Sotto la guida della famiglia sacerdotale riformata, Gerusalemme rifiorì, la ricostruzione del tempio venne completata e le mura riedificate. La città crebbe rapidamente in popolazione e prosperità e la Giudea ridivenne totalmente ebraica; di pari passo cresceva l’influenza e la ricchezza della famiglia sacerdotale, o meglio delle 24 famiglie sacerdotali, che insieme controllavano l’intero paese.
A capo di Israele non c’era più un re della dinastia davidica, ma il sommo sacerdote, che governava in nome e per conto del sovrano persiano (proprio come ai primi tempi di Silo, quando il sommo sacerdote governava su Israele per conto dell’Egitto, di cui la Palestina era una provincia). Per tutto questo tempo la carica del sommo sacerdozio continuò ad essere attribuita su base ereditaria, ai discendenti in linea diretta di Zadok, vale a dire ai discendenti diretti di Mosè.
Nel 333 a.C. Alessandro Magno sconfisse l’impero persiano e conquistò la Palestina. In un primo momento il sommo sacerdote di Gerusalemme tentò di rimanere fedele al sovrano persiano sconfitto, ma alla fine si sottomise. Alessandro lo trattò amichevolmente e abbandonò il progetto iniziale di insediare in Giudea un governatore macedone, confermando il sommo sacerdote quale suprema autorità del paese, come ai tempi dell’impero persiano.
Poco o nulla si sa di quel accadde a Gerusalemme nei successivi dieci anni del regno di Alessandro e durante la guerra scatenatisi fra i suoi generali per spartirsi le spoglie dell’impero.
Alla fine ritroviamo la Giudea sotto il dominio dell’Egitto, retto dai Tolomei, che attuarono una politica di ellenizzazione del paese, senza però intaccare i privilegi e le prerogative della famiglia sacerdotale di Gerusalemme. Il sovrano, però, si riservò il diritto di nominare personalmente, o in ogni caso confermare la nomina del sommo sacerdote, normalmente dietro pagamento di forti somme. Fu così che il principio ereditario venne spesso ignorato e la carica cominciò a passare da una famiglia sacerdotale all’altra, creando fra di esse rivalità e spesso aspre contese per la conquista della carica di sommo sacerdote.
Nel 199 a.C. la Giudea venne occupata dalla Siria, retta dalla dinastia macedone dei Seleucidi. Per la famiglia sacerdotale cominciarono tempi molto duri, perché i Seleucidi inasprirono fortemente la politica di ellenizzazione del paese, tentando di trasformare Gerusalemme in una polis greca. Questa politica culminò nel 168 con il saccheggio del tempio da parte di Antioco IV ed il massacro di un gran numero di sacerdoti. La religione ebraica venne messa fuori legge, il tempio fu dedicato al culto di Zeus e, a supremo oltraggio, vi si sacrificò un maiale.
La rivolta non si fece attendere, guidata da un certo Mattatia, della famiglia sacerdotale degli Asmonei, che insieme ai suoi cinque figli massacrò gli emissari siriani incaricati di costringere il popolo a sacrificare a Zeus. Due anni dopo, nel 165 a. C., suo figlio Giuda riuscì a liberare Gerusalemme e ridedicò il tempio a Jahweh, dopo averlo purificato. La cerimonia della ridedicazione del tempio sarà ricordata per sempre dal popolo ebraico nella festa di Hannukah, celebrata in ricordo di questo evento. Giuda è conosciuto con il soprannome di “Maccabeo”, che significa “Martello”, che gli fu dato probabilmente in riconoscimento dei suoi successi nel battere i siriani (ma qualcuno sostiene a causa della forma del suo cranio). Benché la Siria rimanesse nominalmente padrona della Giudea, di fatto Giuda Maccabeo agiva come un sovrano indipendente, al punto che nel 161 a.C. stipulò un trattato di mutuo soccorso con Roma.
Durò poco; Giuda fu ucciso in battaglia ed i siriani tornarono nel paese in forze, costringendo suo fratello Gionata, che gli era succeduto nel comando, a ritirarsi nel deserto, con un pugno di fedeli. Alcuni anni dopo, nel 153 a. C., le fortune mutarono per Gionata, che nel frattempo era riuscito a raccogliere un esercito ragguardevole. Per assicurarsene l’appoggio, il nuovo sovrano di Antiochia, Alessandro Bala, lo nominò dapprima sommo sacerdote e poi governatore della Giudea.
Gionata morì in battaglia tra il 144 ed il 143 a.C. e gli succedette nella carica di sommo sacerdote il fratello Simone, l’unico sopravvissuto dei figli di Mattatia. Poco tempo dopo, nel 143 a.C., il re siriano Demetrio II sollevò la Giudea dal pagamento di ogni tributo e l’anno successivo Simone cacciò definitivamente i Siriani. Per i successivi 80 anni la Giudea fu uno stato indipendente, sotto la guida degli Asmonei, che governavano in qualità di sommi sacerdoti, carica a cui ben presto aggiunsero il titolo di re. Nel 141 a.C. venne convocata a Gerusalemme una grande assemblea, che confermò Simone come sommo sacerdote, pur non appartenendo al ramo zadochita, e gli conferì in aggiunta il titolo di “sar am El”: principe del popolo di Dio, mai conferito prima di allora a qualcuno che non appartenesse alla stirpe davidica.
Simone fu assassinato, 5 anni dopo la nomina, da un familiare geloso del suo potere. Gli succedette il figlio Johanan, detto anche Ircano I, che allargò considerevolmente i confini del regno di Giuda, conquistando la Samaria a nord, di cui distrusse il tempio eretto due secoli prima sul monte Garizim, e l’Idumea a sud, che fu convertita al giudaismo.
Gli succedette il figlio Giuda, conosciuto anche con il nome greco di Aristobulo, che riuscì finalmente a farsi proclamare re, nonostante qualche opposizione, dovuta al fatto che non era di discendenza davidica.
Dopo oltre cinque secoli il popolo ebraico aveva nuovamente un re, che iniziava la terza dinastia reale, tratta dalla stirpe dei sacerdoti. Per la prima volta nella storia del popolo ebraico le cariche di sommo sacerdote e di re venivano ad essere cumulate nella stessa persona, cosa che doveva in seguito provocare aspre contestazioni.
Aristobulo continuò l’espansione del regno, completando la conquista della Galilea ed annettendo anche territori del Libano che non avevano mai fatto parte di nessuno dei due regni ebraici. Morì nel 104 a.C. e gli succedette il fratello Ianneo, Alessandro in greco, che regnò per i successivi 27 anni, i più turbolenti nella storia della monarchia asmonea, a causa del suo carattere dispotico e sanguinario e del suo stile di vita dissoluto, indegno di un sommo sacerdote.
Nel 78 gli succedette al trono sua moglie Salomè, nota anche col nome greco di Alessandra, che governò per nove anni e venne poi ricordata come una grande regina, la prima e unica, in Israele. Alla sua morte, il regno di Giuda fu funestato da una guerra civile fra i suoi figli Ircano II e Aristobulo II, per il possesso della corona.
I due contendenti finirono per chiedere l’arbitrato di Pompeo Magno, che nel 63 aveva annesso la Siria a Roma, conquistando Damasco. Pompeo risolse la controversia fra i fratelli occupando Gerusalemme e confermando Ircano II quale sommo sacerdote. Egli però abolì il suo titolo di re e lo nominò semplice governatore, per conto di Roma, decurtando considerevolmente la sua giurisdizione, perché ampi territori nel nord furono annessi alla provincia romana della Siria. Ebbe così termine, per sempre, l’indipendenza di Giuda.
Dopo la partenza di Pompeo, la Giudea conobbe un periodo di pace relativa. Ircano II continuò a ricoprire la carica sommo sacerdote, ma i romani trasferirono il potere civile alla famiglia di un abile ed ambizioso personaggio di origine idumea, Antipatro. Giulio Cesare conferì ad Antipatro la cittadinanza romana e lo nominò procuratore della Giudea, vale a dire rappresentante di Roma nel paese. Il figlio di Antipatro, Phasael, fu nominato governatore di Gerusalemme e un secondo figlio, Erode, governatore della Galilea.
La famiglia sacerdotale reagì alleandosi con i Parti, allora in guerra contro Roma. Con il loro aiuto, il figlio di Aristobulo II, Antigono, riuscì nel 40 a.C. a riprendere Gerusalemme e ad insediarvisi per un breve periodo, facendosi nominare sommo sacerdote in luogo dello zio Ircano, che fu deportato in Partia, e assumendo nuovamente il titolo di re. Fu l’ultimo colpo di coda della dinastia asmonea.
Erode fuggì a Roma, e convinse il senato della sua capacità e lealtà, tanto da essere nominato all’unanimità re della Giudea. Fu così che egli tornò in Palestina accompagnato dalle legioni romane, che nel 37 a.C. catturarono nuovamente Gerusalemme, insediandovi il neoeletto sovrano idumeo, dopo aver giustiziato Antigono. Per legittimare in qualche modo la sua posizione anche agli occhi dei giudei, Erode si affrettò a sposare una principessa asmonea, Mariamme, nipote di Ircano II, con la quale si era fidanzato qualche anno prima. Come sommo sacerdote egli nominò il fratello di Mariamme, Aristobulo III, lasciando la carica nell’ambito della famiglia asmonea.
Con Erode la famiglia sacerdotale perdette definitivamente il trono, ma acquistò un nuovo Tempio, incomparabilmente più grandioso del precedente, aumentando così il proprio prestigio e le proprie entrate. Con l’enorme aumento della popolazione di fede giudea, il tempio costruito da Esdra sulla cima del monte Moriah era divenuto insufficiente ad accogliere gli innumerevoli pellegrini che si recavano a Gerusalemme. Nel 22 a.C. Erode diede inizio ai lavori per ampliarlo. Egli circondò la cima del Moriah con una imponente muraglia, riempiendo le aree circostanti, in modo da creare una spianata con una superficie più che doppia rispetto a quella precedente.
Con la morte di Erode, Roma divise il regno della Palestina fra i suoi tre figli e un legato romano. La famiglia sacerdotale di Gerusalemme rimase come unico elemento di unità del popolo ebraico e raggiunse il culmine della potenza e della ricchezza. Fu allora che si lasciò trascinare in moti antiromani e alla fine in una vera e propria rivolta, che provocò la sua rovinosa caduta. Si avvicinava il giorno del giudizio.
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