L’uomo è indubbiamente una specie giovane, appena neonata che ha acquisito il predominio assoluto sul pianeta soltanto da pochi millenni.
Non si vede intorno alcuna specie in grado di strappargli questo predominio a di succedergli, almeno per tanti milioni di anni ancora. A meno quindi di imprevedibili ad improbabili catastrofi che annientino la specie fino all’ultimo individuo, l’uomo ha di fronte a sé un lungo avvenire di centinaia di milioni di anni.
O meglio, non l’uomo, ma le numerose specie che da esso avranno origine. E’ del tutto inverosimile, infatti, che i caratteri attuali della specie possano rimanere congelati in eterno, oppure che evolvano in un’unica direzione, senza lasciarsi indietro dei ritardatari e senza frazionarsi in filoni divergenti. Non c’è dubbio che la specie umana sia destinata a frazionarsi in numerose specie diverse, in un futuro più o meno lontano.
Noi riusciamo ad immaginare quale sarà la società umana fra al massimo pochi decenni. Qualche autore di fantascienza particolarmente ardito riesce a spingersi avanti addirittura di qualche secolo o anche millennio. Ma cosa sono mille o diecimila anni in confronto all’eternità del futuro? C’è qualcuno che riesca ad immaginare cosa ne sarà dell’uomo fra 10 o 100 milioni di anni, o più ancora? Eppure non c’è dubbio che questi anni trascorreranno. E che ne sarà della specie umana durante questo interminabile periodo?
Evolverà, certo. Ma come? Sarà l’uomo stesso a dirigere la propria evoluzione verso uno scopo predeterminato? O sarà in grado, invece, una volta raggiunto uno stadio ritenuto soddisfacente, di congelare per sempre il proprio sviluppo? Su questi punti sono estremamente scettico.
Certo, l’uomo si è svincolato dalle forze brute della natura; per ora entro certi limiti, fra qualche secolo, forse, nel modo più assoluto. C’è da osservare tuttavia che è un concetto molto ristretto della natura quello cui ci riferiamo: sono solo le condizioni ambientali e le forze naturali che agiscono nel piccolo ambito del nostro pianeta. Ma se invece per natura intendiamo l’universo intero e le leggi che lo governano, di cui noi conosciamo soltanto una piccola parte, ci accorgiamo che la nostra pretesa potenza si riduce a ben poca cosa.
Noi ci illudiamo di essere i padroni e gli artefici del nostro futuro solo perché riusciamo a programmare la nostra vita di individui. Ma non siamo capaci di fare programmi a lunga scadenza, né di prevedere quale possa essere lo sbocco lontano delle nostre scoperte e delle nostre iniziative.
Chi avrebbe sospettato, appena due secoli fa, che quella curiosità scientifica inutile che era l’elettricità avrebbe portato ai moderni elaboratori elettronici? I coniugi Curie prevedevano forse che i loro studi avrebbero portato alla bomba atomica e alle centrali nucleari?
I nostri più ambiziosi programmi per il futuro, in quanto specie o comunità, non vanno oltre i 10, 20 o al massimo 50 anni; ma sono programmi dettati da una situazione attuale, dalla previsione dell’inaridirsi di determinate risorse, dalla necessità di risolvere un cumulo di problemi creati da precedenti scoperte ed iniziative su cui noi non abbiamo potuto influire.
Le nostre decisioni, le nostre scelte non sono libere, ma sono determinate dall’enorme complesso di fattori che caratterizzano la situazione attuale, e sono il frutto, largamente imprevisto ed imprevedibile, di scelte e conquiste fatte dalle generazioni precedenti. Noi stessi ignoriamo quale sarà il risultato lontano delle scelte che la situazione attuale ci impone.
Fra 100 anni i nostri nipoti si troveranno alle prese con la situazione e i problemi che si saranno venuti a creare grazie alle nostre conquiste e scelte attuali. Per essi si porranno nuovi obiettivi, ma limitati comunque allo spazio di uno o due generazioni.
L’uomo, in definitiva è in grado, entro certi limiti, di programmare il suo futuro immediato, ma non ha la più pallida idea degli effetti che le sue decisioni attuali possono avere a lunga scadenza, dopo centinaia di anni; figurarsi di millenni!
In parole povere possiamo affermare che l’uomo può programmare il futuro dell’individuo, ma non della specie umana. Probabilmente farà qualche tentativo in questo senso, ma i risultati sfuggiranno alle sue intenzioni. Il fattore intelligenza ha moltiplicato all'infinito le incognite e le possibilità di sviluppo, per cui una programmazione a lungo termine è irrealistica e inconcepibile.
E tuttavia è difficile resistere alla tentazione di spingere ugualmente lo sguardo avanti sul nostro futuro. Di una cosa possiamo essere certi, e cioè che la specie umana è destinata nei prossimi milioni di anni a frazionarsi in numerose specie diverse, proprio in virtù della sua intelligenza, che diviene ora la forza propulsiva dell’evoluzione.
E’ naturale quindi cercare di fare previsioni di larga massima su quali saranno le linee di sviluppo lungo le quali si evolverà e frazionerà.
Fare previsioni, ovviamente, è azzardato, perché l’unico nostro metro di giudizio è la situazione e le tendenze attuali; ma certo fra 10 o 100 secoli o millenni la situazione e le tendenze saranno ben diversi. E’ sufficiente un genio, una corrente di pensiero o il gesto di un folle per mutare di colpo le premesse. Mille anni fa i Keplero, i Newton, i Galileo, gli Einstein, i Marx non erano ancora nati e le premesse di allora erano ben diverse da quelle attuali. Quanti Galileo e Newton e Einstein e Marx ci saranno ancora in futuro? Quali saranno le nuove premesse che essi creeranno? Partiranno da quanto è già stato realizzato, d’accordo; ma le possibili linee di sviluppo che essi determineranno sono, per quanto ne sappiamo, infinite. Questa considerazione ci deve rendere prudenti e scettici su quelle che possono essere le nostre previsioni. Tuttavia la situazione attuale mostra già delle tendenze di sviluppo chiaramente definite, che non possiamo ignorare e che ora come ora appaiono molto probabili.
Da queste tendenze che si delineano oggi, con l’avvento dell’era delle macchine, possiamo prevedere che nei prossimi millenni l’evoluzione dell’homo sapiens si muoverà lungo quattro direttrici principali, creando quattro distinti "phila" dalle caratteristiche totalmente diverse.
Almeno due di essi comporteranno la perdita totale di qualunque caratteristica fisica attuale, tanto che sarà praticamente impossibile farne risalire l’origine all’attuale specie.
Esaminiamoli uno per uno.
L’umanità, soprattutto con l’avvento dell’era elettronica, sta affidando progressivamente alle macchine qualunque azione che comporti uno sforzo fisico, mentale e addirittura decisionale. Col crescere della complessità delle situazioni si tende sempre più ad affidare alle macchine, ai computer che possono tener conto contemporaneamente di migliaia di fattori in tempi brevissimi, decisioni anche fondamentali per il futuro dell’umanità, come i piani di sviluppo, la guerra ecc.
Alle macchine viene affidato il compito di controllare e dirigere altre macchine che lavorano per produrre beni di consumo e servizi per l’uomo. Verrà il giorno, e abbastanza presto anche, in cui l’uomo non dovrà fare assolutamente nulla per la sua esistenza, perché a tutto penseranno le macchine, perfino a progettare, costruire, manutenere e rinnovare il parco macchine esistente. L’uomo diventerà in definitiva un parassita delle macchine e svilupperà specifici adattamenti a questa condizione di parassitismo.
Naturalmente non tutti gli individui riusciranno a sviluppare questi adattamenti, per cui si determineranno "fughe" in altre direzioni, ma è certo che una buona parte degli uomini di oggi sembrano possedere le caratteristiche di base proprio idonee per incanalarsi lungo questa direzione.
Da tempi immemorabili l’uomo supplisce alla perdita di determinati arti, come gambe e mani, mediate l’applicazione al corpo di rudimentali arti meccanici, che svolgono in qualche modo le stesse funzioni.
Col procedere del progresso tecnologico il campo delle deficienze fisiche che possono essere colmate con apparecchi meccanici si è andato sempre più allargando, e si sta lavorando a ritmo serrato per sostituire con apparecchi meccanici parti sempre più numerose e complesse del corpo umano. Occhiali, apparecchi acustici, peace makers, reni e polmoni artificiali ecc., sono i primi rozzi tentativi in questo senso. Ma già si è a buon punto nello studio di arti meccanici che vengano controllati direttamente dal sistema nervoso dell'individuo, anziché dal sistema muscolare; fra pochi anni i ciechi potranno vedere per mezzo di apparecchiature elettroniche collegate direttamente ai nervi ottici; si stanno realizzando cuori e reni artificiali, da sistemare al posto di quelli veri, all'interno dell’organismo, esoscheletri per far camminare i paraplegici e così via.
Inevitabilmente, passo dopo passo, si arriverà a sostituire con organi artificiali sofisticatissimi tutto il corpo umano, ad eccezione ovviamente del cervello che costituisce l’essenza stessa dell'individuo. Tutti questi organi vengono studiati e costruiti per sostituire parti malate di organismi altrimenti condannati. E’ inevitabile che di fronte all’alternativa della morte, prima o poi un numero sempre crescente di individui preferirà sostituire l’intero suo corpo originario, e sopravvivere come semplice cervello, nutrito e servito da un organismo meccanico.
Gli organi meccanici arriveranno ad una perfezione ed efficienza tali che molte persone li preferiranno addirittura ai loro stessi organi, anche se sani.
Questi organi meccanici saranno costruiti in modo che possano elaborare, ricevere ed inviare segnali che siano nello stesso linguaggio adoperato dal cervello ed il cervello imparerà a servirsi di essi direttamente, senza intermediari.
Si arriverà cioè a costruire organismi meccanici asserviti a cervelli umani. E’ fatale, arrivati a questo punto, che il cervello pretenda di avere direttamente asserviti una quantità di organi e sensi che potenzino al massimo le sue capacità.
Attualmente l’uomo, per compiere determinate azioni e per supplire a determinate carenze del suo organismo, si serve di strumenti che ne potenziano al massimo le facoltà, come microscopi, telescopi, radio, televisione, attrezzi di lavoro vari, computer, automobili, aerei ecc., che sono ovviamente separati dal suo organismo, ma di cui il cervello si serve con l’intermediazione dei muscoli e dei cinque sensi.
Una volta che siano spariti questi intermediari, il cervello potrà assumere direttamente il controllo e l’uso di tutti questi strumenti. L’organismo meccanico che mantiene in vita e serve il cervello, quindi, si arricchirà di una serie mostruosa di apparecchiature e strumenti sofisticatissimi, di cui il cervello potrà servirsi come di propri sensori.
Un siffatto individuo possiederà una potenza inimmaginabile per noi poveri esseri di carne ed ossa: il suo sguardo potrà spaziare indifferentemente dall’esternamente piccolo alle cose lontanissime; potrà vedere al buio con i raggi infrarossi, nella nebbia con le onde radar; potrà comunicare indifferentemente con onde acustiche o radio; ricevere e trasmettere immagini; registrare nelle sue memorie elettroniche ausiliarie una quantità enorme di informazioni e immagini; soprattutto potrà vivere in qualunque ambiente, anche nel vuoto assoluto, perché il cervello sarà adeguatamente protetto; e non avrà limitazioni di movimento.
Quanto alla riproduzione, ciò non costituisce un problema: già oggi siamo in grado di riprodurre organismi o anche singoli tessuti di organismo in provetta, senza neppure la necessità di disporre di cellule seminali.
Naturalmente questa enorme aggiunta di controlli diretti su organi meccanici imporrà al cervello una serie di adattamenti. La soppressione degli organi tradizionali priverà molte zone del cervello delle loro tradizionali funzioni, che si renderanno disponibili per l’assunzione di nuove funzioni.
Si avrà insomma una evoluzione del cervello ed un adattamento specifico al suo nuovo organismo artificiale; adattamento che sarà irreversibile, perché l’aumento di capacità e potenzialità e la perdita di determinate abitudini e funzioni lo renderanno non idoneo a sopravvivere e a controllare un corpo umano normale. Si avrà quindi una nuova specie ibrida, con possibilità di sviluppo ed espansione inimmaginabili perché priva di quei condizionamenti fisici e soprattutto ambientali cui sono soggetti gli organismi viventi tradizionali.
In particolare non avrà praticamente ostacoli alla colonizzazione di altri mondi, ad esempio privi di atmosfera o con temperature basse, che sarebbero ostili alla colonizzazione di uomini che mantengano la struttura corporea originaria.
L’idea di una simile specie può sembrare forse troppo fantascientifica; eppure non c’è dubbio, a meno di una inopinabile inversione di tendenza, che i primi esemplari di questa specie umana destinata ad un grande futuro cominceranno ad apparire entro pochissimo tempo.
Se vogliamo possiamo dire che i primi embrioni già circolano fra di noi: chiunque abbia su di sé un organo meccanico è un pioniere. E nei laboratori di tutto il mondo si sta lavorando a ritmo serrato, anche se inconsapevolmente, per varare questa nuova specie.
Nei prossimi secoli probabilmente l’uomo tenterà di inviare un suo rappresentante fuori dal sistema solare: quasi certamente sarà un cervello umano servito da organi meccanici. Avrà milioni di anni per evolvere verso chissà quali traguardi.
E’ una pessima definizione per indicare quello che sarà forse il filone più interessante e dagli sbocchi inimmaginabili verso cui l’umanità tenterà consapevolmente di evolvere. Con la sigla ESP noi intendiamo definire tutte quelle facoltà umane misteriose e sconcertanti, che ci fanno intravedere nella mente una potenzialità sconfinata.
La Fisica finge di ignorare queste manifestazioni che sfuggono ad ogni possibilità di spiegazione scientifica, allo stato attuale delle conoscenze; ma la loro esistenza non può essere negata. La telepatia è la più frequente di queste manifestazioni, ma in fin dei conti anche la più modesta. Esistono individui capaci di muovere gli oggetti, di fondere e piegare i metalli, di impressionare le lastre fotografiche con la sola forza del pensiero. Altri hanno la sconcertante capacita di "vedere” fatti e cose lontane, sia nello spazio che nel tempo passato e futuro. Altri ancora hanno la capacità di sovvertire clamorosamente le limitazioni cui sono soggetti gli organismi: possono ingerire acidi corrosivi, passeggiare sul fuoco, digiunare a tempo indeterminato, senza che il corpo subisca danni. Queste facoltà misteriose esistono, magari appena abbozzate in molti individui, e cominciano a destare un interesse sempre più forte. Gli individui che ne sono dotati sono i primi tentativi di questa linea evolutiva che mira al potenziamento delle facoltà misteriose della mente. Dove sfocerà questa linea? Come saranno le specie che l’avranno seguita, fra 10 o 100 milioni di anni? Ci sarà qualcuna di esse in grado di distruggere a creare interi mondi con un semplice atto di volontà? E’ una prospettiva che lascia esterrefatti; quasi non oso guardare in quella direzione e immaginare quale possa essere lo sbocco finale.
Il futuro vedrà lo sviluppo imponente di una nuova specie vivente, originata e concepita dall’uomo, secondo una struttura ed organizzazione iniziale da lui imposta, ma che con il regno animale non ha nulla a che vedere: le macchine.
Parlare di Vita nel caso delle macchine sembra un assurdo o un insulto, ma se analizziamo questo concetto ci accorgiamo che non è cosi. Noi diciamo che un essere è vivo quando si tratta di una struttura organizzata, non importa come, capace di provvedere da sola all’assorbimento dell’energia di cui abbisogna e in grado di riprodursi con le sue sole forze, in virtù di programmi contenuti in se stessa.
Ebbene, anche allo stato attuale della tecnica, l’uomo è in grado di creare esseri del genere: macchine che si approvvigionano da sole l’energia di cui abbisognano, sfruttando l’energia solare, o del vento, o chimica, o atomica; e in grado di produrre altre macchine identiche a se stesse, o magari più perfezionate, raccogliendo ed elaborando da sole i materiali necessari per la riproduzione.
A parte la diversa origine e struttura e la natura dei materiali, non c’è alcuna differenza concettuale fra una macchina del genere ed un organismo vivente tradizionale. Quasi certamente l’uomo creerà prima o poi macchine del genere, magari dotate di programmi che impongano un continuo miglioramento e potenziamento delle generazioni di macchine successive e quindi imponendo una evoluzione forzata. In quel momento avrà creato una nuova specie vivente in grado di sopravvivere ed evolversi autonomamente.
Una specie che non sarà soggetta agli stessi vincoli fisici (presenza di un’atmosfera, di temperature moderate, assunzione continuativa di acqua ed energia ecc.), cui sono soggette le specie tradizionali, né agli stessi vincoli psicologici ed agli stessi ritmi di invecchiamento.
Una specie i cui individui potranno sopravvivere indefinitamente senza eccessivi problemi anche nello spazio vuoto. In definitiva una specie senza limitazioni fisiche alla colonizzazione dell'intero universo.
Una evoluzione forzata imposta nei programmi riproduttivi potrebbe portare in breve tempo a chissà quali mostruosi risultati. Se teniamo conto dell'impressionante progresso degli elaboratori elettronici negli ultimi decenni, possiamo farci una pallida idea dei progressi realizzabili in 30 o magari 300 milioni di anni da macchine che abbiano l’esclusivo compito di sopravvivere, diffondersi e creare altre macchine sempre più perfette.
Il cervello umano è fatto di miliardi di singole cellule, autonome ma connesse fra loro da terminali nervosi, mediante i quali si trasmettono informazioni sotto forma di segnali elettrici e chimici. Misteriosamente, mediante questa miriade di segnali reciproci, vengono immagazzinate informazioni, che vengono elaborate e trasformate in pensieri e azioni. Ed ancor più misteriosamente si forma la coscienza dell’individuo superiore, l’uomo, che non ha alcuna percezione di come nascano i suoi ricordi, le sue decisioni, la coscienza di sé. Non sa e non percepisce la presenza e l’attività frenetica dei miliardi di singole cellule che sono all’origine dei suoi pensieri e sensazioni.
Ogni cellula è un individuo singolo, che vive una sua vita propria, ma comunica con innumerevoli individui suoi simili, anche se non ha la minima coscienza di quali siano gli effetti della sua attività.
Le società umane, come gli stati, si comportano in embrione un poco come la mente umana. Esse sono costituite da innumerevoli individui indipendenti, che comunicano fra loro, interagiscono e determinano il comportamento della società in cui vivono. La società è un organismo superiore all’uomo, che sembra avere in embrione una sua personalità, una sua “coscienza”, determinati dall’apporto di ogni singolo individuo.
Un poco come un formicaio, un alveare o un termitaio, che sono costituiti da milioni di individui, non sappiamo se dotati di intelligenza o meno, ma che mediante comunicazioni fra loro agiscono in modo tale da far sì che l’organismo superiore di cui fanno parte viva, agisca e prosperi indipendentemente dalla volontà di ogni suo singolo componente, come se fosse dotato di una intelligenza e di istinti suoi propri.
Nella società umana assistiamo ad una rapida e progressiva connettivizzazione dei singoli individui e ad un vertiginoso sviluppo delle comunicazioni reciproche e di massa. E le società tendono sempre più ad assumere decisioni e assetti che non sono il frutto di decisioni prese da singoli individui, ma dell’insieme di tutti gli individui, senza che nessuno fra essi abbia il potere individualmente di determinarli.
Quale sarà l’esito finale di questa evoluzione fra migliaia o milioni di anni? Ci saranno società costituite da miliardi di individui, ciascuno dotato di una sua intelligenza, ma ridotti al rango di singole cellule di un organismo superiore, dotato di una intelligenza ed una coscienza sua propria, risultante dalla somma delle comunicazioni e dall’insieme delle conoscenze ed esperienze immagazzinate in qualche modo nella mente dei singoli individui e nei mezzi di informazione a loro disposizione?
Che tipo di intelligenza avrà un organismo di questo genere? E avrà una coscienza di se stesso separata e ignara della coscienza dei singoli individui che lo compongono? Penserà e agirà come un singolo individuo, ignaro che i suoi pensieri e le sue decisioni sono il frutto delle innumerevoli comunicazioni che avvengono fra i singoli uomini che lo compongono? Sara un individuo che avrà a sua disposizione innumerevoli macchine che provvederanno al suo sostentamento e al suo benessere generale. Avrà anche “organi di riproduzione” e cioè sistemi, impulsi e politiche che lo inducano a riprodurre su altre terre o altri pianeti organismi simili a se stesso?
Queste sono le tendenze attuali. Notiamo però che lo sviluppo contemporaneo di questi filoni ha come presupposto essenziale l’espansione della specie umana al di fuori dei ristretti limiti del pianeta Terra. Non conosciamo appieno quale sia la potenzialità evolutiva offerta dal fattore intelligenza, ma in ogni caso rimane valida quella che è la legge generale dell’evoluzione: essa mira a colonizzare tutti gli ambienti accessibili ed a sviluppare negli organismi specifici adattamenti all’ambiente ed alle nicchie ecologiche occupate.
Ebbene, proprio alla fine del secolo scorso lo spazio esterno alla Terra ha cominciato a divenire accessibile per l’uomo, che molto presto darà inizio alla colonizzazione di altri mondi. Entro pochi secoli i viaggi interplanetari potrebbero essere normali; entro pochi millenni l’uomo potrebbe essere dilagato a macchia d’olio nelle stelle vicine, occupando tutti gli ambienti colonizzabili.
In questo ordine di idee è prevedibile che la concorrenza fra i quattro filoni evolutivi non sarà eccessivamente spinta. Infatti le specie che manterranno la struttura corporea originaria troveranno un ambiente idoneo alla propria sopravvivenza in tutti quei pianeti che presentano caratteristiche ambientali simili a quelle terrestri.
Non che sia impossibile per esse la colonizzazione di altri mondi, ma per sopravvivervi dovrebbero ricrearvi le stesse condizioni ambientali di origine. Su questi mondi, quindi, si troverebbero in svantaggio rispetto a quelle specie che si saranno invece svincolate dalle condizioni ambientali originarie, come gli uomini macchina e le macchine stesse.
Questi ultimi, invece, troveranno più conveniente la vita su pianeti privi di atmosfere corrosive e di oceani. Poi ci sono i grandi pianeti e i pianetini e gli spazi aperti, insomma una miriade di ambienti diversi che verranno colonizzati da specie che svilupperanno specifici adattamenti alle condizioni di ciascuno.
Se teniamo conto della varietà di ambienti, delle reciproche interazioni, lotte e competizioni fra queste diverse specie e dell’isolamento dovuto alle grandi distanze interstellari o addirittura intergalattiche, ci rendiamo conto che le possibilità di sviluppo della specie umana sono pressoché infinite.
Direi che ci sono ben pochi dubbi, a meno di imprevedibili catastrofi, che l’uomo, o comunque le specie da lui generate o create ex novo, nei prossimi milioni di anni colonizzeranno l’intera galassia. In un futuro ancora più lontano è presumibile che l’espansione si volgerà verso altre galassie, allargandosi a macchia d'olio nell’Universo.
vedi precedenti:
- Come nascono le galassie e le stelle
- Formazione dei pianeti e dei loro satelliti
- Esplosione del pianeta Vulcano
- Come si è formata la Terra
- L'evoluzione della Vita e le
sue cause
vedi anche:
- Possibilità di rapidi spostamenti dei poli
- La vicenda del pianeta Venere
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