Ho cominciato ad occuparmi seriamente della Bibbia spinto da una sfida irresistibile, lanciatami un giorno dal professor Emmanuel Anati, uno scienziato cui si deve la scoperta archeologica probabilmente più importante di tutti i tempi, quella del vero monte Sinai della tradizione biblica, identificato sulle carte geografiche israeliane con il poetico nome di Har Karkom, il Monte dello Zafferano, che separa il deserto del Negev da quello del Paran.
Nell'estate del 1984 Anati aveva già raccolto una valanga di prove archeologiche a sostegno della sua identificazione, ma cercava qualcosa di più. Mi chiese se conoscevo qualche sistema fisico per rilevare la presenza di una certa quantità di metalli nobili: stando alla Bibbia, quando gli Ebrei giunsero al Monte Sacro avevano con sé oro, argento e rame, portati dall'Egitto; non li avevano più quando ripartirono. Quei metalli dovrebbero essere nascosti lì intorno da qualche parte; trovarli significherebbe trovare la prova definitiva che Har Karkom si identifica con il sacro monte Sinai della Bibbia.
Questo interessava a Emmanuel Anati: lui non è tipo da dare la caccia ai tesori. Ma io sì; non per il tesoro, per la caccia. Anziché dedicarmi a studi di fisica e di elettromagnetismo, però, che già a un esame superficiale non sembravano offrire prospettive confortanti, ho cercato di arrivare al tesoro utilizzando soprattutto le informazioni fornite dalla Bibbia. Testo alla mano, ho cercato innanzi tutto di ricostruire l'ambiente in cui sono vissuti i personaggi e maturati gli eventi narrati. Ho cercato di capire il carattere dei personaggi, la loro cultura, i loro moventi e ambizioni segreti. Ho ricostruito il più fedelmente possibile gli avvenimenti, immedesimandomi negli uomini e nelle situazioni.
Il tutto in modo onesto, seguendo rigorosamente le indicazioni del testo e il filo dei miei ragionamenti, ovunque mi portassero la logica e il buon senso; senza paure, preconcetti o condizionamenti di qualsiasi genere.
Avevo cominciato quasi per gioco, ma ben presto la Bibbia divenne per me una piacevole ossessione. Per anni non riuscii a pensare ad altro. Quella che in passato trovavo una lettura noiosa e sconclusionata mi appariva ora meravigliosa, incredibilmente interessante e avvincente; davvero la cosa più straordinaria che mi fosse mai capitato di leggere.
Mi accorsi presto, però, che quel che andavo leggendo non aveva nulla in comune con quanto leggono da secoli gli studiosi della Bibbia, timorati di Dio e delle tradizioni. Scherzi della mia sfrenata fantasia? Può darsi. Ma la ricostruzione dei fatti che ne è seguita è così logica e coerente, così perfettamente aderente al testo biblico e così verosimile, che... potrei anche aver ragione.
Esiste una antica e consolidata tradizione interpretativa della Bibbia. Accingendomi a questo lavoro, ho voluto deliberatamente ignorarla, ho voluto mettermi con mente vergine di fronte al testo biblico e a nient'altro. Necessariamente, tuttavia, ho dovuto basarmi su dei presupposti di partenza, vere e proprie ipotesi di lavoro, inevitabili dato il tenore della sfida che mi era stata posta, e che comunque si sarebbero smentiti da soli nel corso dello studio, se non fossero risultati corretti.
Il primo e fondamentale presupposto è che la Bibbia racconti sempre e solo concretissimi fatti umani e naturali, non divini. Il secondo presupposto è che essa racconti questi fatti esattamente come i loro protagonisti e testimoni oculari li hanno vissuti, capiti e riferiti, senza invenzioni né travisamenti premeditati.
Nell'analisi del testo mi sono perciò attenuto a un metodo che può apparire rivoluzionario agli occhi di un moderno esegeta laico e che consiste nel rispettare scrupolosamente quello che era il principio fondamentale dell'ermeneutica sacra fino alla metà del secolo scorso:
"Le parole della Bibbia vanno prese nel loro senso ovvio, ossia nel senso proprio e letterale, a meno che forti ragioni non persuadano il contrario. Non si potrà quindi interpretare in senso allegorico una narrazione che in sé e nel contesto si presenta come storica, e che presa in quest'ultimo senso non dà luogo ad alcun inconveniente." (P. M.M. SALES O.P., La Sacra Bibbia, L.I.C.E., Torino 1944, voi. I, p. 57: «Carattere storico della Genesi»)
Oggi questa regola è largamente disattesa e nessuno più, tra i detentori del sapere accademico, sia religiosi che laici, ritiene che i primi cinque libri della Bibbia abbiano un contenuto storico reale. Scetticismo è il sentimento dominante nei suoi confronti.
Ciò è dovuto a molti fattori e interpretazioni che si sono venute incrostando sul testo fin da quando ha cominciato ad essere considerato un testo sacro, dettato da Dio, “vero” fino all’ultima sillaba . Questo principio, se applicato a tentativi di ricostruzione del testo in senso storico, porta a conclusioni fuorvianti, irte di contraddizioni e prive di qualsivoglia verosimiglianza storica, che hanno indotto molti studiosi a considerare il testo, tutto il testo del Pentateuco e non soltanto i primi 11 capitoli di Genesi, alla stregua di pura mitologia.
Sotto tale aspetto destano forti perplessità in particolare i numeri riportati dalla Bibbia. Le età dei patriarchi , per esempio, sono chiaramente fuori scala e hanno portato a stabilire cronologie dei fatti biblici assurde, che hanno dilatato i tempi del racconto oltre il limite di rottura, distruggendone il tessuto narrativo. Parimenti inaccettabili, da un punto di vista storico, sono le durate di vari periodi storici, come ad esempio la permanenza degli ebrei in Egitto, monotonamente dichiarate di quattrocento anni o di settanta o quaranta; come pure poco credibili appaiono grandezze definite con quelle stesse cifre. Per non parlare del numero degli ebrei che hanno partecipato all’Esodo, chiaramente spropositato e non credibile.
Un peso non indifferente nel distruggere la storicità del testo biblico hanno avuto i pregiudizi razziali, che hanno fatto di Abramo un beduino errante, al fondo alla scala sociale, in totale contraddizione con il senso del testo. Ma anche le tradizionali suddivisioni della popolazione in semiti, camiti e giapeti, che non trova un reale riscontro nella Bibbia e nel caso degli ebrei è clamorosamente errata.
Ma forse ancor più hanno influito errori di identificazione delle località bibliche compiuti dagli archeologi. L’aver identificato la Gerico di Giosuè con la Gerico moderna ha portato a screditare totalmente il racconto biblico, perché l’archeologia ha dimostrato che questa città è stata distrutta col fuoco nel 15,mo secolo a.C., non nel 13.mo, epoca a cui alcune precise indicazioni fanno risalire l’esodo degli ebrei.
Sodoma , contro tutte le indicazioni della Bibbia è stata posta a sud del Mar Morto e la sua distruzione è stata arbitrariamente attribuita a un qualche fenomeno vulcanico di cui non c’è traccia nella Bibbia e tanto meno nella valle del Giordano
C’è poi il continuo intervento della divinità in ogni vicenda relativa ai patriarchi, che non è accettabile in una ricostruzione di carattere storico, come pure inaccettabili sono i “miracoli”, veri o presunti, e cioè avvenimenti ritenuti soggettivamente impossibili nelle modalità narrate, come il passaggio del Mar Rosso . Anche l’assenza di fatti che gli storici si aspettano di trovare nelle cronache egizie, come le famose dieci piaghe, sembra giocare un ruolo non indifferente nell’alimentare il loro scetticismo.
A seminare ulteriore confusione e scetticismo, poi, c’è il fatto che su ognuno di questi punti si è sbizzarrita la fantasia di torme di veri o presunti ricercatori, che si sono rivolti a ogni possibile e impossibile spiegazione, dall’intervento di entità aliene (UFO) all’influenza dei pianeti, o più realisticamente a fenomeni naturali che avrebbero avuto la compiacenza di verificarsi puntualmente ad ogni svolta significativa nella storia di Israele.
Ma soprattutto il racconto si è rifiutato fino ad oggi di lasciarsi inquadrare in una cornice cronologica coerente, rispettosa sia dei tempi narrativi insiti nel racconto, sia della cornice storica in cui i fatti biblici si sarebbero svolti. Non c’è un solo fatto narrato nel Pentateuco che possa essere identificato con certezza con un qualche fatto storico citato in documenti contemporanei. Anche perché per giudicare se un documento è “contemporaneo”, bisogna prima stabilire una cronologia dei fatti biblici. Ma tutti i tentativi effettuati e le ipotesi avanzate fino ad ora per stabilire una cronologia biblica in accordo con gli avvenimenti storici del Medio oriente, conducono inevitabilmente alla disintegrazione del tessuto narrativo del Pentateuco, perché dilatano i tempi in maniera incompatibile con i ritmi del racconto e con le sequenze di generazioni in esso riportate.
Inutile dire che per restituire dignità e senso storico al testo biblico è necessario trovare per ognuno di questi punti una spiegazione e/o interpretazione logica e ragionevole, come quelle qui proposte, che consentono di inserire gli avvenimenti biblici in un contesto geografico e storico ben precisi, trovando riferimenti esatti e del tutto coerenti con la storia del vicino oriente, da quella degli imperi ittita e di Mitanni, a quella assai meglio documentata dell’impero egizio.
Rimangono irrimediabilmente fuori da questa ricostruzione i primi undici capitoli di Genesi, che narrano gli avvenimenti dalla creazione fino al diluvio universale. Riportano fatti che ritroviamo sostanzialmente simili in mitologie di tutto il mondo, e in particolare dell’area mediterranea. Rientrano quindi nella sfera della mitologia, non della storia. E’ presumibile che anche la mitologia abbia un contenuto informativo di carattere storico, ma non è possibile individuarlo.