I cristiani identificano il sacro monte Horeb della Bibbia con il Gebel el Musa, il “Monte di Mosè”, nel massiccio del Santa Caterina, all’estremità meridionale della penisola del Sinai. Una montagna imponente e suggestiva, meta di pellegrinaggio da oltre 1500 anni.
Se si è alla ricerca di emozioni mistiche e suggestioni religiose, non c’è forse luogo più indicato in tutta l’area del Sinai. Se si cerca invece la realtà storica che ha ispirato il racconto biblico, si è sicuramente nel posto sbagliato.
Nessun resto archeologico anteriore al sesto secolo a.C. (vedi: Monte sacro sì, ma soltanto da 1500 anni) è mai stato trovato in questa area. Inoltre l’ubicazione e la topografia di questa montagna non trovano rispondenza nel racconto biblico.
Per tali ragioni vari studiosi hanno proposto
differenti ubicazioni per la montagna sacra, come indicato nell’illustrazione
a fianco, basandosi su considerazioni di carattere letterario, mai su reperti archeologici.
Diversi di essi rifiutano il Santa Caterina, ma identificano il monte Sinai con montagne che
comunque si trovano intorno ad esso, come il Jebel Musa, il Jebel Serbal o il Jebel Banat.
Altri lo posizionano nel settentrione della penisola Sinaitica, come il Jebel Sin Bisher o il Jebel Halal.
C'è chi propone il Jebel Harun, vicino a Petra, dove, secondo una tradizione locale, sarebbe morto Aronne.
Infine c'è chi si spinge oltre, nella penisola arabica, indicando il Jbel Bakir, il Jebel Lauz e altri ancora.
Nel 1982 il Prof. Emmanuel Anati, annunciò al mondo di aver scoperto il monte di Mosé, nel deserto del Negev, in Israele, con un libro monumentale, tradotto in tutte le lingue dal titolo significativo: Har Karkom, il monte di Dio”
Due anni prima aveva ottenuto una concessione archeologica di circa 200 kmq nel Negev, comprendente per intero il monte Karkom, dove ancora studente aveva scoperto un eccezionale complesso di arte rupestre. Lo scopo iniziale era quello di poter studiare quelle incisioni, di cui era diventato il massimo esperto mondiale.
Ma molto presto egli scoperse una impressionante quantità di evidenze archeologiche indicanti che Har Karkom era stata una montagna sacra fin dal paleolitico ed in particolare nell’età del Bronzo. Non poche di queste evidenze corrispondono a quanto riferito nel racconto biblico (si veda, per esempio, la foto a fianco di Anati, che osserva una incisione rupestre che sembra rappresentare le tavole della legge)
Anati non tardò ad annunciare al mondo di aver scoperto il monte di Dio, il vero monte Sinai di Mosè.
Il deserto dove è situato Har Karkom è di un tipo particolare chiamato “hammada”. La caratteristica principale di questo terreno, coperto da uno strato compatto di ciottoli (vedi la foto a lato), è che non c’è attualmente alcun processo di sedimentazione e di erosione. La superficie è rimasta immutata per migliaia di anni, e mantiene in perfetto stato di conservazione le tracce lasciate da chiunque vi abbia piantato una tenda o costruito un’abitazione negli ultimi 50 mila anni o anche più.
SITI PALEOLITICI
Circa 200 villaggi paleolitici, che coprono un periodo di oltre 40 mila anni, sono stati identificati sull’altipiano di Har Karkom. Il loro stato di conservazione è straordinariamente buono, come se fossero stati appena abbandonati; tutti hanno fornito un’abbondante quantità di strumenti litici, che hanno consentito la loro datazione precisa.
Uno di questi villaggi, formato da cinque grandi capanne, è ritratto nella seguente figura, mentre nella successiva sono chiaramente visibili le impronte di numerose capanne, insieme ai sentieri paleolitici (che erano tenuti puliti dai sassi, a differenza di quelli successivi) e le tracce di pneumatici moderni. Migliaia di anni separano queste tracce, ma non c’è modo di stabilire la loro età, se si prescinde dagli strumenti litici. Fra le capanne è chiaramente visibile anche un geoglifo, che rappresenta la sagoma di un grande mammifero; la sua età non può essere stabilita in alcun modo.
Di particolare interesse è un sito presso il bordo del plateau, dove all’incirca 30.000 anni fa’ uomini paleolitici hanno radunato molte grosse pietre di selce, di forma vagamente antropomorfa, costituendo una sorta di galleria d’arte (o si trattava piuttosto di un santuario? Nessuno potrà mai stabilirlo con certezza). Niente di simile è mai stato trovato nel resto del mondo, segno che la montagna godeva di una considerazione del tutto speciale fra i paleolitici.
Più di 1200 siti archeologici sono stati censiti fino ad oggi nella concessione di Har Karkom; circa il 30% di essi sono paleolitici.
SITI DELL’ETA’ DEL BRONZO
Un altro 30% circa dei siti archeologici di Har Karkom appartiene all’età del Bronzo e sono perciò denominati BAC (Bronze Age Complex).
Più di 2.000 strutture abitative di vario tipo (vedi foto a lato) sono sparse ai piedi del monte, la maggior parte nella valle Karkom, ma molte anche tutto intorno al monte.
Alla stessa epoca risalgono una grande varietà di altre strutture, come altari, stele, piattaforme, tumuli, tombe, fortezze ecc. Vedi, per esempio, un gruppo di piattaforme al bordo meridionale del plateau ed uno dei tanti biblici “gal ed” (mucchi della testimonianza) sparsi nella valle.
La maggior parte dei villaggi BAC si trovano nella valle Karkom, ma ci sono quasi 40 siti, tutti rispondenti ai medesimi criteri costruttivi, che circondano completamente la montagna ed i villaggi ai suoi piedi. Si tratta dei siti a “plaza”, così detti perché costituiti tutti da un numero variabile di strutture disposte in cerchio, in modo da formare una larga corte circolare.
All’interno della corte veniva custodito il bestiame, e le strutture circostanti erano destinate a vari usi, macellazione, silos, abitazioni ecc. Non c’è traccia che indicasse la presenza di nuclei familiari veri e propri: solo maschi adulti. Come non c’è traccia di ceramica di nessuna epoca: solo abbondanza di strumenti di selce, in buona parte paleolitici ritoccati e riusati e altri fabbricati con tecnica BAC.
I plaza sono stati costruiti intorno al monte (vedi cartina), lungo i sentieri principali, ad una distanza non superiore a due km l’uno dall’altro, tutti in vista del precedente e del successivo.
SITI ELLENISTICI E ROMANO-BIZANTINI
Uno dei siti archeologici più notevoli della valle Karkom è un grande accampamento dell’epoca ellenistica (3°-2° secolo a,C,) con circa 120 strutture allineate in stile militare, il più grande sito ellenistico di tutta l'area del Sinai.
Ai limiti del campo ci sono varie sepolture, ma un intero cimitero, con 40 tombe della stessa epoca, si trova ad un paio di km a nord del campo, in direzione dell’unico pozzo della zona, Beer Karkom (pozzo di epoca BAC all'ingresso nord della valle). Questo sito dimostra che in epoca ellenistica è stata effettuata ad Har Karkom una grande spedizione dalla Palestina, nel corso della quale è accaduto qualcosa di drammatico.
Un altro 30% dei siti archeologici di Har Karkom appartiene al periodo romano-bizantino. I siti abitativi di questo periodo erano in tutta evidenza delle comunità monastiche (vedi ad esempio la foto a lato, che mostra una schiera di costruzioni rettangolari del periodo bizantino, allineate lungo il bordo del wadi. Sul retro due grandi cerchi di epoca BAC). La grande abbondanza di monaci residenti nella valle e sul monte Har Karkom è un chiaro segno dell’importanza di questa zona da un punto di vista religioso, nei primi secoli del cristianesimo.
INCISIONI RUPESTRI
Ad Har Karkom ci sono più di 40.000 incisioni rupestri, che coprono un periodo che va dal calcolitico fino all’epoca islamica. La maggior parte delle incisioni sono di epoca BAC e rappresentano spesso animali (in particolare ibex), scene di caccia e simili.
Diverse incisioni sembrano in qualche modo collegate al racconto biblico, per esempio quando esso definisce quel posto un “deserto di serpenti e scorpioni”. Alcune ricordano “l’occhio di Dio”, o il bastone e il serpente di Mosé
O nientemeno che le tavole della legge, come questa incisione dalla forma inequivocabile, divisa in dieci parti, esattamente come nella tradizione rabbinica relativa ai dieci comandamenti.
Har Karkom è presentato in modo completo dallo stesso Emmanuel Anati nel sito http://www.harkarkom.com/. Consulta anche la pagina Bibliografia per avere un elenco di altri siti e degli scritti di Anati sull'argomento.