Furono riferite a Rebecca le parole di Esaù, suo figlio maggiore, ed essa mandò a chiamare il figlio minore Giacobbe e gli disse: «Esaù tuo fratello vuol vendicarsi di te uccidendoti. Ebbene, figlio mio, obbedisci alla mia voce: su, fuggi a Harran da mio fratello Làbano. Rimarrai con lui qualche tempo, finché l'ira di tuo fratello si sarà placata; finché si sarà placata contro di te la collera di tuo fratello e si sarà dimenticato di quello che gli hai fatto. Allora io manderò a prenderti di là. (Gen.27 42-45)
Dopo il fallito "complotto" per impossessarsi della primogenitura, Giacobbe fu costretto a fuggire e si recò a Harran, deciso a prendere moglie fra le figlie dello zio Labano, seguendo le istruzioni dei genitori. In Gn. 29,2-12 sono riportati i particolari del suo incontro con Rachele, alle soglie della città. E' il racconto del classico "colpo di fulmine" e serve a giustificare la preferenza che, secondo il redattore, il patriarca avrebbe avuto per la più giovane delle sue mogli. E' un genere su cui l’aneddotica popolare si compiace di soffermarsi, arricchendo i fatti spesso con particolari di fantasia, com'è appunto nel racconto in questione, che riporta fatti svoltisi probabilmente in tutt'altra maniera o tutt'altra epoca. Quando Giacobbe arrivò ad Harran, infatti, Rachele doveva avere non più di 6-8 anni.
"Appena udita la notizia che suo nipote era arrivato, Labano si precipitò verso Giacobbe, lo strinse fra le braccia, lo baciò e lo condusse a casa sua. Giacobbe raccontò a Labano tutte le sue vicende. Allora Labano gli disse: "Tu sei uno dei nostri! Del nostro stesso sangue!". Giacobbe dimorò con lui per un intero mese. Dopo ciò Labano disse a Giacobbe: "Tu sei mio fratello e devi servirmi per nulla? Dimmi, quale dovrà essere il tuo salario?" Ora Labano aveva due figlie. Il nome della maggiore era Lea e il nome della minore Rachele. Ma gli occhi di Lea erano spenti, mentre Rachele era divenuta bella di forme e bella di viso. E Giacobbe si innamorò di Rachele. Dunque disse: "Sono disposto a servirti sette anni per Rachele, tua figlia minore" ... e Giacobbe servì sette anni per Rachele..." (Gn.29,13-30)
Il racconto prosegue descrivendo come Labano, trascorsi i sette anni, riuscì con l'inganno a far sposare prima Lea, la maggiore, e dopo altri sette giorni, infine, Rachele, la preferita, per la quale Giacobbe servì poi Labano per ulteriori sette anni. Il racconto non appare molto credibile, ma non ci sarebbero motivi di metterne in dubbio a priori l'esattezza, se non fosse per un particolare, che ha una notevole importanza ai fini della ricostruzione temporale del soggiorno mesopotamico di Giacobbe: gli anni di servizio preventivo per Lea.
Stando al racconto, Giacobbe avrebbe sposato Lea soltanto dopo aver prestato servizio per sette anni effettivi. Questo è inverosimile, perché normalmente in questo genere di transazioni il servizio del genero nei confronti del suocero viene svolto successivamente alle nozze. Infatti, se venisse svolto prima, il futuro suocero non avrebbe di che compensare l'aspirante genero nel caso che alla promessa sposa succedesse nel frattempo un qualche incidente. Inoltre, se la ragazza è già in età da marito, non ha senso procrastinare le nozze, ritardando in modo irragionevole lo svolgimento del compito essenziale di una buona moglie: mettere al mondo dei figli. Per di più, nel caso di Lea, il servizio preventivo è incompatibile con i tempi delle nascite dei figli avuti durante i venti anni di permanenza ad Harran.
In realtà Giacobbe deve aver dichiarato immediatamente a Labano lo scopo del suo viaggio, non appena arrivato ad Harran e subito dovettero iniziare le trattative (è da ritenere che contatti preliminari fossero già stati presi da Isacco e Rebecca o che comunque egli avesse con sé una lettera dei due, vista l'insistenza con cui Isacco ordinò a Giacobbe di sposare una delle figlie di Labano). Una volta raggiunto l'accordo le nozze con la figlia maggiore, Lea, furono celebrate senza indugi. Pertanto esse devono essere avvenute allo scadere del primo mese di permanenza ad Harran: questo sarebbe il senso di quel cenno al primo mese di permanenza ad Harran, alla cui scadenza deve essere avvenuto qualcosa di molto importante. Sette anni dopo Giacobbe sposò anche Rachele, per la quale prestò poi servizio per altri sette anni.
E' proprio l'esame della sequenza dei figli che dimostra in maniera incontrovertibile che Giacobbe sposò Lea subito dopo il suo arrivo in Mesopotamia (vedi tabella ). Giuseppe, undicesimo dei figli maschi di Giacobbe, nacque da Rachele esattamente sei anni prima che egli partisse da Harran; fu allora, infatti, che, terminati i quattordici anni di servizio per le mogli, Giacobbe chiese a Labano di potersene andare (Gn.30,25). Prima della nascita di Giuseppe, Lea mise al mondo sei figli maschi e probabilmente una o più femmine (la Bibbia cita solo i maschi, ma statisticamente dobbiamo presupporre che siano nate anche un certo numero di femmine, che però non venivano tenute in alcun conto e neppure nominate, a meno che non fossero direttamente collegate a fatti notevoli e a matrimoni. L'unica figlia di Giacobbe, infatti, Dina, nata anch'essa da Lea, viene citata soltanto in quanto svolgerà un ruolo di primo piano, anche se passivo, nella distruzione di Sichem).
Se Lea si fosse sposata dopo sette anni dall'arrivo di Giacobbe, avrebbe avuto soltanto sette anni di tempo per mettere al mondo tutti questi figli, il che non è credibile, specie se si considera un episodio che ha una notevole importanza per stabilire la cronologia di questo periodo. In Genesi 29,35 e seguenti si dice che fra il quarto figlio di Lea, Giuda, ed il quinto, Issacar, trascorse un certo numero di anni, durante i quali nacquero i figli di Bilha, Dan e Neftali, e i due di Zilfah, Gad e Aser. Dopo Issacar Lea ebbe ancora Zabulon, nato prima di Giuseppe.
Anche ammettendo che la distanza fra un parto e l'altro fosse molto ravvicinata, non possiamo ritenere, sulla base della sequenza di cui sopra, che Issacar sia nato dopo il dodicesimo anno di permanenza in Mesopotamia. Non è possibile, quindi, che Lea si fosse sposata appena cinque anni prima. Tanto più che Issacar nacque a seguito di un episodio curioso, una specie di baratto pattuito con Rachele, che concesse a Lea una notte d'amore con il marito, in cambio di alcune mandragole (Gn. 30,14-18) (Le mandragole avevano la virtù di rendere fertili le donne e Rachele, sposata già da qualche anno, non riusciva a dare un figlio a Giacobbe, perciò se le procurò; l'effetto fu che nacque Giuseppe). Le mandragole in questione erano state raccolte da Ruben, primogenito di Lea, esattamente nove mesi prima che nascesse Issacar, quindi non più tardi dell'undicesimo anno. All'epoca Ruben doveva avere almeno 8 o 10 anni, perché non è immaginabile un bambino più giovane che se ne va per campi a raccogliere radici. Ciò prova in maniera definitiva che Lea sposò Giacobbe subito dopo il suo arrivo a Harran e non allo scadere del settimo anno.
Diverso il discorso per Rachele. La storia della sua sostituzione all'insaputa di Giacobbe durante la prima notte di nozze è per lo meno sospetta. E' difficile immaginare che Giacobbe fosse sprovveduto al punto da non accorgersi di uno scambio di persona siffatto; ed è ancor più difficile pensare che Labano contasse su tanta ingenuità perché il suo inganno non venisse scoperto fino al mattino successivo. Tutta la faccenda è poco credibile. E' probabile invece che Rachele fosse ancora troppo giovane per sposarsi e che pertanto Labano e Giacobbe avessero convenuto di comune accordo un matrimonio, intanto, con la figlia maggiore e dopo sette anni anche con Rachele, che nel frattempo avrebbe raggiunto l'età da marito. La storia della sostituzione di Rachele con Lea, tuttavia, non è inventata. Abbiamo visto, infatti, che Rachele acconsente a far entrare Lea nel letto di Giacobbe al suo posto, in cambio delle mandragole. Un episodio del genere dopo una routine matrimoniale di anni appare del tutto credibile.
L'analisi delle successive nascite dei figli avuti da Giacobbe dopo Giuda fornisce una conferma di questa tempistica dei matrimoni di Lea e Rachele. Al momento del matrimonio di Rachele, Lea aveva già dato a Giacobbe 4 figli maschi; si può ben comprendere l'ansia di Rachele di avere anch'essa al più presto un figlio. Passarono invece tredici anni dall'arrivo di Giacobbe ad Harran (e quindi sei dal suo matrimonio) prima che Rachele rimanesse incinta di Giuseppe. Questo fatto, oltre a costituire un ulteriore indizio a favore della tesi che Rachele si sposò dopo almeno sette anni, costituisce un criterio sufficientemente attendibile per stabilire con buona approssimazione l'epoca in cui sono nati gli altri figli di Giacobbe.
Rachele deve essersi decisa a infilare nel letto del marito la propria ancella Bilha (Gn.30,3) soltanto dopo che era trascorso un certo tempo dal matrimonio senza che rimanesse incinta; almeno un anno. Dan, pertanto, primo figlio di Bilha, deve essere nato almeno venti mesi dopo il matrimonio di Rachele, vale a dire circa nove anni dopo l'arrivo di Giacobbe in Mesopotamia. Neftali, secondo figlio di Bilha, nacque a ruota, una ventina di mesi dopo Dan. Secondo la sequenza riportata a Genesi 30, l'ancella di Lea, Zilfa, ebbe entrambi i suoi figli, Gad e Aser, dopo Neftali, cioè a partire dalla fine dell'undicesimo anno. Se questo è vero significa che Lea deve essersi decisa a sua volta a mettere la propria ancella Zilfa nel letto del marito soltanto dopo che Bilha rimase incinta di Neftali; perciò Gad sarebbe nato pochi giorni o settimane dopo quest'ultimo. Aser, l'altro maschio di Zilfa, seguì almeno un anno dopo Gad. Issacar e Zabulon, ultimi maschi di Lea, sono in mezzo fra Aser e Giuseppe; pertanto Issacar sarebbe nato subito dopo Aser, e Zabulon poco prima di Giuseppe.
Da un punto di vista temporale la sequenza è possibile e potrebbe essere accettata senza remore, se non fosse che a Genesi 49, quando Giacobbe benedice i suoi figli, li nomina in un ordine leggermente diverso: Dan, Gad, Aser e Neftali. Tale ordine appare più verosimile del primo e senz'altro da preferirsi. Lea, infatti, deve essersi decisa a far mettere incinta la propria ancella Zilfa non appena ha saputo che Rachele aveva fatto altrettanto con Bilha. Pertanto Gad deve essere nato subito dopo Dan. La "gara" con le ancelle deve essere proseguita anche in seguito, e questa volta Lea vinse di stretta misura, per cui Aser dovette precedere di poco Neftali. Tra il decimo ed il quattordicesimo anno, dunque, Giacobbe ebbe ben sette dei suoi dodici figli, nell'ordine: Dan, Gad, Aser, Neftali, Issacar, Zabulon e Giuseppe.
Dina deve essere nata un paio di anni prima della partenza da Harran. E’ possibile che fra i primi quattro maschi di Lea ci siano anche una o due femmine, non citate dalla Bibbia. Come pure altre femmine potrebbero esserci fra Giuda e Issacar e fra Zabulon e Dina. Si deve anche presumere che qualche femmina sia nata a Giacobbe anche dalle altre mogli. Pertanto, quando egli partì da Harran doveva avere almeno una ventina di figli, fra maschi e femmine.
Dall'analisi suddetta risulta che quando Giacobbe arrivò ad Harran, Rachele doveva essere una bambina di età compresa fra i sei e gli otto anni. A 13-15 anni si sposò. Partorì Giuseppe quando aveva 20-22 anni. Diciassette anni dopo Giuseppe fu venduto dai fratelli in Egitto (Gn.37.2). Beniamino nacque quello stesso anno, quando sua madre era già vicina ai quaranta anni. Un'età abbastanza avanzata per avere dei figli, specie dopo una lunga interruzione di gravidanze, tanto che agli effetti fisiologici la donna poteva essere considerata primipara, con tutti i rischi del caso. E infatti Rachele morì nel darlo alla luce.
Questa gravidanza tardiva torna bene anche con quelle che erano le caratteristiche genetiche di famiglia. Fra le donne della casa di Tare si presentava con una certa frequenza qualche caratteristica ginecologica che rendeva difficile una gravidanza in giovane età, mentre la rendeva più probabile all'avvicinarsi della menopausa. Sarà, infatti, restò incinta di Isacco quando ormai le erano cessate le mestruazioni. E anche Rebecca rimase incinta soltanto dopo quasi venti anni di matrimonio. Così Rachele, nonostante le attenzioni del marito, che era di lei innamorato più che delle altre, ebbe il primo figlio soltanto dopo sette anni di matrimonio ed il secondo dopo altri diciassette.
Lea, invece, era una donna indubbiamente fertile: ebbe il suo primo figlio dopo nove mesi di matrimonio e continuò a procreare senza interruzione per quasi un ventennio, chiudendo la sua fortunata "carriera" con Dina, nata probabilmente poco prima della partenza da Harran. Che fosse l'ultima figlia di Lea, nata dopo Zabulon, lo si deduce non tanto dall'ordine in cui viene citata, ordine che, trattandosi di una femmina, è poco significativo, quanto piuttosto dall'episodio per cui Dina è nota e cioè la distruzione di Sichem. Quando Sichem, figlio del capo della città, Emor, rapì Dina e la violentò, la ragazza era in età da marito; doveva pertanto avere non più di quindici anni.
A quell'epoca Giuseppe era già stato venduto in Egitto e perciò erano trascorsi almeno undici anni dal ritorno di Giacobbe in Palestina. Lo si deduce dal fatto che quando Giuseppe fu venduto dai fratelli, stavano pascolando le pecore proprio dalle parti di Sichem ( Gn.37,12-14): "I fratelli di Giuseppe si erano recati nella contrada di Sichem per portarvi al pascolo il gregge del padre ... così Giacobbe mandò Giuseppe nella valle di Ebron, a Sichem", segno che la città non era ancora stata distrutta: In seguito alla distruzione, infatti, Giacobbe dovette abbandonare definitivamente la zona, per non incorrere nella vendetta delle popolazioni vicine. Non è verosimile che i suoi figli ritornassero a pascolare nei dintorni, magari in gruppi isolati, esponendosi a facili rappresaglie.
La distruzione di Sichem, quindi, è avvenuta qualche tempo dopo il rapimento di Giuseppe, per cui Dina è nata certamente negli ultimi quattro anni di permanenza a Harran, se non addirittura dopo. Poiché anche Lea doveva avere tra i 14 ed i 16 anni quando si sposò, alla nascita della sua ultima figlia doveva avere già almeno 35 anni.
Non risulta dove e quando morì Lea, che a dispetto della scarsa considerazione in cui sembra tenuta dal redattore, è una figura di enorme rilievo nella storia biblica. La povera ragazza dagli occhi smorti era una donna forte e concreta, che compiva il suo dovere in silenzio e a cuor contento, nonostante le umiliazioni e mortificazioni cui era soggetta. Uno dopo l'altro mise al mondo almeno sette figli, fra cui i due che avrebbero avuto il peso maggiore nella futura storia di Israele, Levi e Giuda. Lea dà un'impressione di grande solidità e affidabilità, specie in contrapposizione alla fragilità della più giovane e bella sorella. Giacobbe non mostra, almeno stando al racconto, particolare attaccamento nei suoi confronti, ma è certo che a Lea dovette moltissimo e senza di lei la sua vita avrebbe avuto un corso affatto diverso.
In particolare Lea dovette dargli utili consigli e appoggio nei suoi rapporti con Labano. Gli accordi economici fra i due sono riportati in modo alquanto colorito. Ancora una volta il gusto popolare dell'aneddoto prende il sopravvento sull'obiettività e precisione dell'informazione. Grande spazio viene dato alla faccenda degli animali variegati o meno: ne esce un quadro abbastanza confuso da cui è difficile stabilire quali fossero i termini esatti dell'accordo fra i due.
Par di capire che la questione del compenso per l'opera di Giacobbe fosse controversa ed oggetto di frequenti discussioni fra i due. "Hai cambiato il mio salario dieci volte" (Gn.31,41), si lamenta Giacobbe sul monte Galaad; segno che gli accordi non erano chiari e definitivi ed erano comunque poco graditi agli altri figli di Labano, i quali non dovevano vedere di buon occhio l'invadenza di uno "straniero" come Giacobbe. Forse anche per questo Labano si precipitò all'inseguimento del genero quando questi fuggì da Harran con le sue greggi, perché non riteneva che il bestiame trafugato dovesse competergli di diritto e pensava di recuperarne almeno una parte. E probabilmente fu perché aveva la coda di paglia a questo proposito che Giacobbe se ne andò alla chetichella, insalutato ospite.
Vale la pena fare una valutazione, anche se necessariamente grossolana, del patrimonio accumulato da Giacobbe nei suoi venti anni ad Harran. La Bibbia dice solo negli ultimi sei anni, poiché nei primi quattordici aveva servito gratuitamente Labano per "pagare" le sue due mogli. Ma in realtà Giacobbe doveva aver cominciato ad accumulare un patrimonio proprio fin da quando era arrivato sul posto. Nei termini del contratto matrimoniale era certamente previsto che egli dovesse curare gli affari del suocero, ma è presumibile che gli fosse concesso di non trascurare i propri.
Le pretese di Giacobbe dovettero essere, inizialmente, molto modeste, per cui Labano ed i suoi figli (ammesso che avesse figli maschi) le dovettero accettare volentieri. Giacobbe poté così prendere la direzione degli affari dell'amministrazione dei beni di Labano, senza incontrare resistenza o sospetti eccessivi. Scaduti i 14 anni di servizio più o meno gratuito, approfittò della propria posizione e del fatto che era divenuto ormai indispensabile per avanzare richieste pesanti, che Labano dovette trovare eccessivamente onerose. Tra proposte e controproposte, promesse rimangiate e litigi, le cose si trascinarono per sei anni, fino a che Giacobbe partì, portando con sé quello che riteneva suo di diritto.
Era un patrimonio ingente senza dubbio. Possiamo farcene un'idea dall'inventario del bestiame che poche settimane dopo egli inviò in regalo a suo fratello Esaù: duecento capre e venti capri; duecento pecore e venti montoni; trenta cammelle allattanti, con i loro piccoli; quaranta mucche e dieci tori; venti asine e dieci asini. In totale quasi seicento capi di bestiame. A questi vanno aggiunte le perdite durante il viaggio e le regalie che presumibilmente dovette fare a Tadmor e successivamente a Mahanaim per ottenere protezione e lasciapassare. Ricordando che la scusa di Giacobbe per non seguire Esaù a Seir era proprio quella della lentezza del bestiame (Gn.33,13), dobbiamo presumere che nonostante questi salassi gliene fosse rimasto ancora parecchio.
Se ne conclude che il patrimonio accumulato da Giacobbe in Harran va valutato in migliaia di capi di bestiame, grosso e minuto, per la cui cura e difesa doveva avere al proprio servizio un numero di servi dell'ordine delle centinaia, con relative famiglie; una vera e propria tribù.