Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè - lui con il quale il Signore parlava faccia a faccia -
per tutti i segni e prodigi che il Signore lo aveva mandato a compiere nel paese di Egitto, contro il faraone, contro i suoi ministri e contro tutto il suo paese,
e per la mano potente e il terrore grande con cui Mosè aveva operato davanti agli occhi di tutto Israele. (Dt. 34, 10-12)
Con questi tre versetti si chiude il Pentateuco, i cui ultimi quattro libri sono interamente dedicati alle gesta di Mosè. Una delle figure più grandi che siano mai sorte in seno all'umanità, che ha cambiato per sempre il corso della storia.
Eppure sono proprio gli storici, assieme agli esegeti biblici, sia laici che religiosi, che cominciano oggi a mettere in dubbio che egli sia mai esistito, come se vicende come quelle narrate dal Pentateuco avessero potuto scaturire dalla fantasia popolare o da quella di una classe di sacerdoti desiderosa di legittimare in questo modo la religione da essi predicata; e questa religione sarebbe sorta come per magia non si sa come e per opera di chi.
Soltanto una mente ottusa e ottenebrata dal pregiudizio (o dalla malafede) può pensare che le vicende dell’esodo ed i loro protagonisti, in primo luogo Mosè, siano stati inventati di sanapianta.
Mosè è senza dubbio la figura più affascinante della storia, innanzitutto per la eccezionalità delle sue gesta. Il passaggio del Mar Rosso è stata un’impresa che per la genialità e audacia della concezione, la complessità delle operazioni, la meticolosa pianificazione e l’esecuzione brillante e decisa non ha paragoni nella storia.
Armato solo della sua parola è riuscito a sottrarre al faraone una intera popolazione, annientando il fior fiore dell’esercito più potente del mondo di allora. In seguito, attraverso un bagno di sangue e di terrore, ha trasformato quell’accozzaglia di tribù senza capo e senza legge in un popolo che avrebbe riempito la storia delle sue leggi e della sua religione.
Questa religione è la più grande eredità spirituale di Mosè. Nel crearla egli era certamente ispirato da Dio, ma il suo obiettivo primario era quello di assicurare per sempre il futuro della propria famiglia.
Progettò e realizzò un tempio-tenda grandioso, attorno a cui si strinse l’intero popolo ebraico, che grazie ad esso trovò la forza e la determinazione per conquistare la “terra promessa”. Un’impresa apparentemente impossibile, dal momento che la Palestina era allora saldamente sotto controllo egizio, ma che divenne fattibile grazie a Mosè, che seppe scegliere il momento e le alleanze più opportune.
Israele si insediò in Palestina pienamente integrato nell’impero egizio, ma libero di professare la propria nuova religione. Il centro religioso fu istituito a Silo, in cui fu costruito un tempio in muratura , assegnato in perpetuo ai discendenti diretti di Mosè, che da allora in poi sarebbero stati gli unici a potersi fregiare del titolo di “sacerdoti”.
Le vicende della famiglia di Mosè possono essere seguite passo attraverso i vari libri della Bibbia, fino al fatidico 70 d.C., quando Gerusalemme ed il suo Tempio furono distrutti da Tito Vespasiano.
Ma non fu la fine della famiglia sacerdotale mosaica. Sbarcati a Roma, i superstiti riuscirono alla fine ad impadronirsi di quel potentissimo impero che aveva annientato la loro patria.
Una vicenda iniziata con Mosè e tutt’ora ben lungi dall’essere conclusa.