono e gli succedette con il nome di Ramsess I, dando così inizio alla gloriosa XIX dinastia.
Fu appunto negli ultimi venti anni di Haremab che Giuseppe divenne il factotum del visir del distretto di Avaris, carica a cui poteva accedere soltanto un uomo di assoluta fiducia del visir stesso, Pramsess. Più tardi, quando Giacobbe si trasferì in Egitto, si vide assegnata la regione di Gosen, nel distretto di Avaris, che era quindi nel territorio feudo di Pramsess. Questo fatto è evidenziato dalla stessa Genesi, che in 47,11 dice: “Giuseppe poi diede al padre e ai suoi fratelli un possesso in Egitto, in un luogo molto fertile, in Ramsess"[8]. Secondo un uso corrente nella Bibbia il territorio viene qui chiamato con il nome del suo proprietario, a dimostrazione di quanto affermato.
Il cenno stesso della Bibbia: "Tu sarai personalmente sopra la mia casa..." è una conferma indiretta che fu proprio Pramsess ( e non Haremab) ad innalzare Giuseppe alla sua alta carica: poiché egli governava nel distretto di Avaris, "sopra la famiglia del faraone", quest'ultimo non poteva essere altri che Pramsess. Ulteriore conferma è il versetto di Genesi 41,45: "... e gli diede per moglie Asenath, figlia di Potifare, sacerdote di Eliopoli". Potifare era sacerdote del tempio di Re, di cui Pramsess era fra l'altro, come rappresentante del faraone, sommo sacerdote, e comunque sovrintendente. Soltanto lui poteva farsi promotore di un matrimonio del genere. Tutto, quindi, concorre a confermare che Giuseppe era un funzionario al servizio di Pramsess, Visir del Paese del Nord e futuro faraone col nome di Ramsses I. [9]
Si tratta ora di stabilire in quale anno esattamente sia avvenuto l'incontro con i fratelli di Giuseppe. La Genesi offre un riferimento ben preciso quando parla della carestia che costituì il motivo primo del viaggio dei fratelli di Giuseppe in Egitto. Il racconto biblico non è attendibile quando riferisce dei sette anni di abbondanza e sette di carestia. Queste cifre non significano nulla, in quanto hanno un valore puramente "estetico", nell'ambito di un episodio che è stato sicuramente romanzato. In Genesi 41,50, infatti, si parla espressamente "dell'anno della carestia" come se fosse stato uno soltanto. Più avanti, da Genesi 47,18, si potrebbe anche pensare che gli anni di carestia siano stati due consecutivi. Ad ogni modo non risulta dalla narrazione che si sia protratta per un tempo più lungo.
L'Egitto era soggetto a carestie ricorrenti, dovute al mancato aumento del livello del Nilo; perciò il paese si era attrezzato ormai da millenni per superare queste temporanee difficoltà, immagazzinando scorte di cereali negli anni di abbondanza. Quel che riferisce il racconto biblico, pertanto, rientra nell'ambito della normalità, nel senso che Giuseppe non ha fatto altro che seguire una prassi normale. Rientrava infatti nei compiti dei visir quello di immagazzinare scorte negli anni grassi per ridistribuirle in quelli magri.[10]
Quel che non è affatto normale è che la carestia di cui parla Genesi non può essere imputabile ad un mancato aumento delle acque del Nilo (non soltanto, per lo meno), ma fu provocata da un irregolare andamento climatico. Essa colpì, infatti, non soltanto l'Egitto, ma contemporaneamente anche paesi che con il Nilo non hanno nulla a che spartire, quali la Palestina in cui risiedeva Giacobbe. Fu quindi un fenomeno di vaste proporzioni, che interessò, oltre all’Egitto, almeno anche l'intera area palestinese. Fenomeni del genere sono infrequenti, ma non impossibili e si sono verificati anche in epoche a noi vicine.[11] Ma lasciamo perdere, per ora, le cause di questa carestia, che non sono rilevanti ai fini della presente analisi; per lo meno non quanto l'anno in cui la carestia si è verificata: fu quello precedente alla venuta di Giacobbe in Palestina.
Data la gravità della carestia, dovrebbe essere rimasta traccia nelle cronache egizie dell'epoca. Esse potrebbero così confermare la data esatta delle venuta di Israele in Egitto, che sulla base dell'età di Beniamino abbiamo valutato essersi verificata fra il terzo ed il quinto anno dopo la nomina di Giuseppe a funzionario del visir, vale a dire il 24.mo ed il 26.mo anno di regno di Haremab. Secondo alcuni storici Haremab regnò per 25 anni; la maggior parte, però gli attribuiscono 28 anni di regno, con l'eccezione di Aldred che li porta a 30. Nell'ipotesi che sia corretta la prima cifra, la sistemazione di Giacobbe nel Gosen, "la terra migliore di tutto l'Egitto", potrebbe essere avvenuta durante il brevissimo regno di Ramsess I, all'indomani della sua incoronazione. In caso contrario essa avvenne negli ultimi anni di Haremab.
La questione, tuttavia, non ha alcuna rilevanza per quanto riguarda Israele, perché non ci può essere dubbio che fu comunque Ramsess I a concedergli l'autorizzazione a risiedere in Egitto. Era lui, infatti, il vero padrone del Gosen e vedremo fra poco che aveva motivi personali per concedere ad uno straniero come Giacobbe un territorio egizio. Ci sono anche elementi oggettivi i quali confermano che il "faraone" a cui fu presentato Giacobbe non appena arrivato in Egitto (Gn.47,7), era non Haremab, ma lo stesso Pramsess. Non risulta, infatti, che il patriarca abbia effettuato un lungo viaggio via fiume per presentarsi a lui. L'incontro, quindi, avvenne certamente nell'area di Avaris e non a Tebe, e pertanto il personaggio cui fu presentato doveva essere la più alta autorità locale. Se si considera che era persona a cui Giuseppe aveva accesso immediato e con cui aveva un rapporto in certa misura confidenziale, appare evidente che doveva trattarsi del suo superiore diretto e cioè del visir del Paese del Nord, Pramsess.
[1] “(Haremab) stigmatizzò come eretici i membri superstiti della famiglia reale amarniana e allontanò dalle cariche tutti coloro che si erano compromessi per i rapporti personali o per cariche ricoperte ad Akhet-Aton e durante il regno dei faraoni Akhenaton, Smenlshare, Tutankhamon e Ay. Ma Haremab ebbe soprattutto il merito di aver agito con decisione e con incredibile durezza contro i funzionari corrotti, di ogni grado, che da tempo infestavano gli uffici dell’amministrazione” (F. Cimmino, Ramesses II il Grande, Rusconi, Milano 1984, p. 40).
[2] “Non erano previste pene detentive e le prigioni ospitavano solo coloro che erano in attesa di giudizio penale e gli schiavi stranieri fuggiti e ripresi dal corpo di polizia” (F. Cimmino, Vita quotidiana degli Egizi, cit., p. 156).
[3] K.A. Kitchen, Op. cit., p. 18.
[4] "Il sovrano non poteva reggere il Paese soltanto attraverso i suoi delegati provinciali. Padrone dell'universo, signore e padre di tutti gli uomini, interprete dei desideri divini, espressione terrestre degli dèi, il faraone, limitato nelle sue azioni quotidiane da un cerimoniale fastoso, doveva necessariamente avvalersi dell'opera di uomini capaci di svolgere per lui le altissime mansioni cui era chiamato dalla sua paterna figura divina”. “ ...l' Egitto riuscì in parte a parare le nefaste conseguenze dei periodi critici, immagazzinando cereali nelle annate buone. I visir si vantavano di essere uomini che ammassavano grano e che, quando veniva la carestia, potevano dare grano alle loro città” (F. Cimmino , Vita quotidiana degli Egizi, cit., pp. 142 e 30).
[5] K.A. Kitchen, op. cit., c. II; A. Gardiner, La Giviltà Egizia, Einaudi, Torino 1971, pp. 126-127
[6] “Il figlio di Seti, Pramsess, seguì l'esempio di suo padre e abbracciò la carriera militare [...] Egli raggiunse dapprima il grado di “Comandante delle Truppe” (come Seti); divenne poi Sovrintendente alle scuderie, ciò che gli permise di entrare nel corpo d’élite dei carri (...) fu infine nominato generale, poi Comandante di Fortezza (...) La sicurezza delle frontiere di Canaan e quelle delle coste del Delta poggiavano sulle sue spalle” (K.A. Kitchen, op. cit., p. 37).
[7] A. Gardiner, op. cit., p. 227.
[8] Il Martini commenta in proposito: “ Ramsess è sinonimo di Gosen; tale nome è usato qui per anticipazione, poiché solo più tardi, cioè al tempo di Ramsess II venne probabilmente così chiamata la detta località”. E più verosimile, invece, che quel nome venga qui impiegato, secondo un uso consueto nella Bibbia, per indicare “ il territorio di Ramsess”. Dice infatti il Kitchen (op. cit., p. 17): “Era la ricca striscia di fertili terre, il "territorio di Re”, che si stendeva tra Eliopoli e Avaris, che costituiva l'accogliente feudo cosmopolita della famiglia dell'eroe del nostro racconto: Ramsess”. La logica stessa vuole che il visir del Paese del Nord, Pramsess, riguardasse il proprio paese d'origine, quello dove risiedeva la sua famiglia e i suoi parenti, come un vero e proprio feudo personale, indipendentemente dalle sue origini più o meno nobili.
[9] tutto il brano, poi, è la più chiara e lampante dimostrazione che quando la Bibbia parla di "faraone" non intende il re dell'Egitto, ma un suo funzionario di grado più o meno elevato, come già fatto rimarcare in altre occasioni.
[10] "I visir si vantavano di essere uomini che ammassavano grano e che, quando veniva la carestia, potevano dare grano alle loro città" (F. Cimmino, Vita quotidiana degli egizi, p 30)
[11] Nel 1848 il Nord America e l'intera Europa furono colpiti da una terribile carestia. Soltanto nell’Irlanda ci fu la spaventosa cifra di un milione di morti per fame. L'anno successivo ben sette milioni di emigranti lasciarono l'Europa per l'America. Causa di questa catastrofe fu l'esplosione di un vulcano in Alaska (cfr e E. Stommel, L'anno senza estate, in “Le Scienze”, n. 132, agosto 1979), che proiettò nell'atmosfera enormi quantità di pulviscolo, provocando un andamento climatico fortemente irregolare: quell'anno l'estate non si presentò al suo appuntamento usuale, tanto che ci furono nevicate in pieno luglio e agosto; i raccolti andarono perduti e l'Europa intera fu ridotta alla fame. Può essere che un fenomeno analogo si sia verificato nel bacino orientale del Mediterraneo proprio verso la fine del secolo XIV a.C.