“I
figli di Israele partirono da Ramses dirigendosi verso
Succoth in numero di
seicentomila maschi adulti”
Così, in Esodo 12, 37, inizia l’epopea dell’esodo del popolo ebraico, un’epopea che storici e addetti vari ai lavori dubitano sia realmente avvenuta e comunque, se qualcosa avvenne, non fu certo, secondo loro, nelle forme descritte nella Bibbia. Interpretano, si contraddicono, glissano, si arrampicano sugli specchi, attaccandosi ad ogni ipotesi e teoria, per quanto stravagante e improbabile, che sembri loro più realistica di quanto narrato nel testo, che viene considerato, con accademica supponenza, una semplice traccia a cui ispirarsi per riscrivere a proprio piacere i fatti da esso narrati.
Che si tratti di fatti apparentemente straordinari è indubbio, ma questo non significa che siano stati inventati da un qualche ignoto “romanziere” dotato di una fantasia e di una abilità difficili da immaginare.
Basta analizzare il racconto dell’esodo per se stesso per rendersi conto che si tratta di un racconto popolare impossibile da inventare, ricco com’è di tanti piccoli episodi che non danno alcun contributo ad una eventuale tesi che dovrebbe costituire il filo conduttore di un racconto inventato. Sono stati raccontati soltanto perché… realmente accaduti.
Come sempre accade nei racconti popolari, tuttavia, cause e motivazioni reali dei fatti sfuggono alla comprensione del narratore, o sono il frutto di una sua personale impressione o anche di una sua espressa volontà di accreditare una ben determinata interpretazione; ma i fatti per se stessi non sono il frutto della sua fantasia; sono realmente accaduti, magari enfatizzati in qualche caso, ma fatti reali.
Alcuni di essi sono presentati come veri e propri miracoli, ad esempio il passaggio del Mar Rosso, e tutta la vicenda, dai “quarant’anni” di peregrinazione nel deserto alla fulminea conquista della Palestina, allora una provincia del più potente impero del mondo, appare al limite della credibilità.
Niente di miracoloso in tutto ciò. Questi avvenimenti sono l’opera di un uomo di grandissimo genio che ha saputo sfruttare le circostanze, gli elementi ambientali e la natura umana per impadronirsi di un’accozzaglia di tribù senza capo, senza religione né legge, e trasformarle in un popolo che avrebbe riempito la storia della sua religione, dei suoi ideali e delle sue leggi.
La quasi totalità degli studiosi ritiene che si tratti di un racconto fantastico, solo perché non riescono a trovare spiegazioni soddisfacenti ai fatti narrati, né prove archeologiche o riferimenti nella letteratura del medio Oriente; ma soprattutto non riescono a stabilire una cronologia coerente dei fatti né un itinerario aderente al racconto. Cosa evidentemente impossibile, se si accetta per certa l’identificazione del Santa Caterina con il monte Sinai, quello intorno a cui ruota tutta la vicenda dell’esodo. Essendo questa identificazione errata, il racconto risulta incoerente. Non si tratta infatti di un racconto vago, adattabile a qualsiasi itinerario e lasso di tempo. È al contrario una cronaca molto precisa e dettagliata, che riporta con esattezza le località raggiunte e i tempi di percorrenza e di permanenza, per cui ci può essere soltanto un percorso che corrisponde interamente ai dati riportati nel testo: quello vero.
La scoperta di Har Karkom, il vero monte Sinai, conferisce al racconto di Esodo il carattere di cronaca storica. Innanzitutto l’ambientazione dei fatti nel territorio viene ad essere del tutto coerente con il racconto e l’itinerario può essere ricostruito passo passo, ora per ora, in totale aderenza ai dati della narrazione.
E, cosa più importante, si vengono a scoprire una grande quantità di evidenze archeologiche, alcune delle quali danno la certezza che i fatti si sono svolti nella valle Karkom, esattamente come riportato nel racconto.
Il racconto, quindi, acquista piena credibilità, il che consente di stabilire una cronologia assoluta dei fatti narrati e di trovare corrispondenze storiche e letterarie che li confermano a loro volta. In particolare vengono a chiarirsi le modalità della conquista della Palestina e con esse anche alcuni aspetti oscuri della storia egizia, strettamente collegati.
Non ultimo un certo numero di siti archeologici di Har Karkom, come ad esempio un grande accampamento dell'epoca dei Maccabei, vengono a trovare una precisa corrispondenza, sia tipologica che di datazione, con fatti narrati successivamente dalla Bibbia e da storici come Giuseppe Flavio. Fatti che confermano, sia pure indirettamente, la storicità dell’esodo.
Una epopea gloriosa la cui portata sfugge anche agli stessi discendenti di quel popolo, che viene fatto apparire come uno strumento ignaro e passivo di una volontà superiore. Certo, senza la guida di un genio straordinario come Mosè l’esodo non sarebbe mai avvenuto. Ma il popolo ebraico in questa vicenda costruì il suo straordinario futuro in maniera cosciente, tutt’altro che passiva.