Ma chi era questo faraone? Non ci possono essere dubbi in proposito: doveva trattarsi di Sethnakht, l’iniziatore della XX dinastia. Di Sethnakht non sappiamo quasi nulla; probabilmente era un anziano militare, che aveva servito nell’esercito fin dai tempi di Merenptah. E’ probabile che fosse imparentato in qualche modo con la famiglia reale, ma di certo non poteva vantare diritti al trono. Di fronte allo sfacelo provocato dagli ultimi sovrani della XIX dinastia, si era ribellato, prendendo il potere e riportando rapidamente l’ordine in tutto l’Egitto.
Da una stele fatta incidere nell’isola di Elefantina nel suo secondo anno regno, sappiamo che la presa di potere di Sethnakht fu contrastata nel nord dell’Egitto da suoi oppositori, che erano ricorsi all’aiuto di mercenari “asiatici” non meglio specificati. Nel corso del suo primo anno e mezzo di regno Sethnakht riuscì a schiacciare i suoi oppositori e si impadronì dell’oro, ornamenti e vesti preziose dei mercenari asiatici. La repressione ebbe termine nel decimo giorno del secondo mese di shemou, del secondo anno, dopodiché Sethnakht si dedicò alla ricostruzione e riorganizzazione del suo regno.
Non si hanno notizie di sue campagne militari in Asia, ma sappiamo che alla sua morte lasciò in eredità al figlio Ramses III un impero ordinato e rappacificato. Quindi fu lui, senza dubbio, che provvide a riportare all’ordine anche la Palestina.
Non abbiamo informazioni storiche che la Palestina si fosse ribellata durante gli ultimi anni della XIX dinastia. La descrizione apocalittica del papiro Harris sulle condizioni caotiche esistenti allora in Egitto aveva lo scopo di legittimare l’usurpazione del trono da parte del fondatore della XX dinastia, per cui è certamente esagerata; e comunque si riferisce all’Egitto, non alla Palestina. Tradizionalmente i piccoli feudatari (quelli che la Bibbia chiama “re”), che governavano le sue città principali, giuravano fedeltà personalmente al faraone in carica. E’ probabile, quindi, che essi fossero rimasti fedeli alla regina Tauseret, ultima sovrana della XIX dinastia, e appoggiassero il suo legittimo erede[1]. Dalla stele di Elefantina sembra evidente che coloro che si opponevano all’usurpatore Sethnakht, verosimilmente i sostenitori del legittimo erede al trono, chiesero aiuto alle popolazioni della Palestina, molte delle quali dovettero inviare truppe in loro supporto.
Sethnakht sconfisse le truppe mercenarie “asiatiche”, impossessandosi del loro oro, argento e oggetti preziosi; dopodiché si dedicò a ricostruire e riorganizzare il paese, ormai completamente rappacificato, segno che a quell’epoca la Palestina era già stata sottomessa. Qualcuno dovette farlo per lui. Da una iscrizione su una stele rinvenuta a Medinet Habu, apprendiamo che il suo figlio primogenito, futuro Ramses III, quando ancora non era faraone effettuò una campagna militare contro gli amorrei. Dobbiamo quindi presumere che mentre Sethnakht era impegnato a combattere i suoi oppositori in Egitto, suo figlio era intento a fare altrettanto in Palestina. Ma con quali truppe? Non è realistico pensare che Sethnakht potesse permettersi di distaccare in Palestina una parte considerevole delle sue forze, prima ancora di aver debellato i suoi oppositori in Egitto.
Ed è qui che entrano in ballo gli israeliti di Giosuè. Sethnakht risolse il problema in maniera brillante, con minimo impiego di uomini da parte sua, e per di più con un notevole afflusso di risorse finanziarie nelle sue casse esauste. Una soluzione che appare in tutta la sua spregiudicatezza e genialità dal racconto biblico della conquista. Da qualche parte a nord di Eilat, in territorio madianita, c’era un popolo fuggito dall’Egitto poco più di venti anni prima, che Merenptah aveva cercato di cancellare dalla faccia della terra; un popolo che anelava a ritornare in quella Palestina da cui era uscito ai tempi di Giacobbe. Sethnakht pensò bene di sostituire le popolazioni della Palestina che si erano schierate contro di lui con le tribù di Israele, sulla cui lealtà, in quanto affossatore della XIX dinastia, poteva sicuramente contare. Lo dimostra l’atto di sottomissione immediata di Giosuè nei confronti dell’ufficiale inviato dal faraone a Gilgala, per guidare e appoggiare l’invasione[2].
Fu lui a dare il via libera ad Israele per l’invasione della Palestina; lui a dare l’ordine di sterminare fino all’ultimo infante le popolazioni delle città conquistate (31 in tutto - Gs 12, 24).
Gli Israeliti potevano occupare il territorio ed impossessarsi del bestiame delle popolazioni sterminate, ma dovevano riservare l’oro, l’argento ed ogni altro oggetto prezioso per Sethnakht, che in tal modo si assicurava un abbondante flusso di risorse finanziarie per consolidare la sua posizione in Egitto[3]. E’ possibile che queste risorse, e la terribile impressione suscitata dalla risolutezza e spietatezza della campagna palestinese, abbiano contribuito in maniera determinante al suo successo in Egitto. Le truppe “asiatiche” che sostenevano i suoi oppositori devono essersi sbandate e devono aver fatto precipitosamente ritorno in patria, non appena giunse loro notizia dei massacri e distruzioni operati dagli ebrei, consentendo a Sethakht di avere facilmente ragione dei suoi oppositori.
Un paio di anni dopo, Sethnakht lasciò in eredità al figlio Ramses III un Egitto ordinato ed una Palestina tranquilla e fedele a tutta prova. Ramses poté insediarvi i suoi funzionari senza colpo ferire. Tracce della sua amministrazione, infatti, sono state rinvenute negli scavi archeologici di una lunga serie di città, fra cui alcune che erano state conquistate (ma non distrutte, vedi Gs. 11, 13) dagli Israeliti, come Megiddo.
[1] Non è escluso che Sethnakht si sia sollevato contro la stessa regina Tauseret, che, in quanto donna, forse non aveva l’autorità sufficiente per mantenere l’ordine nell’impero
[2] Probabilmente si trattava del figlio di Sethnakht, che gli sarebbe poi succeduto con il nome di Ramses III. Da alcune iscrizioni sul tempio di Medinet Habu, sembrerebbe certo che abbia effettuato una campagna militare in Asia prima di diventare faraone e quindi agli ordini di suo padre. Una campagna necessariamente coincidente con quella di Giosuè
[3] È sintomatico che la stele di Elefantina dichiari che Sethankht si impossessò dell’oro, argento ed altri preziosi dei mercenari asiatici; fatto che trova preciso riscontro nella Bibbia quando dice che l’oro, l’argento e altri preziosi delle popolazioni cananee sterminate dovevano essere riservati a Jahweh.
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